Voglio raccontare in breve una giornata vissuta sulle pendici della montagna d’incanto, il Portule, amata da molti ma sopratutto dal mio amico Giorgio, appassionato sciatore, forza della natura, audace e un po’ spericolato.
Quest’anno la neve è arrivata con un forte ritardo, addirittura in febbraio. Il manto bianco copre tutto come un mantello. Ha uno spessore di tutto riguardo, si parla di cinque, sette metri di neve solida. Ha coperto sassi, canaloni, ghiaioni, quasi tutta la vegetazione. Solo radi ciuffi di pino mugo ed alcuni larici sono riusciti a rimanerne allo scoperto, isole in un mare di placida quiete.
Il vento con la sua forza spira a più di cento km all’ora sulle vette. Non è riuscito a fare la classica onda su tutto il ciglio della montagna. La parte terminale del Lumetto di Portule è stata coperta interamente dalla bianca coltre e forma un cuneo perfetto, che gli sciatori alpinisti sfruttano per involarsi nella ripida discesa.
La sabbia arrivata alla fine di febbraio dal grande e lontano deserto africano ha macchiato di rosso la bianca distesa, formando qua e là delle ombre, come un fantasma.
Il mio amico ha messo gli sci ai piedi fin dai primi fiocchi per raggiungere le cime innevate. Sale spesso durante l’arco dell’anno per controllare se «…le sue terre stanno bene» e trovare la pace interiore, che solo in quota gli riempie il cuore. Tutti i monti appartengono spiritualmente al suo essere, affascinano il suo girovagare, così pure i selvatici abitanti e la natura incontaminata.
Qualche giorno fa, salito con gli sci corredati come sempre dalle pelli di foca, ha scelto di esplorare i canaloni del Portule che volgono verso sud, verso Bocchetta per intenderci, a provare la consistenza della neve e vivere nuove emozioni sui ripidi e difficili pendii.
Stava salendo con la sua solita agilità verso la cima, allorché si è imbattuto in due uccelli selvatici, due splendidi esemplari di Gallo forcello, rifugiati dentro un ciuffo di pino mugo che spuntava dalla neve.
Il Gallo forcello, magnifico volatile, durante l’inverno, in attesa dell’incipiente primavera, sopravvive a mille avversità. Si nutre di corteccia di pino mugo, fili d’erba che trova qua e là negli anfratti rocciosi più riparati. Nelle fredde notti si rifugia dentro un buco, scavato nella neve con gli speroni delle zampe. Si prepara al momento degli amori primaverili, che lo vedranno combattere con altri contendenti per la supremazia della specie.
La coda volta all’insù con la classica forma a forcella, il petto gonfiato a dimostrare la virilità, le ali a mezz’aria a ostentare potenza: un’esibizione, una parata di corteggiamento volta a conquistare ed ammaliare la femmina migliore.
I Tetraoni lo fanno avvicinare fino a quando si sentono scoperti. Spaventati, s’involano con leggerezza.
Giorgio all’istante li imita, si lancia con loro, giù per la ripida e difficoltosa discesa. È uno sciatore forte e temerario. Per alcuni istanti allunga la mano e tocca loro la coda.
I forcelli scivolano a sinistra verso il sottostante bosco di larici, in cerca di un riparo.
Devo fermare un attimo la mente, sognare di essere al posto di Giorgio.
«Sto scendendo veloce con gli sci ai piedi. Davanti a me due meravigliosi Tetraoni, le piume color della notte, bianche sotto le ali a rispecchiare la candida neve. L’occhio bordato dalle caruncole rosso fuoco mi spia. Sono dietro a loro per alcuni metri, addirittura posso toccare con la mano alzata la forcella della coda».
Quale sogno può essere più bello, più esaltante, più emozionante!
Il mio amico scende a valle fino alla strada per poi risalire il pendio di un altro canalone più a monte. Sale, sale, le pelli di foca sotto agli sci gli permettono di avere sicurezza, stabilità sulla neve dalla crosta gelata.
Oggi è stata una giornata speciale, il suo cuore è gonfio di gioia per la breve ed intensa avventura vissuta. Vede poco lontano, sulla immacolata neve, le tracce lasciate dai Galli forcelli e si avvia con circospezione verso un grosso ciuffo di pino mugo.
Crede, immagina, spera di veder ancora il volo meraviglioso, quando improvvisamente ben sette maschi di forcello s’involano come un’unica anima. Il frastuono che ne segue rompe la quiete montana, è uno spettacolo magnifico.
Questa volta non può rincorrerli, involarsi con loro. Si sono diretti verso Bocchetta Portule. Li vede oltrepassare il limite delle rocce e il suo cuore batte ancor più forte per l’immensa felicità.
È stata veramente una giornata fortunata. La sua amata montagna ha voluto regalargli quanto di più bello ed affascinante si possa godere.
Gilberto Frigo, l’uomo del nord