La grande storia di Cava de’ Tirreni

Chiesa di San FrancescoL’amena e bellissima Città di Cava, nel felice territorio salernitano, è un’oasi ove i secoli e il gentilissimo popolo cavense tramandano le tradizioni, ove la vita è sempre meravigliosa, al di sopra del tempo e dello spazio, al di sopra di emozioni di felicità e di dolore umano.
Cava è un luogo vivibilissima e internazionale in tutti i suoi aspetti: unisce il fascino romantico dell’antico con la dolce razionalità del moderno, con le sue case e gli abitanti, le feste, le tradizioni, coniugando sacro e profano.
Ed ecco la Badia, gioiello benedettino conosciuto in tutto il mondo e le sue chiese, ecco il castello, le contrade, i borghi e le caratteristiche frazioni, il tutto avvolto dall’intrigante atmosfera medievale e rinascimentale delle sue sagre e sfilate in costume.
Il sapore genuino dei suoi cibi, dei dolci, il profumo delle sue angeliche donne, il forte segno lasciato dalla Magna Grecia si sposano con l’eterna presenza di Dio Gesù di Maria Vergine, Dea Madre Celeste.
Poesia e Cultura profonda nelle sue grandi biblioteche, la squadra di calcio, i suoi monasteri avvolgono e accompagnano i turisti in un itinerario profumato di fiori e di erbe aromatiche e officinali, un percorso che trova il suo naturale culmine nella festa civica per eccellenza della Pergamena Bianca, il diploma in bianco concesso da Ferrante I d’Aragona il 4 settembre 1460, e ancora conservato nella fedelissima Città di Cava de’ Tirreni.
La pergamena testimonia la fedeltà dimostrata al sovrano nella battaglia di Sarno e dintorni cui parteciparono 500 militi urbani di Cava che combatterono con gli aragonesi contro i d’Angiò.
La fedelissima Cava de’ Tirreni conservò sempre il suo titolo nel corso dei secoli: nel 1485 fu in armi per il re di Napoli nella Congiura dei Baroni capitanata dal nobile Francesco Coppola di Sarno e così nel 1527 nella battaglia contro gli invasori francesi.
Gli Aragonesi ricompensarono i cavensi con remissioni di tributi e concessioni di privilegi: il comune dal 1497 fu libero da feudalesimi e dalla stessa giurisidizione ecclesiastica della Badia.
Cava fu fedele anche ai Borboni, lottando nel 1799 al fianco dei nocerini, sarnesi, salernitani e cilentani per favorire la riconquista monarchica operata dall’esercito del cardinale Ruffo contro gli invasori francesi e i giacobini della Repubblica napoletana. L’episodio è stato celebrato nell’ottobre 2012 con la visita del duca di Castro Carlo di Borbone, cui nell’occasione venne consegnata una copia della storica pergamena aragonese.
Da diversi anni, la festa folkloristica della Pergamena Bianca cade la prima domenica di luglio; la “Disfida dei Trombonieri” celebra l’evento in maniera spettacolare con figuranti in costumi d’epoca che sfilano per le strade sui ritmi e le musiche delle proprie contrade di appartenenza in una rievocazione storica dell’avvenimento.
Ogni chiesa, ogni contrada o piazza ha la sua storia da raccontare la sua bellezza da regalare: Cava de’ Tirreni, di antichissime origini, sorge nella Campania felice a pochi km da Nocera, Vietri e Salerno in una posizione stupenda, una vera oasi naturale all’ombra delle sue montagne e colline.
Nel 1500 a.C. una tribù di Pelasgi, oriundi dell’Asia minore trapiantati nel Peloponneso, migrarono in diverse ondate vero la vicina Italia popolando Puglia e Sicilia; si fusero con le prime popolazioni cimmeriche che abitavano le spelonche, gli Apuli e i Sicani. Risalirono quindi per mare verso la Campania fino al fiume più grande del sud che chiamarono Saro o Sarno, e fondarono i nuclei urbani, poi villaggi e infine città di Paestum, Stabia, Sarno e Nocera, formando i primi gruppi di popolazioni indigene italiche dei Sarrasti e dei Piceni.
