Il film: “La guerra è dichiarata”

Juliette e Roméo sono giovani e innamorati. La malattia del figlio Adam porterà degli sconvolgimenti nelle loro esistenze. Presentato a Cannes 2011, il film (FRA, ‘11), non ha avuto le attenzioni che meritava e che ora, grazie ad un incessante effetto passa-parola, sta avendo.
Lo vediamo in Italia grazie alla coraggiosa “Sacher  Film” di Nanni Moretti.
Il calvario dei due nella malattia del figlio, ci è esposto  con la crudezza, il nitore narrativo di un documentario; ma anche con la capacità geniale di non avere paura del melodramma. Addirittura gli autori hanno il coraggio e la forza stilistica di richiamarne la valenza narrativa, esibendosi in un duetto dolcissimo e commovente, che arriva sull’onda della forte partecipazione alla sofferenza dei due.                                                                                  Ne è regista e cosceneggiatrice Valérie Donzelli, insieme al marito, nella vita e nella finzione, Jérémie Elkaìm, anche coordinatore delle musiche, oltre che, entrambi, attori protagonisti.
Il film ricorda il cinema tardo-mélò del regista Paul Vecchiali, per questa capacità di contaminare i generi. Il desiderio di rendere pubblico il loro calvario, documentato da un diario, ha sicuramente il valore di un esorcismo, di fronte alla terribilità dell’esperienza, una volta che essa è stata felicemente superata; ma qualifica anche il loro cinema di ricerca esistenziale.
In questo senso, la regista mostra una ben caratterizzata personalità autorale; non a caso la sua opera  in Francia è molto sponsorizzata dai Cahiers du Cinéma, la più prestigiosa ( e snob) rivista di cinema.                                                                                       Nonostante qualche sbavatura nella direzione del contorno familiare, il film si regge perché pone al suo centro il rapporto dei due con la malattia e i suoi percorsi di interiorizzazione: c’è un raro e sottile equilibrio tra la ripresa fotografica di Sébastien Buchmann, di (apparente) algore sui fatti, e le reazioni che innesca.
Francesco “Ciccio” Capozzi