Bruce Lee, il Tempio


20 luglio 1973: a Kowloon muore a 33 anni Brucee Lee, probabilmente stroncato da un edema cerebrale.
Sono passati 40 anni, ma il re delle arti marziali rimane vivo nell’immaginario collettivo.
Come sempre in questi giorni si sono ripetuti gli eventi commemorativi: riproposti tutti i suoi film, programmi sui vari canali televisivi, articoli sui giornali, a Los Angeles dove è stata scoperta un’ enorme statua dell’attore cinese.
Per la Cina incarna l’orgoglio nazionale; sebbene nato nella Chinatown di San Francisco il 27 novembre 1940 da genitori originari di Hong Kong, tornò poi a Kowloon all’epoca in cui era ancora protettorato inglese per viverci con la sua famiglia fino a tarda adolescenza.
L’America invece lo vede come eroe delle battaglie per l’integrazione razziale e il campione di un mito del corpo che ha ispirato a Hollywood personaggi come quelli interpretati da Schwarzenegger, Stallone fino naturalmente a Chuck Norris a e Steven Seagal.
Migliaia i suoi fan in tutto il mondo; tra i più famosi il geniale regista Quentin Tarantino, ispirato da Bruce in alcune scene del suo fil “Kill Bill”.
Di lui si ricorda la forza e l’abilità, la filosofia del corpo e le arti orientali, ma al di là di questo la leggenda di Bruce Lee rimane ancora viva per l’etica, per la tolleranza e bontà dei suoi personaggi che interpretava e che rispecchiavano il suo vero modo di essere.
È soprattutto questo aspetto che tiene a sottolineare Lo Speaker ; vuol ricordare questo ragazzo che non invecchierà mai, un po’ scapestrato nell’adolescenza – tanto che  dopo vari coinvolgimenti in risse furono i suoi genitori che lo indirizzarono verso le arti marziali – come uomo, legato alla famiglia, stressato dalla troppa notorietà, filosofo della forma fisica.
Figlio d’arte, non eccelse nella performing art ma seppe dare il meglio di sé sul set, dove espresse la sua personalità eclettica e un po’ guascone.
Bruce praticò praticamente tutte le arti, sviluppando però uno stile tutto personale, quasi una danza: dal tai chi allo judo, dal karate fino alla boxe e alla pratica del nunchaku, di cui imparò l’uso in soli tre mesi e che contribuì a rendere popolare.
Certo, rimane ancora il suo mito di uomo giovane che muore, un dramma su cui tanti hanno voluto creare un’aura misteriosa.
Un’ombra drammatica che permane sulla sua famiglia: il figlio maschio Brandon, che aveva intrapreso anch’egli la carriera di attore, vent’anni dopo morì sul set in un inspiegabile e mai chiarito incidente.
Brandon venne ucciso mentre girava una scena dove venne colpito da un colpo di pistola che naturalmente doveva essere caricata a salve e che invece non lo era.
Lo Speaker vorrebbe invece che Bruce Lee smettesse di essere mito e leggenda, vorrebbe piuttosto che il suo ricordo continuasse a vivere come Tempio di purezza e forza, un esempio per tanti giovani.
(Foto: web)