Altri Pelasgi insieme con i greci Eubei, per sfuggire all’invasione di Creta, colonizzarono l’isola di Ischia e nel 1050 le deserte plaghe ove sorgerà Napoli;costruirono ed abitarono le grotte platamoniche nei luoghi attuali del Chiatamone e del Cimitero delle Fontanelle.
A questi primi insediamenti greci in Campania vennero in pace gli Etruschi o Tirreni, che avevano colonizzato Toscana, Emilia Romagna, Umbria e Marche sin dal 1250 a.C., diffondendosi poi nel Lazio, dove fondarono Rume o Roma nel 753 a.C. Arrivarono poi  in Campania, e per loro opera sorsero Volturnia o Castel Volturno, Capua, Acerra, Atella, Nola, e poi intorno al 530 a.c. circa Ercolano.
Dieci anni dopo avanzarono in territorio cilentano, fondando Marcina, un agglomerato di villaggi e borghi minori collegati tra Vietri, Fratte di Salerno e il nucleo primitivo di Cava de’ Tirreni, che nel suo nome conserva ancora il ricordo della fondazione etrusca.
I greci nel 479 a.C. fondarono a loro volta la colonia di Picenza, frammentata in città, villaggi, e borghi tra Salerno e Marcina, lungo il fiume Picentino al Ponte di Cagnano o Pontecagnano; si estendeva ai villaggi alleati di Campagna, Giffoni, Oliveto Citra, Contursi tra i fiumi Sarno, Calore e Sele.
Nel 204 a.C. i Romani del console Cecilio Metello invasero Picenza e la sottomisero; il console stesso fondò il nuovo villaggio di Metelliano sulle rovine di Marcina, l’attuale piana di Cava de’ tirreni.
Nel 774 d.C. Metelliano passò quindi insieme con tutti gli altri villaggi sotto la giurisdizione del Principato longobardo di Salerno.
Sarà il monaco benedettino Emerico a costruire nell’anno 966 una porziuncola sul monte Metelliano: su quella cella fu poi edificata nel 1012 la Badia di Cava, che nel 1025 ricevette dai longobardi molte terre e l’intera Città tranne il castello. Nel 1274 la Biblioteca della Badia già conservava 2000 volumi e manoscritti rarissimi; inoltre aveva la preziosa farmacia speziale.
Invece la presenza dei Francescani a Cava risale all’anno 1581 con la fondazione del loro monastero di San Francesco.
Tra le tante affabulazioni di Cava, dunque, c’è anche questo convento, dove palpita la forza di un uomo semplice, il rettore monaco francescano padre Luigi Petrone, una mente poliedrica pervasa dall’umiltà e dall’amore universale che lo fa accorrere sempre in aiuto dei deboli, degli oppressi, dei bambini, un amore che abbraccia piante, animali, l’aria che respiriamo.
Un ecclesiastico d’altri tempi nello spirito, padre Luigi, ma intraprendente e attuale nell’agire: rilancia in modo sistematico e originale le tradizioni, il turismo, le feste religiose e laiche, l’artigianato, la gastronomia, ridando fiducia e lavoro dove può, pregando, lavorando manualmente. Quando serve arriva anche ad arrabbiarsi, se vede vittime d’ingiustizia i giovani, gli anziani, o chiunque altro.
Don Petrone riesce ad attirare a Cava de’ Tirreni decine di migliaia di visitatori: pullman arrivano continuamente in Città in seguito alle sue iniziative, o attirati dal Botafumeiro, il grande turibolo oscillante nella navata centrale della chiesa, che ha fatto sistemare in San Francesco, ispirato a quello di Santiago de Compostela, ma di dimensioni maggiori.
E la grande storia di Cava de’ Tirreni continua …

Michele Di Iorio