La Giunta Marrone salva Villa d’Elboeuf


PORTICI – Quando si arriva a Portici dal mare, si ha la visione di un porto naturale col Vesuvio sullo sfondo; in questo scenario risalta la magnifica Villa d’Elbeouf, con la sua scalea imponente, le onde che lambiscono gli ultimi gradini.
Purtroppo avvicinandosi all’approdo questa meraviglia diventa una costruzione fatiscente, e si rompe l’incanto.
Sottoposta alle disposizioni di tutela e compresa nell’elenco delle Ville Vesuviane del settecento da restaurare, in particolare è l’Ente Ville Vesuviane che ne ha la responsabilità,
Ormai è corsa contro il tempo per salvare Villa d’Elboeuf e non solo dal probabile ed imminente crollo: il destino della villa vesuviana che si affaccia sul porto borbonico del Granatello passa attraverso il voto del Consiglio comunale, convocato in seduta straordinaria monotematica per sabato mattina dal presidente Fernando Farroni.
L’assemblea è chiamata ad esprimere  la volontà o meno di esercitare il diritto di prelazione sul bene acquistato all’asta per quattro milioni di euro più iva da una società immobiliare nell’ambito di una procedura esecutiva pendente presso il tribunale di Napoli.
La legge prevede sessanta giorni di tempo per esercitare il diritto di prelazione da parte del Comune o altro Ente sovraordinato.
Nei giorni scorsi la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Napoli ha trasmesso un nota al comune di Portici con la quale comunicava che lo scorso 30 settembre le era stato notificato il decreto di trasferimento del bene espropriato a favore della società vincitrice dell’asta, per cui l’Amministrazione comunale ha deciso di riunirsi in seduta straordinaria per decidere sul futuro del bene.
Villa d’Elboeuf fu edificata nel 1711, ed è quindi più antica del Palazzo Reale di via Università.
Di circa 4mila m² di superficie coperta, fu commissionata da Emanuele Maurizio di Lorena, principe d’Elboeuf, il quale diede incarico a Ferdinando Sanfelice di costruire la residenza sulla scogliera del Granatello, parallelamente alla battigia; giocando con l’illusione data dalla prospettiva e amalgamando la costruzione alla costa lavica, l’architetto napoletano creò un complesso in stile tardo barocco unico in Italia.
Nel 1716 il palazzo venne venduto a don Giacinto Falletti, duca di Cannalonga; nel 1742 venne acquisito dai Borbone, che ne fecero un casino marittimo, con peschiera reale e bagni della regina, una struttura composta da un emiciclo a due piani; una grande rampa a doppia scalinata conduceva all’arenile.
Al di sotto diversi locali secondari, tra i quali una scuderia.
Nel 1860 la villa passò alla famiglia Bruno di Portici, e, successivamente, fu divisa in piccole proprietà.
Proprio perché abitata fino in tempi non lontani, Villa d’Elbeouf in un certo qual modo fu preservata dall’estrema rovina in cui versa oggi, ancor più dolorosa perché è tra gli edifici storici più prestigiosi del Miglio d’Oro e soprattutto è tra quelli che maggiormente gridano vendetta per lo stato di abbandono e il ritardo nel recupero e la valorizzazione a cui  un tale inestimabile patrimonio culturale è esposto.
«Il timore che una iniziativa privata,  seppur legittima, – sostiene il sindaco Nicola Marrone – possa confliggere con gli obiettivi programmatici dell’Amministrazione Comunale, è alto. Da anni la città di Portici punta al recupero del lungomare e alla valorizzazione del patrimonio culturale al fine di inserirsi a pieno nei circuiti turistici internazionali».
L’Amministrazione comunale ha altresì chiamati in causa altri Enti tra i quali il Ministero dei Beni e le Attività Culturali; a tal proposito il sindaco Marrone  nei giorni scorsi ha scritto al ministro Massimo Bray chiedendo un incontro urgente.
Bisogna fare in fretta, perché Villa d’Elbeouf, diventata un rifugio per sbandati  e animali randagi nonostante il Comune abbia provveduto a chiudere tutti gli accessi, si sta sgretolando, e poco alla volta con questa pregevole opera, patrimonio dell’Umanità, se ne va un pezzo della grande storia di Portici.