Il 10 agosto 1751 in Napoli, a vicolo del Sole, l’attuale calata Sansevero del quartiere San Lorenzo e Vicaria, traversa a sinistra di via Tribunali, troppo stretta per la folla che vi passa … uno dei vicoli maleodoranti, pieni di topi e scarafaggi, che si snodano tra facciate di palazzi troppo ravvicinate che quasi si toccano … A dispetto del nome il Sole non illumina mai i bassi popolari dei fondaci dal tufo poroso.
Proprio da qui si entra dalla porta maggiore nella glaciale cappella, costruita nel 1590 quale sepolcro gentilizio della famiglia de Sangro, principi di Sansevero, tra poche tombe sontuose fatte rimaneggiare dal 1737 da Raimondo, tra poche lampade votive accese in alto.
Ben 30 giovani lacchè, valletti, palafrenieri, staffieri, domestici, comandati dal maggiordomo francese di casa Sansevero, monsieur Lambert, napoletani, pugliesi, calabresi, lucani, molisani e perfino mori, fedelissimi al misterioso principe De Sangro, tutti armati di pugnale e di bastone, sorvegliano a gruppi l’accesso a Palazzo Sansevero, a piazza San Domenico maggiore, al vicolo del Sole, agli ingressi e al ponticello coperto tra il Palazzo e la vicina Cappella di famiglia.
Ordini precisi: nessun profano o curioso deve spiare o entrare in Cappella; ordini tassativi ma quasi inutili a quell’ora pomeridiana afosa …
12 persone, tra cui due donne giovani, sono tra le tombe gentilizie, attorniati da stuccatori, scultori, scalpellini, muratori, pittori, marmisti e garzoni, diretti da due pittori, l’anziano maestro veneto Antonio Corradini, architetto capo dei lavori e maestro dei bozzetti scultorei in esecuzione nella Cappella e il giovane pittore Giuseppe Sammartino da Napoli, che non vede l’ora di intascare la caparra per il Cristo velato che dovrà eseguire su bozzetto dello stesso Corradini, sotto il controllo diretto del principe Raimondo.
Il principe è scortato da due gentiluomini del suo seguito, l’ingegnere romano Felice Piccinini, precettore di matematica dei suoi figli e direttore del laboratorio alchemico del De Sangro e lo spagnolo don Pedro de Molina da Barcellona – il padre della futura Luisa Sanfelice – giovane maggiore e aiutante di campo di fanteria di linea del reggimento pugliese di Capitanata comandato dallo stesso principe.
Si lavora alacremente per sistemare nel sottostante laboratorio tra le due grandi fornaci o athanor, il marmo che darà vita al Cristo velato, da tirare su con corde e argani lungo la scala di tufo con passamani grandi e scorrevoli di pietra, il cui accesso è al lato alla tomba di Raimondo, costruita nel 1750 dal misterioso pittore Francesco Maria Russo
La tomba più antica è ad angolo retto rispetto a quella del principe, il sepolcro dell’antenato morto nel 1651, il giovane Ferdinando de Sangro, alchimista e poeta dilettante, di cui il nostro Raimondo credeva di esserne la reincarnazione, che viveva a Napoli 120 anni prima.
L’accesso al laboratorio alchemico avveniva mediante una leva situata tra i fregi di marmo di tale sacello.
il resto del gruppo dei dodici guarda incantato la volta della cappella, dove l’affresco del 1749, dello stesso misterioso pittore Francesco Maria Russo, con l’aiuto della strana pittura a rilievo eliosolare di produzione alchemica di don Raimondo, che col suo ingegno aveva anche prodotto un anno dopo il disegno della tomba con i caratteri miniati in marmo,con la colomba dello Spirito Santo inscritta nel delta muratorio a triangolo e non nella classica aureola santa … tra le tombe spesso dietro è effigiata una piramide egizia … in ricordo della loggia di Raimondo, la Rosa d’Ordine Magno, che in anagramma si legge Raimondo de Sangro, come ben sanno i visitatori presenti quel giorno in Cappella.
Oltre Sansevero, i 12 del gruppo di guardia, Piccinini, Corradini, Sammartino, de Molina, sono presenti anche Carlotta de Sangro, la figlia prediletta, e donna Marianna Ardighelli accademica di Francia, don Gennaro Carafa di Roccella, cugino di Raimondo, il principe Sanseverino di Bisignano, altro parente, don Vincenzo Moncada, principe di Calvaruso e colonnello di un reggimento borbonico siciliano, Henry Theodor Tschudy, svizzero di Metz , tenente dei reggimenti svizzeri del re di Napoli, aiutante muratore di Raimondo, e infine Luigi d’Acquino di Caramanico, fratello del principe Francesco, cugino di Raimondo, il futuro altotal guida del giovane Alessandro di Cagliostro.
Dei lacchè faceva parte anche un giovane nobile algerino, il raìs Mohamed Ingnet , nipote del Bey, il governatore islamico di Algeri e Iris, giovane berbera dei Tuareg del regno di Marocco, entrambi affrancati e liberati dalla prigionia delle cave di pietra di Mondragone per la costruenda reggia borbonica di Caserta.
Erano stati fatti prigionieri in quell’anno dalle navi da guerra napoletane di re Carlo di Borbone, al comando del valoroso capitano di fregata don Peppe o meglio Giuseppe Martinez da Barcellona, che restituiva colpo su colpo le rappresaglie e le scorrerie dei pirati algerini, marocchini, tunisini e tripolini sulle coste del Regno di Napoli.
La flotta faceva incursioni sia sul loro territorio che in mare aperto attaccando le feluche armate islamiche, facendo prigionieri e portandoli al re in trofeo come schiavi.
I due giovani mori che erano al servizio di Raimondo erano stati fatti battezzare per suo ordine dal cappellano, don Gennaro Ottone, proprio nella cappella gentilizia; dopo pochi mesi si erano sposati col rito religioso cattolico.
La donna, Iris, era cameriera della bionda principessa Carlotta Caetani, bella e virtuosa moglie di Raimondo; lui, Mohamed , come abbiamo visto era invece lacchè e alchimista, nonché guardia del corpo di Raimondo.
Tra 1763 e 1765 Iris e Mohamed morirono di morte naturale: lei di parto e lui per un tumore al piede.
I loro corpi finirono per essere le cosiddette macchine anatomiche della Cappella Sansevero … “costruite” insieme al medico palermitano don Giuseppe Salerno con l’aiuto della Pietra Filosofale Osiridea scoperta nel 1750 a Napoli.
Eccoli, guardateli … I 12 presenti quel 10 agosto 1751 stanno lavorando intorno a Raimondo sul principio Osirideo dell’Immortalità fisica … I morti non imbalsamati, i morti non morti , che continuano la loro esistenza grazie ad alcune tecniche segrete contenute in certi capitoli del Libro Egizio dei Morti …
Guardando bene tra i dipinti della Cappella Sansevero, tra i marmi radianti di fama immortale attraverso i secoli, si vede una scritta: Francesco Maria Russo, pittore mai esistito … Una scritta che in anagramma si legge Fra Massoni Rusacroce … ovvero il costruttore di cattedrali.
… Ricordate il film V.I.T.R.I.O.L., il codice alchemico che sta per “Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultam Lapidem”, ossia “Visita l’interno della Terra: rettificando troverai una pietra nascosta”.
(Foto by Maurizio Iengo)
Michele Di Iorio