Viaggio a Medjugorie

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MedjugorieMedjugorie, piccola cittadina bosniaca nella regione dell’Erzegovina, popolazione di origine cristiano-croata, ascesa all’attenzione religiosa mondiale da quando la Madre del Cielo ha deciso di incontrare dei semplici ragazzini cristiani su di una collina sassosa.
Dalla prima apparizione sono passati più di trent’anni, i ragazzini sono divenuti adulti, alcuni di loro si sono sposati ed hanno avuto dei figli, tutti vivono normalmente la loro vita. Al contrario di molti hanno la gioia nel cuore e trasmettono una serenità unica che entra nell’animo di chi va a visitarli.
Medjugorie, negli anni ne ho sentito parlare molto, come penso sia successo a tanti; chi ne dice bene, chi è scettico, chi non ci crede, ognuno con il proprio punto di vista ne trae le conclusioni più appropriate.
Personalmente ero scettico, mi dicevo: «La Madonna appare in molti luoghi: Fatima, Lourdes, Loreto e in tanti altri posti, ma è sempre Lei, la stessa Madre di Gesù, la  nostra Madre del Cielo».
Da sempre figlio innamorato di Maria chiedo il suo aiuto ricevendone spesso conforto, ma faccio  fatica ad accettare il pensiero di troppe apparizioni, a parte le più note e vecchie.
Quest’anno, in occasione del secondo viaggio di mia moglie, di mia figlia e di mia sorella a Medjugorie, anche io e mio figlio abbiamo voluto partecipare e sentire le emozioni che tutti dicono che quel luogo di apparizioni provoca nei cuori dei pellegrini.
Partendo dal nord dell’Italia per arrivare a Medjugorie in auto, tenendo un’andatura leggermente sostenuta ed un paio di fermate d’obbligo, abbiamo impiegato circa nove ore.
Lasciato il suolo italiano si entra nella landa Slovena; la zona in cui si transita è scarsamente popolata e per niente coltivata. La terra ha un fascino particolare, quasi selvaggio.
Ogni qual volta che transito su queste terre il mio pensiero va alla possibilità di andarci a vivere, costruire una casa abbastanza lontana dalla strada, in mezzo ad una radura per stare in pace e creare un allevamento di mucche pezzate rosse da carne e latte allo stato brado.
Creare un allevamento per produrre carne genuina e latte, come quello che si beveva una volta, quando le mucche erano nutrite solo con erba, senza l’aiuto del bio-diesel e farine varie, in uso oggi nelle stalle moderne. Latte che non è più tale, causa di tante allergie e malesseri nell’uomo.
Continua il viaggio ed in breve si entra in terra croata, montagne sassose, senza quasi vegetazione, fanno da contorno alla nuova autostrada che da lì si snoda poi per tutto il percorso fino a Medjugorie, ed ancor di più, giù fino al confine Montenegrino.
Si transita in alcuni punti lungo la costa marina, che regala splendidi paesaggi, insenature incantevoli, isole contornate dal mare blu-verde. Scorci, che somigliano a quadri d’autore, ospitano paesi costieri con il piccolo porto gremito di barche per la pesca, di natanti di turisti.
La vista è magnifica e nasce dentro il desiderio di conoscere meglio questa regione.
Proseguendo verso l’interno, l’autostrada attraversa una foresta d’abeti bianchi, alberi slanciati, alti più di trenta metri.
In quella zona, parecchi anni or sono, ho acquistato alcuni carichi di tavole per serramenti, tavole quasi nette di nodo, ricavate da tronchi d’abete bianco, provenienti da boschi coltivati fin da giovani, i  cui  rami secchi sono stati tagliati per permettere che la pianta crescesse pulita da nodi morti: lavorazione essenziale per dar pregio al legname.
Si continua il viaggio verso est, montagne brulle caratterizzate dalla presenza di cespugli di ginepro, si avvicendano a colline sassose dove qualche rado pino o carpino sbuca dall’ammasso di sassi: è un paesaggio quasi lunare quello su cui è stata ricavata l’ottima e scorrevole autostrada.
