Erri De Luca a bordo della Mehari


NAPOLI – Il sesto evento in programma del progetto “In viaggio con la Mehari” per ricordare il cronista Giancarlo Siani si è svolto al Pan lunedì 7 settembre.
Un ospite d’eccezione, lo scrittore Erri De Luca, è stato chiamato a fornire la sua commossa testimonianza e a prestare i suoi ricordi personali al pubblico astante.
L’evento è stato introdotto dall’avvocato napoletano Domenico Piruzzi.
Dopo una significativa introduzione per spiegare le circostanze in cui aveva incontrato per la prima volta Giancarlo Siani, Erri De Luca ha letto il suo racconto del 1996 “Il cronista scalzo” dedicato alla memoria dell’amico scomparso.
Di lui lo scrittore ricorda: «Ho conosciuto Giancarlo nell’80. Tornavo allora da Torino, dove ero stato per molto tempo in fabbrica. Proprio nell’80 quella fabbrica si liberava di circa ventimila operai tutti insieme e quei ventimila operai, tra cui io, facemmo un blocco compatto davanti ai cancelli di quella fabbrica che era la Fiat Mirafiori di Torino.
Dopo quell’espulsione, venni a Napoli, dove nel frattempo c’era stato un terremoto e mi arruolai come manovale in uno dei cantieri della ricostruzione. Dopo il lavoro facevo cronache per “Lotta continua” e così mi trovai a portare alcune cose da spedire alla posta centrale.
Fu così che io e Giancarlo ci conoscemmo. Lui era più giovane e non aveva passato tutto quello che avevo passato io, per cui mi guardava come una specie di fratello maggiore. La nostra simpatia riguardava il fatto che cercavamo di raccontare quello che vedevamo dal piano terra, direttamente sul posto.
Giancarlo voleva imparare ed aveva la passione e la curiosità per farlo ed un coraggio fisico spontaneo, naturale. Quello di Giancarlo era un coraggio che si appoggiava su se stesso, sulle sue convinzioni, sulla sua andatura. Era un coraggio unico, individuale”.
La figura di Siani e la sua indiscussa caparbietà nel sondare in profondità la verità, senza rimanere volutamente arenato in superficie,  ha reso inevitabile il paragone, sollevato da Erri De Luca, con lo stato in cui attualmente si trova il meccanismo dell’informazione:
«Di quel giornalismo d’inchiesta oggi è rimasto molto poco, forse qualche residuo nei servizi della Gabanelli. Esisteva un giornalismo diffuso italiano che faceva questo servizio con passione, entusiasmo, competenza, sapeva guardare, arrivava sul posto e riusciva a vedere cose che nemmeno gli inquirenti vedevano.
L’informazione oggi è peggio che al servizio delle truppe, è direttamente l’ufficio stampa delle truppe.
Rispetto ai tempi di Giancarlo, oggi ci troviamo con un’informazione profondamente distorta e mutilata».
A supporto della sua tesi circa la cattiva informazione, lo scrittore ha portato ad esempio la situazione in Val di Susa e gli scontri contro la costruzione dellaTav, problema da lui tanto più sentito poiché è da anni impegnato in una forte e tenace mobilitazione.
«Mi sono occupato da otto anni di quello che succede in Val di Susa. In Val di Susa c’è una lotta di una popolazione civile che si oppone ad una maggioranza che vuole costruire una galleria, una ferrovia, un buco.
È una galleria che collega due stati ma Il presidente francese ha fatto sapere che non è un’opera importante e ha detto che i lavori saranno rinviati al 2030, per evitare di dover dire chiaramente che i lavori non si faranno mai.
I nostri poteri costituiti stanno continuando a scavare in obbedienza al fatto che il risultato finale non conta, poiché  gran parte delle nostre opere pubbliche non serve a nulla, serve solo a lucrare sul lavoro fatto, sulle spese che aumentavano di volta in volta. Non è un lavoro che pagherà l’Europa. Questo lavoro è stimato diversi miliardi e l’Europa raggiungerà una quota potenziale di trecentomilioni.
Tutte queste notizie  dovrebbero essere comunicate da un’informazione che sia degna di questo nome. Dovrebbe essere scritto su qualunque pagina di giornale, ogni volta che si parla di Tav».
Il dibattito è proseguito con l’intervento del referente regionale di “Libera Campania”, Don Tonino Palmese, che ha ricordato, oltre a Giancarlo, anche un’altra vittima delle organizzazioni criminali, il sacerdote Don Peppino Diana.
«La legge beneficia il familiare della vittima in forza della mano assassina che ha ucciso la persona. Se sei ucciso dal camorrista lo stato pone un’attenzione persino economica su di te, se non sei ucciso dal camorrista, lo Stato non pone alcuna attenzione. La stessa cosa è successa a Don Peppino Diana. Se fosse stato ucciso in un’altra area territoriale, sarebbe stato annoverato in una categoria particolare di persone che nella tradizione cristiana chiamiamo martiri e invece non viene annoverato nel senso ufficiale del termine per un problema territoriale, perché è stato ucciso nella regione e nel contesto sbagliato».
In conclusione, l’intervento del Sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha sottolineato i meriti della figura di Siani e di quanti come lui scelgono la strada meno battuta, della verità, ricordando alcuni giovani giornalisti minacciati che aveva incontrato durante il suo servizio di magistratura in Sicilia.
«La strada che Giancarlo decise di seguire, porta in luoghi in cui paghi con la vita se scavi molto a fondo».
(Foto by Francesca Mancini)

Francesca Mancini