Lo studioso teosofo e rosicruciano napoletano Paolo De Pascalis in compagnia della bellissima giovane Carmela Cafiero di Procida, sbarcano nel porticciolo dell’isola a fine luglio dell’anno di grazia 2014, a Marina grande, sostando a piazza dei Martiri, dove c’è la targa del 1863 in ricordo dei 12 martiri giacobini procidani giustiziati dal Regio tribunale speciale borbonico, giudice Vincenzo Speciale, il 25 aprile 1799.
Vi sono riportati i nomi dei repubblicani che in quella piazza avevano alzato l’albero della libertà il 29 gennaio e issata la bandiera rossa, bianca e blu, il tricolore che sventolò dal 9 febbraio sugli spalti di Castel San Michele di Terra Murata, il punto più alto dell’isola, a 90 m s.l.m.
12 procidani formarono il municipio o decurionato repubblicano dell’isola da quel giorno fino all’occupazione inglese, quando 200 soldati svizzeri sbarcarono al comando del colonnello borbonico Tschudy; rinchiusi in Castel San Michele, vennero giustiziati in piazza e seppelliti tutti nella vicina chiesa di Santa Maria delle Grazie.
La coppia di visitatori gira per l’isola calma e tranquilla, che ha conservato la propria identità rispetto alla turistica Capri e alla vivace Ischia.
Procida, immersa in una rigogliosa vegetazione che si riflette nell’azzurrissimo mare pescoso; tra il silenzio delle sue strade e piazze spiccano le case colorate di stile vagamente orientale …
I due si fermano alla Chiaiolella, la famosa spiaggia vulcanica, dove nel settecento le famiglie dei pescatori costruivano le polacche procidane, navi mercantili che imbarcavano 30 uomini di equipaggio, capaci di attraversare l’oceano Atlantico e raggiungere l’America.
Paolo e Carmela poi proseguono passando il solitario ponte di Terra Murata arrivando alla chiesa di San Michele e al Castello, l’antico forte locale e poi ergastolo borbonico, che ebbe governatori militari famosi, tra cui don Leone Di Iorio, tenente d’artiglieria litoranea nel 1743, barone di San Barbato e don Michele De Curtis marchese di Somma Vesuviana, antenato del celebre Totò.
De Curtis fu in carica come Regio governatore di Procida, dove da capitano d’artiglieria che ricevette in visita Ferdinando IV e Maria Carolina. Il re fu tanto ben accolto dai procidani che decise di emanare il Regio decreto del 6 giugno 1792, elevando l’isola a Real Isola di Procida, tra le ovazioni del popolo e il lancio in aria del cappello per tre volte da parte di De Curtis al grido di Viv’o Rre!.
Inoltre elargì sussidi ai pescatori e ai marinai; fece persino sposare una bella ragazza povera del posto con l’ufficiale don Leone Di Iorio, e lo insignì del titolo di nobile per sé e per il ramo della sua famiglia di Ischia.
Anche il padre di Ferdinando, Carlo III di Borbone, tanti anni prima era stato ammaliato dalla bellissima isola quando sbarcò a Procida con la regina Maria Amalia di Sassonia – originalmente abbigliata da uomo, in pantaloni – per impiantare la riserva da caccia dei fagiani nel vicino isolotto di Vivara, già riserva naturale di uccelli: lo fece unire all’isola da un piccolo ponte. Inoltre fece rinforzare le artiglierie del forte per fronteggiare i tentativi di sbarco dei barbareschi, dopo che avevano tentato di catturare al largo lo stesso re Carlo.
Alcune famiglie procidane rimasero però sempre fedeli e grate ai Borbone anche nel 1799, come i de Iorio da Procida, che vivevano nel palazzo comitale di Terra Murata, dimora eretta nel 1582 per volere degli allora feudatari dell’isola, i d’Avalos, dignità che conservarono fino al 1743, quando Carlo III rese l’isola città e libero demanio regio.
I de Iorio discendevano dai conti Iorio di Sant’Anastasia, di cui si ha notizia dal 1081; distaccatosi un ramo come de Iorio a Procida nel 1582, furono dapprima avvocati, amministratori e intendenti dei beni dei principi d’Avalos, che a loro volta erano subentrati ai da Procida (1210-1239) e ai de Cossa (1239-1529).
In tempi remoti l’isola di Procida fu popolata dai Greci Eubei di Ischia, visitata dagli Etruschi, conquistata dai Greci di Agrigento nel 476 a.C. e infine dai Romani.
Carmela Cafiero indica orgogliosa dell’antica storia della sua isola a Paolo De Pascalis le targhe commemorative dell’illustre procidano Antonio Scialoia, scrittore e uomo politico risorgimentale, senatore del Regno d’Italia, e di suo figlio Vittorio, famoso scrittore, romanista e ministro.
Poi i due amici decidono di completare la visita con un romantico giro in barca intorno all’isola per ammirare guardando le spiagge e le grotte naturali che si aprono lungo la scogliera.
Carmela racconta a Paolo la storia di Graziella, giovane corallara figlia di pescatori, che lasciò il suo fidanzato quando s’innamorò di un bell’ufficiale napoleonico, durante la riconquista murattiana di Procida del 1808.
L’ufficiale partì per la spedizione in Russia del 1812, e morì in battaglia; appena apprese la notizia, Graziella salì fin sopra Terra Murata e pose fine alla sua vita gettandosi in mare dall’alto.
Il mito di Graziella ispirò l’omonimo romanzo allo scrittore francese Alphonse de Lamartine quando visitò Procida nel 1861, suggestionato forse, in un tramonto lontano, dalla visione della bella corallara ferma sugli scogli ad aspettare invano il ritorno del suo amato …
Ancora oggi la leggenda vuole che al tramonto Graziella ritorni su quegli scogli, simbolo di una passione che non si è mai spenta …
La stessa passione che prende Carmela e Paolo, complice questa magica isola del golfo di Napoli, Procida, isola cara anche ad Elsa Morante, che vi ambientò il suo romanzo L’Isola di Arturo, set di tanti film come Plein Soleil, Il talento di mr. Ripley, Detenuto in attesa di giudizio, lo sceneggiato Francesca e Nunziata, La supertestimone e l’indimenticabile Il Postino …
Michele di Iorio