Improvvisamente ci s’imbatte in una fascia di terra bonificata da sassi e sterpi, (sono parecchie le zone industriali in via di sviluppo, ricavate da terreni un tempo ricoperti di massi, terreno sterile, lunare). Oggi, grazie a macchinari all’avanguardia, si frantumano le pietre ricavando sia lotti industriali, sia fondi produttivi.
A quella latitudine est ritengo sia possibile programmare un’agricoltura intensiva moderna, in grado di dare sviluppo e benessere ai poveri paesi sparsi nel territorio, che da secoli sopravvivono con la pastorizia, rubando all’aspra natura qualche piccolo appezzamento di terreno. Certo però, che tutto è possibile se nelle vicinanze scorre l’acqua o vi è una fonte.
Di tanto in tanto c’è una grande area destinata alla sosta, con un comodo parcheggio, attrezzata con tettoie, panche e tavoli per la ristorazione al sacco, bar e servizi, tutto molto confortevole.
Si arriva finalmente al confine Croato-Bosniaco.  Lasciata  l’autostrada,  percorrendo un piccolo tratto di strada normale, si entra in Bosnia ed in breve si raggiunge Medjugorie.
Varcata la frontiera, la povertà dei luoghi è evidente: c’è parecchio disordine e molte sono le auto dismesse, abbandonate ai margini della strada, tanto che mi corre il pensiero alla possibilità di organizzare un recupero di ferro itinerante, con l’ausilio di una pressa auto posta su camion, che oltre a business farebbe pulizia.
Certamente non sarà facile cambiare il sistema di vita atavico di questo popolo, ci vorranno anni prima che la gente del luogo, prossimo ad una meta che giorno dopo giorno acquista valore di pellegrinaggio mondiale, si adegui ad ordine e pulizia.
Tuttavia già s’iniziano a vedere nuovi edifici moderni, recintati e curati nei particolari.
Arrivati a Medjugorie, il panorama edilizio urbano subisce un forte cambiamento, edifici di ultima generazione, strade ben tenute, pulizia ed ordine, alberghi, ristoranti, bar, gelaterie e centinaia di negozi che vendono quasi tutti la stessa merce: immagini della Madonna in tutti i possibili materiali, corone per recitare il Santo Rosario, bastoncini in legno, in lega o altro per salire i monti dell’apparizione ed il monte della Croce, piccoli souvenir, ecc.
Nel centro città, dietro la Chiesa di San Giacomo, un immenso parco attrezzato con panche per circa dodicimila posti a sedere, accoglie i pellegrini.
Una cappella molto ampia, aperta a semicerchio, con a fianco un megaschermo, è a disposizione dei roganti che desiderano partecipare alle preghiere, alle Sante Messe, alle testimonianze, all’adorazione del Santissimo.
Nei pressi vi è un’altra Chiesa moderna, una sala molto capiente, dove a turno si possono assistere alle Funzioni nelle lingue dei pellegrini: italiano, francese, tedesco, inglese, croato, spagnolo, ecc.
Oltre a questi ottimi supporti religiosi, è stato costruito nel parco il sito del“Cristo Risorto.
A terra sta stesa una grande croce in bronzo e rame, vuota del Corpo del Cristo che si staglia ritto ai suoi piedi.  È una scultura alta quasi sei metri, simboleggia la morte e la resurrezione di Gesù.
A venerare il Cristo vi è solitamente una folla di gente devota che in fila, ordinatamente, con pazienza, aspetta il proprio turno per asciugare la goccia miracolosa, che fuoriesce dal ginocchio destro, lucido per il continuo tocco, raccogliendo il prezioso liquido con dei fazzolettini da riportare a casa, dono a parenti e amici, da custodire gelosamente con atto di fede.
La goccia che continua ad uscire è un fenomeno misterioso, non si spiega da dove provenga. È  stato analizzato in laboratorio: non è acqua, è simile al liquido sinoviale umano.
Molte persone ne hanno avuto giovamento mettendo la preziosa reliquia  a contato con la zona dolente, ma è soprattutto la fede che fa il miracolo.
Adiacente la Chiesa principale è stata costruita una grande struttura, aperta su un lato, organizzata con tantissime piccole celle confessionali, affinché i pellegrini possano accedere al Sacramento, avere l’animo ristorato, perdonato, pronto ad affrontare i nuovi giorni con più fiducia e fede.
