Uno scrigno del barocco napoletano

A. La navata centrale vista dall'Abside.NAPOLI – Passeggiando fra le stradine del Centro Storico, e precisamente in via Giovanni Paladino, nessuno immaginerebbe che in fondo ad una strada che sembra un lungo vicolo, uno dei tanti cardini della città greco-romana, ci si possa trovare di fronte alla meravigliosa chiesa del Gesù Vecchio. La facciata in stile barocco nasconde una basilica di grandi dimensioni con opere d’arte di pregio che rispecchiano gli stili e le strutture dei diversi artisti che vi hanno lavorato.
La Basilica del Gesù Vecchio rappresenta la prima chiesa di Ordine Gesuita edificata a Napoli nel 1552, una decina di anni dopo l’approvazione canonica dell’ordine religioso fondato da Sant’Ignazio di Loyola.
L’ordine religioso a seguito di donazioni e lasciti nel 1554   acquistò il palazzo di Giovan Tommaso Carafa. Successivamente divenne proprietario di altri palazzi nobiliari ed aree di culto.
La Basilica fu terminata nel 1570, con la collaborazione di diversi architetti, fra i quali Giovanni Tristano e Giovanni De Rosis, anch’essi gesuiti.
La prima sede del Collegio Gesuita fu Palazzo Carafa,  dove oltre a quelli dei padri furono previsti alloggi per studenti, aule per gli insegnamenti della dottrina Gesuita  e spazi destinati ad altre associazioni religiose,  le Congregazioni. La vicinanza alla Università Federico II ne fece crescere l’importanza didattica facendola divenire un Collegio Massimo di tipo universitario.

L'altare Maggiore
L’altare Maggiore

La Chiesa alla fine del ‘500 presentava una navata unica, con soffitto piano, varie cappelle laterali e una cupola sul presbiterio. Il maestoso altare maggiore rappresenta una delle massime espressioni dell’architettura gesuita e conserva al suo interno numerose opere d’arte tra le quali, nella terza cappella a sinistra, un dipinto che raffigura San Luigi Gonzaga di Battistello Caracciolo (1627), tre opere di Marco Pino da Siena (La Trasfigurazione, la Madonna con Bambino e la Circoncisione). Ancora dipinti di Girolamo Cenatiempo (1712) nella prima, terza e quarta cappella a sinistra,  una pala opera di Cesare Fracanzano, il quadro di San Francesco Saverio (1641) e la statua di San Francesco Borgia scolpita da Pietro Ghetti.
L’altare maggiore custodisce una scultura dell’Immacolata appartenuta a don Placido Baccher e in sacrestia è collocato il dipinto di Francesco De Mura che raffigura  Maria (metà del XVIII secolo ).
Nel 1584, mentre si lavorava all’edificazione di una nuova Chiesa ed un nuovo convento che diventerà poi il Gesù Nuovo, l’architetto gesuita Giuseppe Valeriano progettava un totale rinnovamento della chiesa del Gesù vecchio e del Collegio, entrambi portati a termine dopo la sua morte.
Il Gesù Vecchio venne riaperto al culto nel 1624, trasformato nel suo impianto a croce latina, con quattro cappelle angolari ed abside rettangolare. L’opera conserva tutt’ora una profonda impronta settecentesca grazie agli stucchi ed ai marmi delle pareti, il soffitto in stucco con il monogramma mariano, e gli altari laterali realizzati con marmi policromi.
La navata centrale
La navata centrale

Tipici esempi di barocco sono rappresentati nelle “macchine” dei transetti, le strutture marmoree realizzate da Cosimo Fanzago, l’altare di San Francesco Saverio a destra e quello di Sant’Ignazio da Loyola a sinistra.
I Gesuiti, espulsi da Napoli nel 1767 su ordinanza del ministro Bernardo Tanucci, rientrarono a Napoli nel 1804  riprendendo possesso della chiesa.
Dopo l’ulteriore espulsione dal Regno del 1806 in periodo murattiano, la chiesa venne infine affidata a don Placido Baccher che apportò altre modifiche all’abside,  fece collocare una serie di angeli in stucco e cartapesta sulle scalinate dell’altare che conducono ad una venerata scultura il legno e terracotta della Immacolata,  la cosiddetta Madonnina di Don Placido, realizzata da Nicola Ingaldi nel 1807.
Ancora oggi il Gesù Vecchio rappresenta è luogo di culto e di venerazione Mariana.
La Madonnina di don Placido
La Madonnina di don Placido

 Antonio Vitale