L'antica storia di Somma Vesuviana

Panorama_di_Somma_VesuvianaSOMMA VESUVIANA (NAPOLI) – Non si può ricostruire la storia della cittadina vesuviana e di Santa Maria a Castello senza parlare dell’antica magione e dei suoi misteri.
Borgo d’epoca romana sorto su un insediamento preesistente alle falde del dio padre Vesuvio, fu fondato intorno al 500 a.C. dalle stesse popolazioni osche agricole e pastorali che fondarono Ercolano, Acerra e Nola. Guidate da coloni etruschi nella loro lenta migrazione dal nord iniziata dal 1250 a.C., queste popolazioni fondarono anche Capua, Castel Volturno e Marcina, tra Fratte e Salerno.
I greci di Ischia nel 750 a.C. sconfissero gli etruschi. In seguito si fusero con la civiltà romana.
Nel 49 a.C. una terribile eruzione spaccò in due il vulcano, dando origine ai due rilievi del Vesuvio e del Somma.
Arrivarono dunque i sanniti che contesero la regione ai romani e occuparono l’ultima piazzaforte etrusca in Campania. Gli usi e i riti religiosi e magici di etruschi e sanniti si fusero con quelli osci. Dalle sacerdotesse etrusche velthali e urclite vennero fuori le sacerdotesse vestali dei romani. Dai riti romani e in specie mitriaci nacquero al tempo dell’editto di Teodosio Del 385 la tradizione delle sacerdotesse segrete pagane di Benevento e di Somma Vesuviana, le ianare, custodi del fuoco sacro del dio Vesuvio, levatrici, guaritrici, erboriste, streghe, sensitive, astrologhe, poi definite dai cristiani e cattolici con dispregio fattucchiare e streghe, a torto …
II borgo romano di Somma Vesuviana viene nominato sin dal 195 a.C. Summax, dall’originario agglomerato osco di Arca Suma o Summa. Ospitò una colonia di plebei romani seguaci del tribuno del popolo Tibero Gracco.
Dal 184 a.C. fu territorio libero fedele a Roma con il nuovo nome di Saxo tribunum e poi villaggio di Summa, che si sviluppò intorno al castello longobardo eretto alle pendici del monte Somma sulle rovine del castrum fortificato romano dei legionari veterani di Augusto del I sec d. C., secondo documentazioni del 77 d. C.  Le vestigia della grandiosa villa dell’imperatore romano si ergono ancora in frazione Starza della Regina.
Il centro storico sorse nel 1011più in basso, noto come borgo dei Casamale, un’antica famiglia nobile locale.
Sulle antiche rovine del castrum dei legionari romani e del castello longobardo venne poi edificato il castello di Somma in cui si accamparono i cavalieri normanni di Ruggiero II nel 1135 per conquistare la Napoli longobarda.
Carlo I d’Angiò, vinti gli svevi nel 1266, godendo dell’amenità del luogo e la salubrità dell’aria, comprese la sua importanza di nodo viario e ampliò il castello. e entro le sue mura fece erigere la Reale cappella di Santa Lucia, martire siracusana. Il cappellano era un frate domenicano e riceveva uno stipendio.
Il castello fu splendida residenza reale di villeggiatura di Carlo Martello, di Caterina, figlia di Filippo di Costantinopoli, oltre che di Carlo I d’Angiò e di suo figlio Carlo II.
Nel 1294 gli Angioini fecero costruire la chiesa di San Domenico e Santa Maddalena, officiata dai monaci domenicani di Napoli. Nel 1333 venne eretta la chiesa di Santa Maria del Pozzo, che ha dato nome alla frazione di Somma, con annesso convento dedicato al matrimonio di Andrea figlio di Carlo Roberto d’Angiò con Giovanna Durazzo d’Ungheria, futura regina di Napoli, vicino la Starza della Regina.
Infine fu costruita una terza chiesa, quella di San Giorgio martire all’esterno del borgo di Casamale.
Il castello, comunemente detto della regina Giovanna, si dice fosse teatro di scandali e defenestramenti di amanti scomodi, le cui salme venivano inumate nei tre cunicoli principali sotterranei di Somma.
Durante le lotte del 1348 tra i Durazzo e gli Angioini le truppe ungheresi marciarono contro Napoli e assediarono il castello di Somma, che resistette per ben due anni. I soldati di re Luigi d’Ungheria nel 1350 saccheggiarono il borgo di Casamale.
