Il Conte di Saint Germain, l'immortale


Per trovare le risposte ai problemi della vita ho scelto la difficile via della Conoscenza cercando e lottando con le chimere e le illusioni di angeliche musiche di leggende e mitomanie umane di altri, tenebrose presenze più di vivi che di morti, perseguendo un’evoluzione interiore.
In questo cammino di ricerche ho incontrato per caso – se il caso esiste – un misterioso personaggio, il conte di Saint Germain; voglio perciò raccontarne la storia per indicare la via per risolvere problemi, e magari anche cercare un confronto con chi intraprende lo stesso percorso.
Il primo incontro avvenne in compagnia di un caro amico e maestro di vita, il cavalier Eduardo Nappa da Napoli (1919-1983) già dipendente dell’Arsenale napoletano, un tempo allievo di mio nonno materno, il capitano di Marina Antonio Ariano (1883-1956); entrambi erano teosofi e muratori della scuola di Raimondo de Sangro nonché di Giustiniano Lebano.
Il 30 aprile 1981mi trovavo a Napoli in casa di amici, ospite del padrone di casa, un simpatico aristocratico palermitano, il barone Pucci, anziano studioso profondo molto riservato che risiedeva da1954 nella nostra città.
Mentre osservavo il grande stemma araldico di famiglia, il mio ospite porgendomi del buon vino Porto mi narrò delle origini fiorentine della sua famiglia, la cui nobiltà risaliva dal 1224, e che dal 1726 si era trasferita in parte in Sicilia tra Palermo e Catania con le baronìe di Bevesichi, Saccolino, Salina, San Todaro, signori di radici e baroni di San Giuliano, essendo i Pucci di Castelvetrano patrizi di Palermo e di Catania.
La sua casata vantava illustri antenati,tra cui Ferdinando, famoso contrammiraglio e ispettore generale del Real Cantiere di Castellamare di Stabia nel 1855; il barone Giuseppe, famoso a Catania nel 1860 per la sua raffinatezza ed eleganza, per finire al ramo fiorentino dei Pucci,i maestri stilisti di alta moda.
Inoltre, prendendole dalle polverose carte del ‘700 e dell’800 della sua piccola biblioteca personale, il barone mi mostrò le foto classiche del conte di Saint Germain, tra i più misteriosi personaggi del 18esimo secolo: l’uomo vissuto presso diverse corti reali di cui si diceva che non fosse mai morto.
Inoltre prese una lunga lettera in lingua francese del 1781 proveniente da Dresda, Germania, a firma del Saint Germain e indirizzata al barone Antonino Pucci di Palermo, suo avo paterno.
Il barone Antonino nel 1751 fu apprendista massone della Loggia Carafa di Napoli sotto il Gran Maestro nazionale Raimondo de Sangro e nel 1782 divenne secondo Sorvegliante della Loggia scozzese San Giovanni di Palermo, Venerabile il principe don Carlo Cottone, signore di Villarmosa, tenente colonnello dei Dragoni borbonici a cavallo di linea in Sicilia e infine dal 1790 aiutante di campo del Gran Maestro di Sicilia a Palermo, principe Francesco d’Aquino di Caramanico nonché vicerè borbonico di Sicilia a Palermo e amico del generale Diego Naselli Aragona, Gran Maestro dei Templari a Napoli dal 1776.
Nella missiva si evidenziava che sotto il nome conte di Saint Germain – quasi sinonimo di Grande Fratello – si nascondeva un illustre personaggio rumeno della casata dei principi di Transilvania, il principe Giuseppe Rakoscy (1696 – 1785) che, dopo aver svolto la sua qualifica di doppio agente dei servizi segreti prussiani e francesi dal 1745 in Scozia, Francia, Olanda, Belgio e la Russia di Caterina II, finì i suoi giorni in Germania ospite del suo amico il sovrano di Assia.
Il primo conte di Saint Germain era stato amico di Cagliostro e di lord Herdenesse, ambasciatore inglese a Napoli e dal1750 a Venezia; aveva avuto contatti epistolari. Era stato iniziato in Francia nel 1745 alla Massoneria Giacobita nel 1750 in Belgio e in Olanda alla Confraternita dei Rosacroce, raggiungendo i gradi più alti nella Russia zarista. Nel 1776 in Germania entrò nell’Ordine Templare.
Così mi venne da chiedere al conte Pucci come si spiegavano le strane apparizioni del Saint Germain a fine ‘700, nell’800 e nel ‘900 in più parti d’Europa: lui mi mostrò un carteggio riservato.
Un tempo nella residenza palermitana dei Pucci era stato il visconte Louis Edward de Lapasse (1792-1867) da Tolosa, console di Francia nella città pontificia di Civitavecchia nel 1820e poi a Napoli ne1828, alchimista, massone e occultista.
Nel capoluogo partenopeo visitò la Cappella Sansevero e le Catacombe di San Gennaro, ove fu iniziato insieme con lo scrittore inglese Lytton al Sistema Osirideo Scala.
Strinse amicizia con il barone napoletano Lorenzo De Motemayor, allievo del Sistema di Cagliostro; cercò notizie sui personaggi cone Sansevero e il d’Aquino, fece ricerche e studi, prese a visitare catacombe e sotterranei, fogne …
Cosa cercava? l’Arcadia o shamballah occidentale sotterranea?
Il visconte de Lapasse sapeva del mistero di Sain Germain; così appresi chi era stato il secondo conte e anche il terzo in ordine di successione storica: me lo rivelò il carteggio in possesso del barone Pucci: altro che immortalità fisica! Piuttosto una comoda immortalità ad uso e consumo dei servizi segreti dell’epoca, specie quelli francesi.
Morto il primo conte di Saint Germain, il nome fu preso dal giovane e bello conte svedese Fersen, addetto militare dell’ambasciata svedese a Parigi, massone e templare; Fersen aveva combattuto da volontario nell’Armata reale francese in difesa dei ribelli Americani contro le truppe inglesi, tra il1777 e il 1778.
Fu amante segreto della regina Maria Carolina di Francia; aveva capeggiato varie congiure realiste e inoltre teneva i collegamenti con i comitati realisti di Tolone, di Lione e della Vandea.
Dal 1792 aveva tentato più volte di liberare i Reali francesi prigionieri dei rivoluzionari: era lui il mitico Primula Rossa terrore dei repubblicani.
Poi al suo posto entrò in servizio un terzo conte d Saint Germain, che aveva studiato e quindi copiato i modi di fare del precedente: si trattava del maggiore svizzero Frazer, che, valente ufficiale estero della Legione Staraniera di Francia in Algeria, incontrò a Parigi lo storico tedesco Ottinger presentandosi come conte di Saint Germain; e due anni dopo ancora si presentò così all’abate Mignes.
Nel 1844 incontrò alla corte di re Luigi Filippo l’inglese Vandam, maggiore della Guardia Reale scozzese di Francia e nel 1845 partecipò al congresso degli scienziati internazionale di Napoli, passando dopo tre anni nei Servizi segreti dello Stato Pontificio.
Ed ecco spiegato l’arcano: l’intelligence dell’epoca s’inventò un conte di Saint Germain immortale, un agente che potesse agire indisturbato sotto copertura, ma in effetti è storicamente provato che nel corso degli anni sotto il suo nome si nascosero ben tre persone.
(Foto: web)

Michele Di Iorio