Medjugorie, un mito, un sogno, una realtà.
Dimenticavo di dire che viaggiavamo assieme ad altri amici dell’Altopiano, frequentatori di  questi paesi da più di trent’anni, fin dal tempo della guerra Serbo- Croato- Bosniaca- che tanti lutti e disgrazie ha lasciato fra queste popolazioni.
I nostri compagni di viaggio, guide per noi preziosissime, hanno vissuto in prima persona fatti e avvenimenti molto particolari; se raccontati, nella realtà quotidiana dei nostri paesi, potrebbero essere travisati e visti come storie o invenzioni.
Tuttavia, sentir descrivere senza enfasi, con semplicità i fatti accaduti in questi luoghi dove la realtà è ben diversa dalla nostra, è stato molto toccante e ci ha fatto riflettere.
Là si sente la reale presenza della Regina della pace, si possono ascoltare esperienze che colpiscono l’anima e fanno accettare gli avvenimenti miracolosi raccontati.
Arrivati all’albergo, una struttura nuova, moderna con ottime stanze, sebbene un po’ piccoline, ci accolgono i proprietari, amici da tempo dei nostri accompagnatori, con un caloroso benvenuto.
Nel primo pomeriggio, dopo aver pranzato,  non all’italiana ma nemmeno male, ci rechiamo tutti a salutare suor Cornelia, loro amica  affezionata.
La suora è sorella di suor Josepha, morta alcuni anni fa in odore di santità, fondatrice della Congregazione delle Sorelle Missionarie della Famiglia Ferita.
Suor  Josepha ha di fatto  interceduto in diversi miracoli, i quali sono tuttora allo  studio dalle autorità vaticane.
Suor Cornelia ci ha accolto con gioia ed immensa cortesia. Il suo sguardo emanava un senso di serenità talmente forte che quando mi ha guardato negli occhi stringendomi la mano, mi sono sentito nell’animo partecipe della sua gioia. Subito l’ho ringraziata per questo dono che ancora porto dentro di me e spero non mi lasci più.
Suor Cornelia attualmente raccoglie attorno a sé più di cento ragazzi orfani o abbandonati, figli di stupri avvenuti in tempo di guerra,  provenienti da situazioni scabrose.
Nella comunità ci sono presenze dal neonato ricevuto  in dono da pochi giorni, allo studente universitario, che fin da piccolino vive nella comunità ed è in procinto di laurearsi, come tanti già hanno fatto in questi anni.
Le buone suore con la loro abnegazione, la devozione alla Madonna e alla fede in Dio, fidando nella Santa Provvidenza che nulla fa mancare alla loro opera, portano avanti quest’immenso amore verso i più deboli.
Non mancano nemmeno i nonni, che nel numero di cinquanta e più vivono nella casa.
Vecchi dimenticati dalle famiglie, rimasti soli, sono accolti nella struttura messa in piedi da due sorelle di carità, dove prima il padre aveva la sua vigna.
Hanno costruito una casa per abbandonati, ed assieme ad altre suore, devote e disponibili verso il prossimo, si sono prese cura di bisognosi d’affetto, cure e soprattutto amore. Giornalmente accolgono  nella loro  piccola chiesa o nella grande sala  vicina,   gruppi di pellegrini da tutto il mondo, venuti a testimoniare la presenza della Madonna sulla terra.
Parecchie persone dopo essere salite sui monti dell’apparizione e della croce, vengono qui a pregare e sentire le parole di Fede autentica  di questa donna carismatica.
Nei suoi occhi ho visto una luce che mi ha fatto sentire lei, madre di tanti derelitti, come la rappresentante della Madre di tutti noi.
Dopo la visita a suor Cornelia, siamo saliti sul monte delle apparizioni, accompagnati da Mario, un trentenne dai modi educati e gentile, nipote di Visca, una delle veggenti che purtroppo non si trovava in città, in quanto impegnata in viaggio di testimonianza all’estero.
La salita al monte delle apparizioni è disseminata da punti di preghiera. Ad ogni fermata Mario ci guidava nella recita del Rosario, che declamato in preghiera in quel luogo speciale, di volta in volta si sentiva  più fortemente nell’anima un senso di pace , si serenità.
