Stanley Kubrik e l’Apollo 11

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In quel marzo 1978 Stanley Kubrick uscì dal cinema “Odeon” di Southampton incazzato nero.
Vi si era recato in incognito, per non farsi riconoscere, lui che aveva idiosincrasia di essere contattato in mezzo alla gente.
Ma era pervaso da un’ira così totale e distruttiva  che aveva perso ogni prudenza: quasi da solo blaterava e gesticolava, dimenticando che non voleva farsi riconoscere.
Era stato un crescendo per tutta la durata del film: ed era esplosa incontenibile all’uscita.
E, per sua fortuna nessun o si rese conto che quello scalmanato che parlava da solo, con toni eccitati e talvolta quasi urlati, e gesticolava, era il Maestro del Cinema Stanley Kubrick, benché il suo ultimo, raffinatissimo film “Barry Lindon” (1975) non avesse avuto il successo di altri suoi capolavori.
Anzi: se avesse avuto un aggeggio letale avrebbe infierito contro il primo malcapitato, non potendo prendersela con le figure sullo schermo; ma nemmeno con gli autori che si beavano di questo successo dall’altra parte dell’Atlantico, ragionevolmente al sicuro da lui.
Si proiettava il film “CapricornOne” di Peter Hyams, USA ‘78, in cui si afferma che tutta l’impresa dell’Apollo 11, è stato un fallimento e l’allunaggio costruito in studio, ancora in Prima Visione.
I peggiori timori che aveva manifestato al Primo dei Men-In-Black, il capoccia di tutti, si era realizzato davanti ai suoi occhi esterrefatti: il Re è Nudo! Minchioni! Vi siete fatti scoprire!
E lui gliel’aveva detto, prima d’imbarcarsi nell’impresa vera  e propria! Guardate, aveva detto, sforzandosi di restare essere lucido davanti alle minacce di mettere su delle campagne di diffamazione sul suo presunto comunismo (per l’antimilitarismo di “Orizzonti di gloria”, 57), blandizie, offerte di soldi, elogi sperticati, attestazioni, in giro si sta dicendo che il Progetto aveva delle falle: dichiaratelo e amen.
Si vedeva che erano con l’acqua alla gola: non avrebbero potuto farlo, si capiva, perché troppo grossi gli interessi d’immagine: il Presidente Carternon l’avrebbe sopportato e tutti alla NASA ne sarebbero stati travolti; e siccome anche la potente NSA (National Security Agency), da poco massicciamente rifinanziata, vi era coinvolta per il controllo che avrebbe dovuto esercitare, ecco che la gestione della “Via d’uscita” li vedeva presenti, con fondi e capacità decisionali adeguate.
Però, l’argomento che l’aveva definitivamente convinto erano i soldi: tanti, davvero tanti.
E lui poteva finalmente fare a meno completamente degli odiati Producer senz’anima di Hollywood: i film se li poteva produrre da solo, e il controllo artistico e produttivo sarebbe stato totale.
Questo solo pensiero gli aveva fatto venire l’acquolina in bocca, e aveva vinto tutte le altre, pur fondate, obiezioni: sue e di sua moglie Susanne Christian, che non aveva mai avuto fiducia in quegli uomini che si erano presentati con fare arrogante e truffaldino.
«Stan – diceva col solito realismo intelligente – è gente che si è presentata in modi arroganti, si nutre di sfiducia: e tu non puoi accordare loro fiducia, sarebbe da ingenui; se ci sarà qualche problema ti stritoleranno: l’affare è troppo grosso».
Effettivamente, la Cosa, lui così la chiamava, perché solo a dirlo anche solo a se stesso ne tremava sempre un po’, che gli avevano proposto, era davvero grossa.
E solo per fargli la proposta si era dovuto sobbarcare interi faldoni di carte da firmare, il cui senso ultimo era: «Se solo fiati sull’argomento ti friggiamo, a te, i tuoi e i tuoi miserabili film», ciò era detto con enfasi silenziosa e minacciosa.
Questo prima ancora di « … dire cosa c’era da fare».
Poi la botta: «Filmare qui, da qualche parte, la discesa dell’Apollo 11 come  se fosse avvenuta sulla Luna».
La prima reazione fu una risata. Aveva pensato a una “Candid Camera”, con le videocamere nascoste. Ma quelli niente; lasciarono passare un po’ di tempo e ritornarono alla carica: anche irritati.
Stanley capì ben presto che quella era una lucida follia; ancora più tale, perché ora diveniva realtà.
E loro subito a presentare gli schizzi di story-board cui dovevano attenersi: si era conto che era tutto reale, tremendamente reale; ma falso e vero, come il cinema.
«Ma perché a me? Perché non avete pensato ad altri più affidabili?»
I Men-In-Black lo guardarono con commiserazione: l’espressione della faccia per dire: «E secondo te non c’avevamo pensato che sei quello scassaminchia che sei! »; le labbra per dire invece: «La visione di “2001 Odissea nello spazio”,68, ci ha definitivamente convinti che lei è quello giusto».
Era implicito un grande, riluttante complimento: ma Susanne non si lasciò abbindolare, e li liquidò con spicce parole: «Embè? C’era bisogno di quegli automi ipertestoteronici e pieni di sé per sapere cose che tutti sanno? Che tu sei l’unico a poter progettare e portare a termine un’operazione del genere? E certo che è così!»
E così nel deserto dell’Arizona, in una zona militare delimitata e rigorosamente off limit, anche interdetta ai voli civili, segnata da cartelli di pericolo da radiazioni (si era perfino fatto arrivare alla stampa la panzana di uno scoppio radioattivo), si realizzò il set più segreto dell’intera storia del cinema.
L’allunaggio del 20 luglio 69 che segnò l‘inizio dell’era spaziale, fu costruito con un realismo e una verisimiglianza che impressionò tutti i miliardi di spettatori che in contemporanea diretta mondiale tv, si entusiasmarono per quegli improvvisati attori, che per avevano mosso per primi nella storia dell’umanità,  i loro passi sulla Luna: Armstrong e Collins, che divennero degli eroi nazionali.
Kubrick si compiacque per il successo, ma non poté dirlo a nessuno, pena …
Ma ora quel B Movie, un film non infame ma niente di che, aveva svelato tutto! Aveva detto all’interno di un impeccabile, solito intreccio hollywoodiano, esattamente!, ciò che era avvenuto.
Appena saputo del film, aveva cercato di contattare i suoi riferimenti all’Agenzia: ma tutti si negarono; e intanto la moglie lo guardava con un odioso sorrisino di sarcasmo stampato sulla faccia: tanto più odioso perché non profferiva verbo.
Ma lui la sua vendetta se la sarebbe presa …
Secondo un documentario attualmente in circolazione in USA, “Room 237” di Rodney Ascher, il successivo capolavoro “Shining” (1980), sarebbe pieno di riferimenti, alcuni chiari altri criptici, all’’impresa dell’Apollo 11.
E la storia per cui sarebbe stato Kubrick a “costruire” il finto allunaggio è sempre circolata nell’anti-cultura “complottistica” Usa.
Il film dell’80 ne sarebbe un’indiretta conferma.
(Foto: web)

Francesco “Ciccio” Capozzi