Édith Piaf, l’usignolo

foto locandinaPARIGI (FRANCIA) – La Biblioteca Nazionale di Francia (Bnf) dedica una ricchissima esposizione alla cantante Édith Piaf, in occasione del centenario della sua nascita, aperta al pubblico dal 14 aprile al 23 agosto 2015.
Il percorso, scandito cronologicamente, ripercorre la vita della “Môme” – soprannome affettuoso traducibile con “pupa”, “bambolina” – con un ingente mole di materiale: dischi, fotografie, spartiti, manoscritti, lettere di anonimi ammiratori, note personali e molto altro (vi è conservato anche il beauty case che la Piaf era solita portare in viaggio). Il tutto riassemblato grazie al Fondo Édith Piaf dell’amica Danielle Bonel e a quello dell’Associazione degli amici di Édith Piaf.
La sua vita, travagliata e costellata di avvenimenti drammatici e dolorosi, ma anche di successi straordinari, si racchiude nel simbolo della petite robe noire (la vestina nera) posta al centro della sala principale. Era il suo vestito preferito, quello che ne segnò l’esordio, dal quale mai seppe separarsi, neppure all’apice del suo successo, in quanto emblema dell’umiltà e della semplicità delle sue origini.
La sua vicenda canora, collocata sullo sfondo della seconda guerra mondiale, in una Francia devastata dal conflitto, seppe restituire al suo Paese la speranza di riemergere dalle macerie di una pesante sconfitta. Ne è portavoce “La vie en rose”, inno che si leva ad una nuova vita. Ma ancor prima di questi eventi bellici, l’itinerario biografico, realizzato dalla Bnf, ci riporta all’atmosfera di una meno nota Parigi degli anni ’20.
La ville lumière, polo culturale d’avanguardia, cenacolo di forte richiamo intellettuale, non è la stessa capitale che ospita il nido del giovane usignolo (piaf: usignolo in argot, il gergo cittadino).
All’anagrafe Édith Giovanna Gassion, nata nel 1915, a rue Beleville, nel XX arr. di Parigi, da una madre artista di strada (una cantante) di origini italiane e berbere, e un padre normanno, acrobata circense, è immediatamente costretta a vivere di fortuna, procurandosi il necessario grazie alla sua bellissima voce, sotto lo pseudonimo di “Miss Édith: fenomeno vocale”. Precocissimo è il primo lutto: la sorella neonata, che Édith si trova ad accudire, muore in seguito alle complicazioni di una meningite mal curata.
Ventenne, Édith trascorre parte dell’infanzia esibendosi nel bordello di sua nonna Marie, in Normandia, per poi essere scoperta da Louis Leplée, suo primo manager, assassinato in circostanze misteriose.

Edith Piaf e Jean Cocteau
Edith Piaf e Jean Cocteau

In seguito la “Môme” si rivolge al noto impresario, Raymond Asso, anche poeta, che compone i primi brani da lei eseguiti. È del ’36 il primo disco “Les Mômes de la cloche”, in seguito alla stipula di un contratto discografico con la Polydor. Il ’37 è l’anno che segnerà il suo successo: s’impone proprio in questi anni il soprannome Piaf. Lo pseudonimo, che le venne attribuito per i suoi gorgheggi sonori, è commentabile con le parole che le riservò l’amico e poeta Jean Cocteau: «Avete mai sentito un usignolo all’opera? Si sforza. Esita. Gratta. Si strozza. Si butta e ricade. E poi all’improvviso lo trova. Vocalizza. Sconvolge».
Da questo momento in poi, divenuta celebre, si legherà sentimentalmente ad influenti uomini del mondo dello spettacolo.
Una sezione dell’esposizione è consacrata proprio a questo aspetto turbolento della vita di Piaf: i suoi numerosi amanti. L’attrice Marlene Dietrich, amica di sempre, nonché testimone di nozze del secondo matrimonio ufficiale (Édith si sposò tre volte) descrisse in una biografia le rocambolesche avventure trascorse al seguito dell’amica, nel tentativo di coprirne le avventure extraconiugali. La sua indole libera, ma allo stesso tempo costretta, come da un incantesimo, ad amare fino alla follia, le procurò non poche sofferenze.
Rappresentativa è la passione struggente che la legò al pugile Marcel Cerdan, già sposato e padre di tre figli, uomo da lei amatissimo, forse più degli altri, morto in un tragico incidente aereo nel tentativo di raggiungere New York, dove lei lo attendeva. Quella sera Piaf si esibì lo stesso, cantando l’”Hymne à l’amour”, per poi perdere i sensi sul palcoscenico, appena finita l’esibizione.
E ancora: la mostra rende testimonianza, attraverso fotografie ed estratti di interviste televisive, della progressiva perdita della salute, aggravata dall’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, che contribuì ad assotigliarne la già esile figura, rendendola magra come un filo d’erba (appena 38 chilogrammi).
tomba_piafLa morte a 48 anni per cirrosi epatica dissolse il grande talento dell’artista, che ancora oggi riposa nel cimitero di Père-Lachaise. Qualche ora dopo il tragico evento morì anche Jean Cocteau, stroncato da un infarto fulminante, non si sa se provocato dalla dolorosa notizia.
Oltre ai numerosi oggetti prestati all’occhio del visitatore, la mostra presenta un’altra particolarità: tutto l’itinerario espositivo è accompagnato dal sottofondo musicale delle canzoni di Édith Piaf, grazie alle audioguide musicali fornite gratuitamente ad ogni visitatore. Nella sala più ampia, dedicata principalmente ai suoi dischi, è inoltre istallata una cabina karaoke, nella quale ci si può cimentare in una cospicua selezione di brani della famosa cantante, oltre ad un vasto repertorio di pezzi di genere jazz, rock e rap, che presentano analogie o collegamenti con la musica di Piaf.
oscar cotillard per la vie en roseL’esposizione termina, tornando ai giorni nostri: l’affiche di “La Môme” (La vie en rose) troneggia nell’ultima sala. Un film che è valso a Marion Cotillard l’Oscar e il premio César come migliore attrice protagonista, per aver impersonato il ruolo della cantante. I premi, presi in prestito dal fondo Marion Cotillard, sono entrambi esposti nella sala.
L’evento tenta, in sostanza, di fornire un’immagine della cantante che sia il più possibile onnicomprensiva del suo tracciato individuale, senza tralasciare la suggestione evocata dal modo, in apparenza spensierato, con cui era solita mostrarsi sulle scene.
Questi due aspetti della sua vita privata e della carriera artistica vengono ben sintetizzati dalla fotografia utilizzata per la copertina del manifesto, che ritrae una simpatica Piaf, che si intravede dietro le quinte, prima di esibirsi all’Olympia.  Si viene a conoscenza del suo lato più anticonvenzionale, dei suoi amori, regolari e clandestini, delle amicizie e del rapporto complesso con i familiari, e se ne entra in diretto contatto grazie alle fotografie originali, molte anche inedite.
Il dualismo tra sofferenza e bellezza, implicito nella nozione di “canzone realista” – di cui Piaf è stata una grande interprete – rispecchia le sfumature caratteriali e artistiche di una donna che, come ha saputo sapientemente illustrare Enrico Giacovelli in una recente biografia: « … ha cantato come nessun altro il dolore del mondo e la bellezza della vita, quasi fossero due facce di un unico fenomeno».

Francesca Mancini