Giunti alla statua della Madonna, posta sul punto delle prime apparizioni, ognuno di noi come tanti altri pellegrini presenti in continuo andirivieni, si è soffermato in raccoglimento, in riflessione e preghiera.
La fede era palpabile nel volto di tanti convenuti ed io mi sono sentito soddisfatto, sereno, il mio cuore era colmo di letizia.
La breve discesa dal monte, se fatta con un po’ d’attenzione per come e dove dirigere i passi, non desta gran preoccupazione. Passando di fronte ai vari negozi gestiti da giovani donne del posto, si è potuto ammirare la sobrietà del paese, senza che alcuno accennasse ad un tentativo di forzata vendita delle proprie merci:  è stata una piacevole e dignitosa sensazione di rispetto alla sacralità del luogo.
Mio figlio, di ritorno verso l’albergo, dopo aver salutato l’amico Mario e la sua fidanzata  con i quali era uscito per una pizza la sera, l’ora si approssimava a mezzanotte, sentì un impulso dentro di sé che lo invitava a ritornare sul monte dell’apparizione.
Imboccato il sentiero che attraverso la campagna va verso le pendici del monte, si incamminò nella buia notte fintanto che il tracciato si perde nella vegetazione. Non vi era alcuna luce che potesse illuminare il cammino.
Deluso, ritornò sui suoi passi, ma dopo poco sentì il trapestio di due persone. Erano due italiani, di cui uno era frate carmelitano. Chiese se sapevano indicargli il sentiero.
Gentilmente gli indicarono la via corretta, cosicché si rimise in strada verso la meta.
Dopo poco sentì il passo svelto di una persona: era il frate che raggiungendolo gli chiese se poteva salire con lui al monte. Mio figlio, detto “cuor d’oro”,  naturalmente accettò e con la pila del telefonino illuminò il tragitto.
Nella salita si fermarono ad ogni stazione per concentrarsi nella preghiera del Rosario Mariano finché, giunti alla statua della Madonna, il frate gli chiese se era d’accordo sul continuare i misteri dolorosi che si svolgono verso la cima del monte. Accettò con devozione l’invito e continuarono la preghiera.
Al ritorno, nei pressi della statua sentirono delle voci d’orazione e di pianto, si avvicinarono e trovarono tre sorelle slovacche che pregavano.  Una di loro piangeva dall’emozione e gioia d’essere vicina alla Madonna.
“Cuor d’oro” si avvicinò e la consolò dicendole di non piangere, di stare serena e felice, che la Madonna sicuramente era con lei.  La donna si alza e lo abbracciò dicendogli in inglese: «Sei un angelo» e gli donò il rosario con cui stava pregando.
Nel frattempo il frate, assorto in preghiera un po’ in disparte, fu additato dalle tre sorelle: il volto ed il petto del frate erano illuminati da una luce intensa. Costui, resosi conto di essere al centro dell’attenzione del piccolo gruppo, chiede se hanno notato qualcosa, perché si era sentito la Madonna dentro il petto.
Fra’ Nicola, questo era il suo nome, nel discendere la montagna dirà a cuor d’oro: «Sei stato la mia luce, sono vent’anni che vengo qua e non sono mai riuscito a salirvi di notte».
Era oramai l’alba, la luce del giorno sbucava dal monte soprastante, la notte l’avevano trascorsa in preghiera sul monte dell’apparizione della Vergine Immacolata, le loro anime avevano goduto un’esperienza unica, singolare, colma di grazia.
Domenica, dopo la colazione, ci mettiamo in auto per recarci alla grande spianata per partecipare alla Santa Messa celebrata per i fedeli italiani. La chiesa è situata in posizione periferica rispetto al parco; moderna e accogliente è gremita di pellegrini provenienti dal nostro Paese.
Per caso incontriamo anche fra Nicola, divenuto amico di mio figlio. Una persona del tutto normale, che ha scelto di vivere la propria vita pregando e lavorando in convento.
È un uomo ancora giovane, nel pieno delle sue forze, sicuro di sé, aperto alla vita.
Lo guardo e penso che l’esperienza della notte precedente rimarrà impressa nel suo cuore come in quello del mio ragazzo.
