Le statue della verità

Statua Ferdinando II- Messina-particolare
MESSINA – Con l’invasione del Regno delle Due Sicilie da parte dei piemontesi, che avvenne senza una dichiarazione di guerra e in spregio a tutte le leggi internazionali e umanitarie, la toponomastica delle città venne cambiata e furono ribattezzati tutti i monumenti e le opere pubbliche preesistenti; si sovrapposero ai nomi originari quelli risorgimentali, che poco avevano da vedere con i territori occupati.
Restano tuttavia, testimonianza indelebile del  periodo Borbonico, tutte quelle opere, mascherate con denominazioni per molti inspiegabili, quali gioielli di architettura, segno dell’identità del popolo duosiciliano.
La distruzione delle tracce borboniche operò specialmente sulle statue dei legittimi sovrani, principale obiettivo della sistematica cancellazione del passato; il fatto che fossero opere di grandi maestri del Neoclassicismo e che di conseguenza rappresentassero un patrimonio artistico di inestimabile valore, non fermò la mano della dinastia sabauda.
I busti e le statue dei Sovrani Borbonici infatti subirono la sorte peggiore, venendo brutalmente vandalizzate quando non distrutte o, nei casi più fortunati, rimosse per sottrarle alla vista dei cittadini.
Raro esempio di sopravvivenza allo scempio, si trova a Messina dove, nell’indifferenza generale, è possibile ancora ammirare due magnifiche statue: una di Carlo III e l’altra di Ferdinando II, monumenti che hanno avuto una storia travagliata e piuttosto singolare.
In origine nella città peloritana erano presenti quattro sculture raffiguranti Carlo III, Ferdinando I, Francesco I e Ferdinando II;  le 4 opere d’arte andarono distrutte una prima volta durante i moti del 1848, ma poi vennero nuovamente posizionate.
Le statue di Ferdinando I e Francesco I furono ancora abbattute nel 1860, in seguito all’arrivo di Garibaldi, mentre le sculture di Carlo III e Ferdinando II, vennero miracolosamente salvate e messe al sicuro, per poi essere restituite alla città nel 1973, posizionandole rispettivamente, in piazza Cavallotti e – ironia del destino – in via Garibaldi.
La statua di Ferdinando II scolpita nel 1839, su commissione del Decurionato messinese,  da Pietro Tenerani (1789-1869) – uno dei più celebri scultori italiani dei primi anni dell’800, nativo di Carrara e allievo di Bertel Thorvaldsen, scultore danese che insieme al Canova caratterizzò la scultura dell’800. L’effigie del sovrano era stata progettata in marmo ma poi fu realizzata in bronzo a Monaco di Baviera.
Venne collocata in Piazza Duomo il 30 maggio 1845, celebrata entusiasticamente dalla popolazione che nutriva grandi speranze sull’operato di quel sovrano.
Il monumento raffigurava il re in piedi con indosso l’uniforme dei Dragoni e un grande mantello sulle spalle; la mano sinistra era sull’elsa della spada, mentre la destra nell’atto di offrire alcuni diplomi.
I messinesi furono fieri di ricevere una statua eseguita da un’artista tanto celebre. Ciò nonostante, la statua non sfuggì ai moti del 1847-48 e all’alba del 3 giugno 1847, nel giorno della festa cittadina della Madonna della Lettera, apparve con le orecchie tappate da bambagia e una benda agli occhi: una satira pungente che fece il giro della penisola italica.
Come se non bastasse, nella notte del 21 marzo 1848, il capolavoro bronzeo, venne addirittura fuso per farne dei mortai.
Dopo che il 15 maggio del 1849 le truppe borboniche – al comando del generale Filangieri – entrarono a Palermo ponendo fine alla rivoluzione siciliana, il Decurionato di Messina il 20 novembre 1852 deliberò il rifacimento delle statue dei re Borbone andate impietosamente distrutte.
