È il martedì grasso del febbraio 1978, sera, tra i vicoli antichi e i nobili palazzi della città di Capua, nel casertano.
Tra la folla che impazza per il Carnevale, il più famoso dopo Viareggio. un gruppo di 18 persone di varie età schiamazza e ride per le strade, con bottiglie di vino e di birra, rimirandosi nei bei costumi carnevaleschi.
Sei giovani donne sono vestite con il domino nero veneziano, tipico delle donne con mascherina nera anche a Capua, e dodici uomini tutti con mantello nero e mascherina nera, in vestito da sera; solo uno ha una mascherina bianca.
Un gruppo apparentemente e vistosamente festoso e un po’ alticcio che si muove tra i lazzi della gente capuana e i carri carnevaleschi che sfilano, attraverso i vicoli che furono un tempo etruschi e poi sanniti e infine medievali,
Fermandosi vicino al Palazzo di Ettore Fieramosca, il cavaliere della famosa disfida di Barletta, il gruppo dei 18 getta via bottiglie di vino e di birra e diventano stranamente tutti seri, cessano risate e schiamazzi di prima, invero più ostentai che spontanei, a quanto pare.
Salgono su quattro auto parcheggiate nel cortile di Palazzo Fieramosca, uscendo velocente da Capua e arrivando in autostrada a Napoli e poi sulla Napoli-Salerno.
Prendono l’uscita di Torre Annunziata con ancora indosso le maschere carnevalesche e deviano per la stradina di Trecase, un tempo detta del Cimitero.
Sono ormai le 23.30; si fermano davanti una villa ottocentesca dagli alti muri di cinta e con un cancello rugginoso sormontato da uno stemma ducale in pietra in parte diruto.
Fra gli alti pini e cipressi della villa,il cancello viene silenziosamente aperto da un custode più silenzioso e ossequioso che mai; le auto entrano dentro e l’uomo apre il portone ligneo della villa, sulla cui facciata è scolpito un gigantesco esagramma risalente al 1885, proprio nel posto dove si usava mettere la solita effigie sacra a protezione delle case; una gigantesca statua di Flora-Cibele originale romana è posta all’ingresso de parco.
La villa costruita nel 1862 e restaurata nel 1885 da un avvocato napoletano nato nel 1832, morto li il 23 novembre 1910, l’avvocato Giustiniano Lebano (foto), garibaldino, patriota, liberale, mecenate, letterato, storico, filosofo e un po’ … alchimista.
La proprietà di Villa Lebano alla morte di Giustiniano passò in eredità all’unica figlia superstite, Silvia, e alla morte di questa al marito, il dottor Giuseppe Cuccurullo, di Torre del Greco, medico condotto di Trecase. nel 1910.
Lebano fu devoto alla Schola napolitana, cara a Giordano Bruno da Nola e a Raimondo de Sangro, che fu maestro del confratello Kremmerz di Portici, morto nel1930 e di Gigante di Torre Annunziata, morto nel 1968, del duca Proto di Torre del Greco, della Blavastsky e dell’inglese Annie Besant, morta 1906, del senatore Pasquale Del Pezzo, insigne professore di matematica all’Università “Federico II” nonché sindaco di Napoli, morto nel1936, di Arduino Anglisani, morto nel1936, studioso di Bari, morto nel 1975, che fu amico di Itzar di Portici, Ciro Formisano, nel 1894 e del principe romano Leone Caetani.
Di Giustiniano Lebano si sa che nel 1910 fu sepolto nella confraternita dei nobili nel Cimitero di Torre Annunziata … ma il suo corpo spari con tutta la toga, come successe ad altri, da Cagliostro a Saint Germain a Vincenzo de Sangro …
… In nome, forse, di una leggendaria rosa croce dell’eterno ritorno sotto altri nomi e in altri corpi in diverse reincarnazioni osiridee successive …
Quel giorno del febbraio 1978 due uomini rimasero a guardia interna del cancello e altri due davanti il portone, tutti in silenzio; gli altri quattordici si diressero al piano terra della villa dove c’era la biblioteca.
Uomini e donne insieme alla luce di candele accese riempirono dei sacchi con 300 dei 5000 volumi e con 66 dei 2033 manoscritti antichi e rari; poi uscirono.
Il gruppo si fermò presso la scalea che portava alle cantine; due uomini si fermarono vicino una grossa anfora romana originale con le candele accese a guardia simbolica, mentre i rimanenti proseguirono per i locali sotterranei dove c’erano degli scranni di tufo, dove anticamente venivano poste le damigiane col vino locale, e si sedettero in silenzio …
L’uomo con la maschera bianca tenne poi un piccolo discorso; infine si alzarono insieme ed insieme percorsero un tratto fino ad arrivare ad una cancellata rugginosa chiusa da un catenaccio ancor più rugginoso.
Fatto saltare facilmente il vecchio lucchetto, varcarono il cancello ed arrivarono agli scavi archeologici romani di Oplonti, dove si tolsero abiti e maschere.
Salirono dunque su un’auto già in attesa nei pressi e rientrarono verso Napoli per la strada antica del Vesuvio.
Gli altri 6 uomini rimasti a Villa Lebano, svestitisi anch’essi, rientrarono a Torre Annunziata per festeggiare l’indomani a Boscoreale la fondazione della Gilda Associativa intitolata a Giustiniano Lebano …
Intanto, da San Sebastiano al Vesuvio, il gruppo dei dodici si fermò in località Volla, già frazione di San Sebastiano e comune a sé dal 1958 e vicino al castello da caccia, risalente al 1090, in frazione Monteoliveto, appartenuto agli antichi marchesi Caracciolo di San Sebastiano e poi ai Caracciolo Rossi fino al 1648.
Il gruppo proseguì a piedi superando le erbacce del cortile e passò davanti l’antico pozzo detto del Cavallo Bianco.
Salì le scale al primo piano nobile, fermandosi vicino un camino antico, tirando fuori dal suo interno un grosso baule di ferro.
Scesero poi nei sotterranei del castello, per poi sbucare nella vicina fattoria degli Schiavi di Volla, ormai disabitata.
Si rimisero in auto salutandosi fraternamente, dopo aver commentato le parole dei 7 libri del manoscritto La Maria del 1896, opera del misterioso Kremmerz di Portici, custodito fino a qualche mese prima in Villa Lebano.
La livella, o grande arcano dei tarocchi della vita, accompagna il segreto di quella passeggiata di Carnevale 1978 tra Capua, Trecase, Oplonti e Volla.
Una lunga giorbata che terminò alle 4.37 del mattino; ricordiamo solo i nomi di quelli tra i protagonisti è ormai passato oltre il velo della materia fisica verso la luce di Dio Vivente Gesù.
Erano lo studioso Eduardo Nappa di Napoli (+1983), lo scrittore Carlo Gentile da Foggia (+1985), Alfonso Del Guercio, pubblicista di Firenze (+ 1986), il filosofo Giovanni Pica da Napoli (+1986), lo studioso romano Vinci Verginelli (+1987), il medico Giuseppe Cuccurullo di Trecase (+1985), il professore Nicola Ariano da Torre Annunziata ( + 1989), lo scrittore napoletano, Giuseppe Del Noce (+1991), lo studioso napoletano Luigi Ciardiello (+1982), Luigi Caracciolo da Salerno (+1994) e il professor Luigi Petriccione da Napoli (+1995).
Tutti del gruppo di amici fraterni del 1978; ad oggi delle sei donne ne sopravvive una sola e dei dodici uomini uno solo, i più giovani.
(Foto: web)
Michele di Iorio