Io parlo porno, e tu?

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Mi capita spesso sulla mia homepage di Facebook di vedere pubblicato da account di giornali o di altri utenti che sono tra i miei contatti, link, foto, articoli, o semplici frasi, che si esprimono in un linguaggio pornografico.
La pornografia (dal greco πόρνη, porne, “prostituta” e γραφή, graphè, “disegno” e “scritto, documento” e, quindi, letteralmente “scrivere riguardo” o “disegnare” prostitute) è la raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali, in genere ritenuti osceni, effettuata in diverse forme: letteraria, pittorica, cinematografica, fotografica.
Quando ero ragazzino, mi ricordo che alcune immagini porno erano relegate in angolino in basso sui lati di una qualsiasi edicola di giornali.
Col tempo queste immagini hanno invaso sempre di più tutto lo spazio espositivo dell’edicola, e ogni giornale, ogni rivista o libro, di qualsiasi argomento tratta, in qualsiasi posizione delle vetrine dell’edicola, oggi contiene in modo esplicito o implicito una immagine fotografica o verbale che rimanda al sesso o a parti del corpo umano, in particolare femminile.
Non sono mai stato un moralista o un bacchettone, qui voglio sottolineare il degrado del linguaggio che stiamo vivendo da ormai circa un ventennio e che le nuove generazioni sono continuamente bombardate da messaggi che pongono due aspetti della vita tra i più importanti: il sesso e la violenza.
Quest’uso eccessivo della immagine pornografica sembra quasi la manifestazione di una mancanza di argomenti per solleticare la fantasia della gente, e quindi la cosa più facile sembra essere quella della stimolazione della sfera erotica, tante volte associata alla violenza.
Nella televisione, ad esempio, pur esistendo una fascia oraria protetta, all’interno delle migliaia di canali che un minore ha a disposizione tutto il giorno, ci sono delle serie tv, telefilm per ragazzi, e anche notiziari e programmi di satira o di “approfondimento”  dove il linguaggio non fa altro che richiamare questi due aspetti, sesso e violenza, come fondamentali e il messaggio che ne viene fuori è: «Se non parli come me e, quindi, non vivi come me sei out, sei fuori » 
Queste manifestazioni si sono moltiplicate all’ennesima potenza con i nuovi sistemi di comunicazione, via web.
La grande disponibilità di pubblico e l’economicità del mezzo, rendono Internet un mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali a contenuto pornografico.
Di fatto, con l’avvento di internet, soprattutto, per la diffusione di sistemi quali il file sharing (condivisione di file) e video sharing (condivisione di video), la pornografia è divenuta immediatamente e anonimamente disponibile ovunque e per chiunque.
L’ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma espressiva, dall’altro ha agevolato l’esplosione o larghissima diffusione di fenomeni quali il genere “amatoriale”, consistente nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico che ritraggono persone comuni – spesso gli stessi soggetti autori del prodotto.
Prodotti sempre più spinti e con un linguaggio, visivo o verbale sempre più volgare e paradossale.
Stiamo assistendo, sembra impotenti,  ad una incredibile degradazione del linguaggio. Perché tutto sembra essere vissuto “normale” da tutti.
Invece stiamo vivendo una progressiva  pornografizzazione (pornographication) della società.  Termine col quale si vuole intendere una progressiva e apparentemente inarrestabile contaminazione di linguaggio che consente, ad esempio, alle pornostar, fino a poco tempo fa conosciute solo in alcuni ambienti chiusi, di diventare popolari e di avere milioni di fans, persone comuni, come adolescenti o adulti dalla vita “normale” di registrare, pubblicare e condividere online le loro prodezze amatorie col telefonino.
Agli adulti è permesso rivolgersi a dei minorenni con un linguaggio inedito, caratterizzato dalla volgarità, uomini e donne che rivestono cariche pubbliche molto importanti che fanno del sesso ostentato uno dei vanti del loro pubblico successo.
Si è ormai omologato e massificato un comportamento linguistico deviato e malato, e la cosa più terribile in questa trasformazione del linguaggio è che chi ne fa uso è convinto di usare determinati argomenti, immagini, segni linguistici, perché è fuori da ogni logica di omologazione e massificazione.
Quando ero ragazzino mi ricordo che alcune immagini porno erano relegate in angolino in basso sui lati di una qualsiasi edicola: già all’epoca non accettavo quelle immagini, quelle immagini di corpi venduti per stimolare la fantasia e  soddisfare il piacere erotico di un osservatore guardone.
Non le accettavo così come adesso non le accetto.
Ma forse sono vecchio, forse sono sempre stato vecchio, anche da giovane.

Mario Scippa