Dopo la funzione, assieme ai nostri amici, ci rechiamo presso un Istituto religioso, tenuto da giovani suore italiane.
Una di loro, chitarra alla mano, ha tenuto una testimonianza di fede molto vivace, gioviale e movimentata da tutti o quasi i presenti.
Ci siamo recati poi a visitare il “castello dei canadesi”, io lo ho chiamato così per la sua caratteristica.
Una famiglia, come mi è stato raccontato, venne a Medjugorie in pellegrinaggio per implorare la Madonna di liberare i due figli dalla schiavitù della droga. Volle Maria far sì che in pochi giorni smettessero di avvelenarsi, cosicché i genitori decisero di vendere ogni proprietà in Canada e trasferire tutta la famiglia a Medjugorie.
Con il cospicuo capitale ricavato dalla vendita, acquistarono un terreno limitrofo alla città e pensarono di costruirvi degli edifici edificati con un architettura particolare, ispirata un poco all’epoca medioevale.
Il sito è di straordinario interesse storico, paesaggistico, culturale ed architettonico.
I muri delle costruzioni, benché moderne, sono formati da sassi a vista, squadrati e messi insieme in ordine, con finestre, volti e gradini di buona fattura. All’intorno vi sono piccoli giardini e corsi d’acqua, fiori e sentieri che abbelliscono il tutto.
È un posto fantastico. Al centro del quartiere, si trova  anche una piccola Cappella dove le mamme, ansiose di avere un figlio che non arriva, chiedono la grazia.
La gente del posto vi lavora volontariamente, aiutata da persone che cercano la libertà dalla schiavitù della droga attraverso il  lavoro e la preghiera, guidati da una donna, Nancy, dal cuore grande come il castello. La signora, vedendoci bighellonare curiosamente all’interno delle mura di recinzione – c’eravamo intrufolati  per una piccola breccia – c’è venuta incontro accogliendoci con gioia ed  un sorriso colmo di serenità,
Non ci aveva mai visti prima ma ci ha abbracciati e baciati tutti, sopratutto mia moglie che per spirito e modi di fare le assomiglia molto. L’ha abbracciata due volte, dandoci il benvenuto ed il permesso di visitare il resto della proprietà, ritirandosi poi in casa, con un sorriso ancor più sereno,
Se una persona come lei può trovare a Medjugorie tale serenità d’animo, mi viene il desiderio di andarci a vivere, oltre al fatto non da poco che attualmente la vita laggiù costa meno di un terzo che in Italia.
La domenica pomeriggio, dopo aver riposato un po’, siamo andati in auto su una collinetta fuori città dove in un vecchio cimitero era stata collocata la salma di suor Josepha. Si trattava di un luogo di pace, protetto da alcuni alberi di carpino centenari, con tombe  risalenti a quasi cent’anni fa.
Il cimitero è storico, addirittura risalente al tempo dei Nibelungi, che lassù avevano seppellito il loro re, centinaia d’anni or sono, proteggendone la tomba con una piccola costruzione tuttora esistente.
La tomba di suor Josepha, grande e ben curata, spicca nell’eremo, ornata da fiori e cuori, ricordo e ringraziamento di fedeli.
Discendendo la collina ci siamo recati nuovamente al grande parco dove abbiamo visitato il Cristo Risorto. Mia figlia ha incontrato un sacerdote ultraottantenne, ma molto in gamba,  un italiano in visita di pellegrinaggio, che gentilmente l’ha confessata camminando assieme sul prato.  Poi ci siamo soffermati a pregare all’aperto della Chiesa, con migliaia d’altri pellegrini, provenienti da ogni dove.
Con una devozione ed un rispetto eccezionale per il sacro luogo, mi hanno fatto capire quanto grande è il bisogno nel mondo di Dio e quanta  fiducia c’è nella Madre di Gesù.
Verso sera era stata pianificata da Mario l’ascesa al monte Krizevac, dove vi è la famosa croce in cemento che molti giurano di aver vista librarsi nell’aria. Nessuno di noi ultrasessantenni se l’è sentito di affrontare il percorso, anche perché il sole a picco scaldava troppo; abbiamo rimandato l’eventuale ascesa ad un prossimo pellegrinaggio.
