Quando i passati governi e le passate amministrazioni individuarono nella discarica di Chiaiano una delle aree per lo stoccaggio dei rifiuti napoletani, la gente del posto insorse, vi furono manifestazioni ma ci furono anche dei veri e propri momenti di guerriglia urbana e dove, chi vi partecipava, venne tacciato di connivenza mafiosa.
Lo stesso accadde quando la tensione, dopo non molto tempo, si spostò da Marano verso Terzigno e Boscoreale, anche lì, infatti, chi protestava per le discariche, era, secondo la vulgata nazionale, istigato da ingerenze camorristiche.
Come se poi reagire veementemente contro uno stato che t’avvelena e ti usa violenza possa essere considerato camorra.
In effetti, se ben ricordo, le basi storiche della delinquenza organizzata partenopea traggono spunto proprio dalle vicissitudini post unitarie, dove il nuovo ordine delle cose non venne certo visto come un logico fluire degli eventi ma una indiscriminata imposizione straniera, aliena dalla realtà locale, come spesso è lo stato qui da noi, nella colonia meridionale di Partenope.
I camorristi di oggi però sono tutt’altro che gli eroi romantici del brigantaggio o gli stereotipati e bonari energumeni proposti dai film di Mario Merola e anche se c’è chi si ostina ancora a vedere un codice d’onore in questa brutta gente, mi sembra che quei tempi siano passati ma con un unico e costante e lascito, quello del concetto dell’antistato, quello che la camorra rappresenta ancora oggi a Napoli.
Ed è probabilmente questa la base attuale del suo successo presso larghi strati della popolazione, radicata in uno spesso humus di mafiosità congenita e alimentata dall’incoerente e patrigna presenza di uno stato assente nella tutela dei diritti e immanente nell’imposizione dei doveri.
Ma il punto è proprio questo, la camorra esiste, c’è, al contrario di quanto molti sostengono, e allo stato attuale, a prescindere il suo salto di qualità verso la finanza e l’economia, non è comunque giusto conviverci, viste le miserrime condizioni della nostra economia e l’innaturale e amorale persistenza mafiosa sul territorio.
Ultimamente però, la camorra, viene usata un po’ in tutte le salse, quasi fosse un alibi per tutti i mali nostrani.
Non che la suddetta associazione a delinquere non abbia la sua parte in causa nei nostri guai ma incomincia a sembrare che l’inettitudine dei nostri politici e la partigiana disinformazione di taluni giornalisti, voglia sfruttare il più possibile tale scusante ed evitare di fare i conti con la propria coscienza e per non dire con i propri obblighi istituzionali e deontologici, il tutto a scapito di una collettività talvolta sporca quanto i suoi stessi amministratori.
Sta di fatto, che quando gli abitanti di Chiaia hanno protestato per un loro disagio e la protesta è purtroppo degenerata, il sindaco De Magistris non ha saputo dire di meglio che i facinorosi erano spalleggiati della camorra.
Niente di nuovo sotto al sole di Napoli e niente più e niente meno di quello che diceva la precedente amministrazione e l’ultimo governo Berlusconi.
E se ci aggiungiamo i quatto o cinque giorni per risolvere il problema della spazzatura possiamo iniziare il gioco del trova la differenza, che stavolta però non c’è.
E dire che con l’elezione di De Magistris avevamo plaudito il suo coraggio, quello di non schierarsi al fianco di nessuno dei due grandi partiti nazionali e avevamo gioito per la sua, tanto insperata quanto gradita vittoria elettorale, ma poi, niente, come detto prima, niente di nuovo sotto al sole. E questo a prescindere il rifacimento di facciata della città a scapito di una periferia in perenne abbandono.
Che tra i manifestanti di piazza Municipio ci sia stato qualcuno che non amava il sindaco e fosse spalleggiato dall’opposizione, ci può anche stare ma additare con lo spauracchio della camorra, chiunque dissenta è non solo di cattivo gusto ma anche controproducente, perché dopo un affermazione del genere, devono seguire ovviamente le denunce, questo se realmente si posseggono prove a tal riguardo, altrimenti è meglio tacere.
Un annetto fa, il Mattino pubblicò un articolo che sosteneva, che a bruciare sul Somma, a quasi 1000 metri d’altezza (ammesso che lo sapessero!) e lontano da ogni carrozzabile, erano i rifiuti della camorra.
Si diceva questo senza valutare il fatto che costei cerca il guadagno, non la perdita, cerca la tranquillità dell’anonimato, non il clamore mediatico, per cui, perché avrebbe dovuto mandare degli sherpa, carichi di rifiuti speciali, fin sopra Punta Nasone e perché, il mese scorso, a Napoli, come qualche anno fa a Chiaiano e poi a Terzigno avrebbe dovuto confondersi tra quei dimostranti?
Perché mettersi in luce quando avrebbe tranquillamente potuto agire in sordina come ha quasi sempre fatto?
Ciò che sostengo non è il fatto che quanto appena detto non sia possibile ma che vada bene comprovato e che non si confonda il sacro col profano. Nel senso che non bisogna fare il gioco della camorra che è quello attuale di confondere, e confondersi nell’anonimato del perbenismo e del riciclaggio dei suoi lerci affari nell’economia cittadina. Oppure, cosa che rasenta lo squallore più assoluto, quello di vestire i panni dell’agnello della legalità, dell’antiracket, come lo dimostrano i casi di Cercola e Portici.
È molto probabile che nel momento in cui noi cerchiamo il male, là dove non c’è, questo, il cancro camorristico, attua i suoi loschi progetti altrove, nel più completo disinteresse della pubblica opinione e forse anche degli inquirenti, che talvolta seguono direttive più politiche che quelle della logica prassi.
Nel frattempo, la malavita, se la ride, sotto al sole di Napoli.
(Foto: web)
Ciro Teodonno