"Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)", la recensione

birdmanNAPOLI – Per coloro che non conoscono la trama di “Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza)”, bisogna subito dire che questo non è per niente uno dei classici film di questo periodo su un supereroe. Al contrario, questo lungometraggio è un’interessante riflessione sul mondo del teatro, sui film supereroistici di oggi e sul tentativo di un attore ormai dimenticato di recuperare la fama perduta. Questo film ha raccolto numerosi consensi e premi in tutto il mondo e ottenuto 9 nomination agli Oscar assegneranno il 22 febbraio di quest’anno, come “Grand Budapest Hotel”, e secondo i bookmakers ha ottime possibilità di portarsi a casa sia la statuetta per il miglior film che per la miglior regia. Il regista Alejandro González Iñárritu (che ha anche partecipato alla stesura della sceneggiatura insieme a Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo) è una persona che ha sempre realizzato dei film molto apprezzati dalla critica.

La storia è incentrata sull’attore in declino Riggan Thompson, interpretato in maniera eccezionale da Michael Keaton, che vede nel teatro di Broadway la sua ultima possibilità per ottenere un po’ di rispetto come attore e recuperare il suo status di celebrità. Egli ha impersonato in passato il supereroe Birdman in due film che gli avevano portato fama e soldi. Dopo aver dismesso i panni del supereroe, poiché era stufo di quel personaggio, purtroppo è iniziata per lui una triste parabola discendente. E’ curioso il fatto che le storie di Riggan Thompson e Michael Keaton siano così simili tra loro: quest’ultimo ha vestito i panni di Batman nei primi due film della serie realizzati da Tim Burton e dopo un periodo di appannamento è tornato alla ribalta proprio grazie a questo film che gli ha permesso di essere rivalutato come attore. Tornando alla storia, il protagonista continua ad essere perseguitato dal suo vecchio personaggio che gli parla parla tramite una voce interiore (ad un certo punto Riggan arriverà anche al punto di immaginarlo fisicamente). Ogni che Riggan ha un’incertezza, Birdman gli dice sempre che sta sbagliando a perseguire questa nuova strada. Un altro elemento surreale è indubbiamente il fatto che egli riesca a spostare degli oggetti. Questi elementi non ordinari, insieme ad altre cose, però sembrano essere soltanto il frutto della sua immaginazione che forse cerca di farlo sentire ancora un po’ speciale come il supereroe che un tempo impersonava, visto che crede di essere una totale nullità. Riggan decide perciò di adattare un libro di Raymond Carver per il suo spettacolo, che durante la messa in scena si noterà che ha molte cose in comune con i suoi problemi personali, e nel corso del film dovrà affrontare molte difficili questioni. Innanzitutto c’è il lato economico, visto che insieme al suo agente ha dovuto fare dei sacrifici sul piano finanziario per mettere in piedi lo spettacolo ed assumere un attore che desiderava avere. L’attore in questione si chiama Mike Shiner, impersonato da un ottimo Edward Norton, che è un bravo attore molto amato dal pubblico e dalla critica. Il suo atteggiamento narcisista e litigioso però creerà molti grattacapi a Riggan, anche se dietro questo suo atteggiamento un da spaccone si nasconde una persona un po’ insicura e fragile. Il personaggio di Mike infatti riesce a sentirsi a suo agio molto di più sul palcoscenico che nella nella vita reale e talvolta, sempre a causa delle sue insicurezze, si ubriaca anche quando non è necessario. Questi sono i classici problemi cui può andare incontro una persona quando intraprende il mestiere dell’attore che può portare diversi stress. Anche nel caso di Norton ci sono molte analogie con il personaggio che interpreta: egli è sempre stato ritenuto un attore molto talentuoso che, però, spesso litiga con le persone che ruotano intorno al film in cui sta recitando. Neanche a farlo apposta, anche Norton ha recitato in passato in un cinecomic: era Bruce Banner nel film “L’incredibile Hulk”. Un’altra delle questioni che preoccupano Riggan è il comportamento della figlia Sam, interpretata da una bravissima Emma Stone che il grande pubblico conosce soprattutto per il suo ruolo di Gwen Stacy nel franchise di “The Amazing Spider-Man”. Sam è una ragazza un po’ lunatica che, dopo essere stata dimessa da una rehab per tossicodipendenza, si mette a lavorare come assistente nella produzione del padre che però teme che possa ricadere nel vizio.

Uno dei punti di forza di questo film è indubbiamente l’ottimo livello recitativo dei suoi attori e che ha permesso a Michael Keaton, Edward Norton ed Emma Stone di ottenere la nomination agli Oscar nelle loro rispettive categorie. Anche gli altri attori del cast ed i loro personaggi si amalgamano bene nel ritmo ed nel contesto di questa storia: Zach Galifianakis impersona il preoccupato manager di Riggan; Naomi Watts interpreta l’ansiosa attrice Lesley; Amy Ryan è Sylvia Thomson, l’ex moglie di Riggan; Andrea Risebourgh interpreta l’attrice Laura che è anche la fidanzata di Riggan; Lindsay Duncan invece è l’acida critica Tabitha Dickinson. Quest’ultimo personaggio rappresenta quei critici che talvolta sono determinati a distruggere un qualcosa che non hanno ancora visto solo perché hanno già una pessima opinione su come è stato realizzato uno spettacolo o su chi recita al suo interno. In una scena si capirà che per essere apprezzati in questo campo bisogna davvero impegnarsi molto e compiere talvolta anche dei gesti estremi che potrebbero però essere mal interpretati dalle persone.

Una delle caratteristiche più interessanti di questo film è il fatto che sia stato girato quasi completamente attraverso un lungo ed interessante piano sequenza che segue i diversi personaggi all’interno dell’edificio che ospita il teatro e nelle vicine strade di New York.

Anche la colonna sonora creata da Antonio Sanchez è molto particolare, poiché la maggior parte delle volte si tratta soltanto di un assolo di batteria che comunque accompagna bene il ritmo delle scene.

In tutto questo bisogna ricordare che questo lungometraggio attinge anche al genere della commedia, visto che sono presenti diversi dialoghi e momenti sia divertenti che sopra le righe, che comunque si alterna bene ai momenti drammatici. Una delle cose più ironiche del film è il momento in cui Riggan si accorge che tutte le persone che ha nominato per sostituire un attore del suo spettacolo siano già impegnati con dei cinecomics o altri film d’azione. Questo è il segno tangibile del potere e dell’importanza che oggi hanno acquisito questi generi che, come viene anche detto nel film stesso, al grande pubblico piacciono molto per il sangue e l’azione che vengono mostrati. Un’altra interessante riflessione è quella relativa al potere virale di internet che prima viene spiegata a Riggan e poi messa involontariamente in pratica da quest’ultimo in un’eccentrica scena a Times Square.

Il finale, che ha lasciato perplessi molte persone, è molto particolare ed linea con lo spirito del film. Finché non sarà il regista Iñárritu in persona a spiegare il significato di questa scelta, questo finale sarà sempre interpretato dalla gente nei più svariati ed interessanti modi. Forse l’obiettivo finale di Iñárritu era proprio quello di creare un punto di domanda nello spettatore, affinché ognuno di noi potesse elaborare la propria visione personale del destino di Riggan.

Voto: 8,5

Sabato Gianmarco De Cicco