Per quanto attiene in particolare alla statua di Ferdinando II, l’opera venne ancora affidata al Tenerani. La nuova scultura venne realizzata a Roma nel 1856 ed inaugurata nel dicembre del 1857 alla presenza delle autorità sul lato ovest di piazza Municipio, nello stesso luogo che, fino al 1848, aveva ospitato la statua di Ferdinando I dello scultore Nicolò Mancuso.
Ferdinando II nella seconda statua, non compare più in divisa ma è raffigurato nell’abito cerimoniale di Gran Maestro dell’Ordine di San Gennaro, con la mano destra sollevata e la sinistra vicina al fianco da cui pende la spada, e sembra quasi voler parlare ai suoi sudditi.Statua Ferdinando II- Messina
La meravigliosa statua in bronzo, fusa a Monaco di Baviera, è ricca di dettagli, particolarmente nei bei ricami del mantello, nelle rifiniture della giacca aperta sul panciotto, e nel volto pacato e gli occhi pieni di gloria del sovrano.
Con l’unione d’Italia il monumento venne però rimosso ma risparmiato perché considerato pregevole opera d’arte; fu conservato in una sala dell’Università.
L’Università di Messina venne riaperta nel 1838 proprio da Ferdinando II, dopo quasi 150 anni di blocco imposto dagli Spagnoli per la rivoluzione del 1674; la statua vi rimase fino al suo “trasloco” al Museo Nazionale, avvenuto dopo il terremoto del 1908.
In questa occasione un’epigrafe dettata da Angelo Pugliesi Allegra fu posta sul basamento del monumento, ma poi andò perduta insieme al piedistallo.
Nel 1973 l’opera d’arte venne riconsegnata al Comune di Messina e collocata nell’attuale posizione, tra magnolie e giganteschi pini, nei giardini di fronte alla passeggiata a mare.
Ironia della sorte, è “circondata” da Via Garibaldi, Via Vittorio Emanuele, Corso Cavour e Piazza Unità d’Italia.
Quanto alla scultura di Carlo III, la prima, opera in bronzo del 1757 del messinese Giuseppe Buceti, fu costruita su bozzetto di Jean Jacques Caffièri, su basamento del Vanvitelli; era stata ricavata dalla fusione della statua dell’Imperatore Carlo VI d’Austria.
Il monumento venne danneggiato dal terremoto del 1783 e risistemato poco dopo grazie all’intervento promosso dal generale Giovanni Danero.
L’attuale statua è stata invece scolpita a Roma dal messinese Saro Zagari, allievo del Tenerani, e fu l’ultima delle quattro opere d’arte ad essere completata e sistemata agli inizi del 1860 nel quartiere San Leone accanto alla fontana del Nettuno sul porto.
Quello stesso anno vennero nuovamente distrutte dai garibaldini le statue di Francesco I e Ferdinando I, mentre, fortunatamente, le altre due statue, quella di Ferdinando II e Carlo III, furono, come già accennato, poste in salvo, per ordine del Generale Medici e del sindaco dell’epoca, sistemandole nell’allora Museo Civico Peloritano e, successivamente, nella filanda Mellinghof, trasformata poi in Museo Nazionale.
Nel 1973 anche la statua di Carlo III venne restituita alla città e collocata sul suo basamento originale in un’aiuola di piazza Cavallotti, in via I Settembre.
Il giovane sovrano è raffigurato in abiti regali ricchi di dettagli e guarda verso il basso. Il piedistallo è di forma cilindrica e presenta una decorazione a festoni molto gradevole in stile neoclassico.
Statua Carlo III- Messina
Oggi le tracce borboniche, con il risveglio identitario, ritornano all’ammirazione dei cittadini in vari paesi e comunità di tutta quella parte dello “stivale” al di qua del Tronto, a testimonianza di un’appartenenza a quello che fu il più grande e prospero Stato che la penisola abbia mai conosciuto.
E questo proprio non può essere cancellato!
(Foto by Maurizio Vitale)

Maurizio Vitale