Alfonso I d’Aragona, sovrano di Napoli, nel 1455 fece abbellire e ampliare il castello, dotandolo di poderose mura. Introdusse la coltivazione dell’uva della Catalogna, la mitica catanalesca, ‘a catranesca, e il paese divenne casale di Somma, con tante masserie e molti palazzi dei nobili napoletani che seguirono il re aragonese. Con la vittoria degli aragonesi sugli angioini, nel 1460 Somma assurse alla dignità di Città: aveva 13 torri e 4 porte civiche con i camminamenti di ronda.
Per la sua Lucrezia d’Alagno Alfonso I nel 1458 aveva fatto costruire un altro castello più a valle, per maggior sicurezza più lontano dalle terribili eruzioni del Vesuvio.
Nel 1460 Ferrante d’Aragona, dopo la morte di Alfonso tentò di espugnare il maniero per catturare Lucrezia, che aveva fatto donare il feudo al fratello Ugone d’Alagno. Ferrante dichiarò quindi Somma città demaniale.
Intanto gli ecclesiastici diedero inizio alla caccia alle streghe di Benevento o alle fattucchiare o ianare di Somma, che si nascondevano tra masserie e grotte naturali comunicanti con le antiche vie. Non si lasciarono prendere quasi mai, e nel 1581 il vescovo di Nola fece inutilmente dare fuoco al complesso ipogeo della Rupa delle Ianare. Si credeva che queste donne danneggiassero cavalli, allevamenti, case e persone con terribili malefici, rendendosi pure invisibili.
Intanto il castello, danneggiato da eruzioni, terremoti e guerre, fu restaurato per l’ultima volta nel 1602 da don Carlo Carafa duca di Maddaloni e di Somma.
Quest’ultimo, presi i voti domenicani, fu fondatore a Roma della Congregazione dei Pii Operai. Si ritirò in solitudine nel castello di Somma nel 1622. Vendette il bestiame della sua famiglia ed eresse un eremo domenicano con casa. Ricostruì la cappella di Santa Lucia, collocandovi la statua di legno della SS. Vergine. Riferendosi all’antica Rocca dArce, chiamò la chiesa Santa Maria di Castello.
La terribile eruzione del 16 dicembre 1631 distrusse gran parte della Città di Somma e  gran parte delle masserie e chiese, compresa quelle di San Giorgio all’antico castello e la nuova chiesetta di Santa Maria di Castello e la stessa statua lignea della Madonna.
Molta gente cercò scampo nelle grotte vulcaniche vesuviane, dirigendosi attraverso i tre cunicoli grandi verso Portici, Ercolano, San Giorgio a Cremano, Nola e Napoli … In seguito contadini ritrovarono tre cunicoli pieni di teschi.
Scavando sotto le ceneri dei tronchi degli alberi distrutti dall’eruzione rinvennero miracolosamente anche la testa della Madonna e la consegnarono a uno scultore di Napoli per restaurarla e far rifare il corpo bruciato dalla furia del Vesuvio.
Nel 1650 la statua fu trasportata dal popolo in festa il sabato successivo alla Pasqua, dando origine alla tradizionale festa sommese che dal sabato in Albis prosegue fino al 3 maggio.
Il simulacro venne ricollocato nella chiesa restaurata. I lavori furono realizzati con le donazioni del ricco principe Antonio Orsini , cavaliere patrizio napoletano di Nola e Somma, che abitava nel palazzo nobiliare al centro storico già dimora dei conti Colletta. L’edificio, eretto nel 1455, fu ricostruito nel 1631.
Ancora oggi è famoso per le leggende e i suoi spiriti, fantasmi, maledizioni che pare colpiscano le famiglie dei proprietari … Non solo: apparizioni di janare e sfinimento dei cavalli nelle stallel di notte …
Il castello d’Alagno passò al barone Antonio de Curtis di Somma Vesuviana. Divenuti marchesi nel 1797 con don Michele, regio governatore borbonico di Procida dal 1790 al 1799 e di nuovo dal 1799 al 1806, presente alla terribile eruzione del 1794 che distrusse varie cittadine vesuviane.
Nel 1946 la proprietà dagli eredi de Curtis – la famiglia del defunto principe e attore Antonio detto Totò – tramite una figlia passò ai Vernicchi di Montella.

Michele Di Iorio