Il capitale

  • Post author:
  • Post category:Economia


Dieci anni or sono circa, è stata introdotta la tassazione sul magazzino, rendendolo, di fatto, un costo per le aziende.
Tale imposta è dovuta al crescente bisogno di liquidità dell’Erario, con lo scopo di fare fronte all’aumento smisurato della spesa pubblica.
Lo Stato deve pagare agli investitori, che lo sostengono da quarant’anni, degli interessi che come tarli del legno pian piano  lo consumano dall’interno, senza fare gran rumore, solo un po’ di polvere ma tanto danno.
La tassa sulle merci in deposito ha fatto sì che il magazzino diventasse un costo, e pertanto, tutte le ditte rifuggono da quello che prima era il bene rifugio, la sicurezza, la solidità delle stesse.
Le banche, i prestatori di denaro, si basavano soprattutto sull’opulenza delle merci immagazzinate per dare credito alle ditte che chiedevano sostegno finanziario.
Dobbiamo considerare che non è il singolo con le sue proprietà a garantire il valore intrinseco di uno Stato, bensì è tutto l’intero complesso di cittadini ed istituzioni a garantirne il valore.
Tassare pertanto la merce in magazzino è stata una delle iniquità più eclatanti che i politicanti degli ultimi anni, sempre gli stessi, hanno messo in opera: oggi il magazzino è un costo insostenibile.
Il suo valore è stato tramutato in denaro liquido, dissolvibile, intassabile, invisibile; in sostanza è in mano a pochi, facilmente esportabile all’estero in forma non tracciabile. Questo sistema ha provocato un’emorragia di capitali che sta impoverendo tutta la Nazione.
Oggi le banche non avendo più nessun riferimento pratico di valore si basano solo sugli utili o sulle rendite finanziarie che danno la forma del rating cui ci hanno condannato, senz’altro onore, né gloria, solo numeri, non più uomini.
La soluzione a mio parere del problema sarebbe la seguente.
Essendo l’Italia una nazione, quindi un conglomerato di singoli individui sotto un’unica bandiera, si dovrebbe considerare il capitale privato come un bene di pubblica utilità.
Utilizzare una parte dei capitali accumulati da pochi, assieme ad uno sforzo finanziario di tutti i cittadini, in base alle loro possibilità, per sanare il debito pubblico, e fermare lo stillicidio che gli interessi sullo stesso stanno provocando alla nazione intera.
Si debbono fermare le delocalizzazioni delle fabbriche all’estero e le cessioni delle aziende di valore, vergogna nazionale; far ritornare in patria il denaro rifugiato all’estero affinché sia investito in modo produttivo nelle aziende nazionali e così creare lavoro; smetterla di pensare che commissariando fabbriche produttive – come  ILVA e tante altre – si possano risolvere  tanto i problemi ambientali, quanto quelli economici.
Succede invece il contrario, come i fatti dimostrano: il commissariamento serve solamente a produrre benefici per commissari e loro sottoposti, avvocati, amministratori e manager, che in pochi anni impoveriscono talmente le aziende da portarle al fallimento.
Di contro, la politica faccia pulizia burocratica in casa propria ed elimini il marcio che la contraddistingue, pensando di più al bene nazionale e meno al proprio tornaconto personale.
In definitiva, senza 100 mld d’interessi che dobbiamo pagare l’anno, causa della vera inflazione che ha concretamente caratterizzato gli ultimi quarant’anni, vi sarà la rinascita del Paese e la diffusione del benessere per ogni singolo.
Con questo non si vuol creare un nuovo stato social comunista, ma un vero stato democraticamente governato.
Così la penso io.

Gilberto Frigo, l’uomo del nord