Il film: Le origini del male

Le origini del male1974: un insegnante di Oxford vuole dimostrare, anche mettendosi contro l’establishment del suo Dipartimento, che le storie di cosiddette possessioni nascondano delle nevrosi particolarmente radicate. Ma nella paziente Jane sembrano esservi presenze altre
Il regista di questo film (USA- GRAN BRET, ‘14) è John Pogue, uno di quegli artigiani mediamente bravi che sono il nerbo del cinema hollywoodiano.
Nasce come sceneggiatore, e i suoi titoli sono sempre stati narrativamente solidi e di presa spettacolare, nonché di una certa qual ricchezza di temi. Ha partecipato alla sceneggiatura di questo film, ma è il suo secondo lavoro da regista.
Anche se è un film decisamente di genere horror, è da rilevare che la tenuta narrativa è particolarmente sobria: non è splatter (sanguinario), e i suoi effetti de paura sono affidati più a situazioni che tengono presente – anzi la privilegiano – una qual coerenza narrativa.
Innanzitutto l’ambientazione anni ‘70, anche se si rifà alla (solita) storia vera, è originale.
Da tener presente che L’Esorcista è del ‘73: quindi il film, ambientato l’anno successivo, ne è un indiretto, elegante, richiamo di continuità – rispetto allo stesso tema – della possessione; ma anche di discontinuità, perché l’impostazione vorrebbe essere più illuministica e positiva.
Anche se la sceneggiatura originale è di Tom De Ville, è stata ricomposta e reimpostata dallo stesso regista e altri due sceneggiatori, Craig Rosemberg e Oren Moverman pratica questa abbastanza ricorrente nel cinema; quando la storia, pur avendo spunti interessanti, non ha forza e capacità attrattive, si chiamano altri sceneggiatori per revisionarla.
Tra i tre sceneggiatori, Oren Moverman è quello più dotato e che più nel suo cinema ha affrontato temi d’interesse sociale, pur all’interno di una coerente appartenenza al cinema hollywoodiano.
E comunque qui si agita il tema del limite cui, in nome della sperimentalità scientifica, si può giungere nel sacrificare le esistenze di coloro che subiscono gli esperimenti volti a promuovere il progresso della scienza a tutti i costi, e nello smascherare quelle pratiche che vengono considerate retaggio di antiche superstizioni.
Ma il film resta sempre nel solco del genere. La tensione è assicurata, pur se è da notare che c’è un uso molto parco di effetti speciali, di buon livello professionale, di tipo orrorifico: c’è, relativamente, poco sangue. Anzi, qua e là affiora la noia, perché per non dare spazio a effettacci scontati la vicenda si sviluppa sui personaggi collaterali.
Però sembra prevalere il còté esorcistico, anche se manca ogni accenno a conflitti di tipo etico-religioso. Tutto è lasciato nell’ambiguità di dimensione  ideologica: e ciò è in linea col new horror variamente paranormale, che sta avendo molto successo a Hollywood e in tutto il mondo.
In  Le origini del male, se c’è scelta stilistica riguarda l’ambientazione, che è molto curata, benché in una dimensione di low budget . Non solo nell’abbigliamento, ma anche nelle scenografie, di Matt Gant e Caroline Barclay, si nota un gusto efficace ma eclettico: non c’è il solito gotico old England, ma qualcosa che lo ricorda indirettamente: ed in questa chiave complessiva è ricostruita adeguatamente un’atmosfera anni ‘70.
La fotografia è del bravo ungherese Màtyàs Erdély, attivo in Usa e in Europa. Prevalgono atmosfere opprimenti, caratterizzate cromaticamente, anche grazie ad una gamma di sfumature piuttosto ricercate, che concorrono a rafforzare puntualmente l’ambientazione.
Non è un capolavoro, o tale da innovare il genere, ma ha una sua compatta dignità spettacolare. Segna il gradito ritorno sugli schermi della storica company inglese Hammer Production che, a cavallo tra gli anni ‘50 e ‘60, innovò profondamente il cinema horror, regalandoci attori/personaggi iconici come i Dracula di Christopher Lee e Peter Cushing.

Francesco “Ciccio” Capozzi