I più giovani, come mio figlio, il ragazzo dei nostri amici ed un suo coetaneo che ci accompagnava, si sono messi in cammino assieme a Mario e sono saliti.
Al ritorno verso sera, mio figlio non è rientrato con il resto della comitiva e Mario tutto eccitato ci annunciò che “Cuor d’oro” aveva trovato la fidanzata lassù sul monte, proprio com’era successo a lui che vi aveva conosciuto la sua ragazza l’estate precedente.
Lei faceva parte di un gruppo di pellegrini italiani, lui era stato chiamato per fare da guida come ha fatto con noi sul monte dell’apparizione e li è avvenuto il loro incontro.
Arrivato alla croce, “Cuor d’oro” ha trovato una signora proveniente da Napoli che piangeva copiosamente. Vedendola così afflitta si è avvicinato consolandola e rasserenandola con parole appropriate. Costei trovandosi di fronte un bel ragazzo, poco più che trentenne, alto un metro e novanta, si è sentita soccorsa da un angelo e lo ha abbracciato come un figlio, smettendo di piangere.
Al momento della discesa la donna ha chiesto a “Cuor d’oro” di accompagnare sua figlia che aveva dei giramenti di testa e non si sentiva sicura, poiché il sentiero era sassoso e pieno d’insidie. Probabilmente colpita dalla presenza del bravo giovane ha tentato di far in modo che i ragazzi si conoscessero meglio.
Purtroppo all’arrivo c’era ad aspettarli il fidanzato napoletano della giovane, che subito si è messo in mezzo ai due parlando con toni incomprensibili in dialetto partenopeo: tutto è finito al momento dei saluti.
Qualcosa lassù era successo in “Cuor d’oro”, perché, ci dichiarò al ritorno dal Krizevac, si sarebbe fermato altri due giorni. Non volendo indagare sulla decisione,  abbiamo acconsentito.
Il mattino di lunedì, al momento del risveglio, di mio figlio in camera non c’era traccia. Valigia pronta, scarpe ai piedi del letto, porta aperta, ci chiedemmo dove fosse finito ma nessuno l’aveva visto.
Verso le nove, ora destinata per la partenza, “Cuor d’oro” arriva tranquillo spiegando d’essersi alzato molto presto, di aver fatto alcune visite e che sarebbe rientrato con noi. Aveva ritrovato la sua tranquillità.
Lungo il viaggio di rientro, i nostri amici ci hanno accompagnato da Padre Peter, il sacerdote destinatario dei segreti di Medjugorie; tre giorni prima dell’evento, sarà lui l’incaricato a comunicare gli stessi al mondo.
Lo abbiamo raggiunto nella Chiesa di un paesino, a pochi km dal confine con la Croazia. L’edificio in ottime condizioni ha un piazzale antistante abbastanza grande, contornato da alberi molto alti dai quali arrivava un cinguettio di passere Mattuge. Era una musica celestiale: migliaia di piccoli esserini, tutti assieme, intonavano un canto fantastico, meraviglioso.
Padre Peter, uomo carismatico, ci dette una benedizione particolare, che ci proteggerà da disgrazie e malattie, imponendo le sue mani sulla testa di ciascuno di noi, lasciandoci una sensazione di particolare sollievo e fiducia.
Riprendiamo la strada di casa ed alla prima fermata, dopo alcune ore, mio figlio ci svela il motivo della sua assenza del mattino.
Alle cinque si era svegliato, e uscito dall’albergo con i sandali ai piedi, si era recato alla statua del Cristo Risorto per pregare ma una forza interiore l’aveva spinto a ritornare sul Krizevac. L’aveva risalito a piedi scalzi, camminando su sassi e rovi, vi si era fermato a pregare e poi, alleggerito dal peso che si sentiva interiormente, era disceso pronto per il rientro a casa.
Il rientro è stato tranquillo, la serenità che Suor Cornelia e Padre Peter hanno lasciato nel mio cuore,  in quello dei miei cari e in quello degli amici che ci hanno fatto da guida, non si dissolverà più.
È stata un’esperienza che mi ha arricchito e che consiglio a tutti coloro che credono nella Regina del Cielo, e nel Suo amore di Madre.

Gilberto Frigo, l’uomo del Nord