Achille Lauro, ‘o Comandante

Achille LauroI Lauro e i Cafiero, infaticabili lavoratori del mare, da secoli rappresentavano nella penisola sorrentina l’industria armatoriale navale.
Le due famiglie si erano imparentate col matrimonio contratto in piano di sorrento da Gioacchino Lauro con Maria Laura Cafiero il 27 agosto 1877, da cui nacquero 7 figli una numerosa prole: Francesco, Maria Antonia, Antonino, Amelia, Achille, Laura e Mario.
Da una madre severa e un padre rigido di carattere, il quintogenito Achille venne al mondo il 16 giugno 1887, vivacissimo per intelligenza e temperamento; frequentò con profitto la scuola navale “Nino Bixio”, sorta a Piano di Sorrento in ricordo dell’antico collegio di marina borbonico.
La sua famiglia venne colpita da due gravissime sventure: il fratello primogenito Francesco, comandante del Condor, venne speronato da un piroscafo belga e morì nel naufragio davanti Gibilterra; Antonino, il terzogenito, comandante del Lauro, scomparve nel Pacifico e non se ne seppe più nulla.
Nel 1901, a quattordici anni, il precoce Achille venne sorpreso in intimità con la bella cameriera Concettina: per punizione fu fatto imbarcare dai genitori come mozzo o giovanotto di mare sul mercantile Il navigatore, dove affrontò le difficoltà del duro viaggio, la fame e la sete, fino a Bordeaux e poi a Bristol.
A 21 anni, già marinaio e armatore esperto, andò a Genova ad acquistare per la nave Fratelli Beverino per il padre, che, colpito dai lutti e dai debiti, poco dopo, il 22 ottobre 1910, morì d’infarto.
Achille si ritrovò giovanissimo a dover gestire un’azienda navale in dissesto e piena di debiti, e con una numerosa famiglia sulle spalle. Intanto, venne speronato al largo della Spagna mentre era a bordo di Il Cavalier Lauro dall’Atlantide della compagnia Menada, ma fortunatamente si salvò.
Allo scoppio della guerra austriaco-prussiani venne arruolato in Marina Militare, dove si comportò con valore e onore, ricevendo numerose onorificenze.
il 23 maggio del 1918 si sposò a Piano con Angelina d’Alessandro, sua cugina.
La flotta paterna praticamente non esisteva più. Con un colpo di genio il comandante Lauro nominò soci tutti i dipendenti di terra e il personale di bordo; con 500mila lire messe insieme faticosamente restaurò una nave in cattive condizioni, praticamente un relitto, che battezzò Iris, e riuscì a ottenere un finanziamento da una banca italiana.
Vinse poi una gara d’appalto indetta dalle Compagnie navali di Sicilia Peirce e Florio. e riuscì a dotare la sua compagnia di una nuova nave, con la quale nel 1920 arrivò ad avere la meglio sulla concorrenza trasportando merce in Romania e Russia.
Nel 1933 s’iscrisse al partito nazionale fascista, e nel 1937 fu incaricato dal ministro Galeazzo Ciano, di famiglia armatoriale, di trasportare armamenti via Hong Kong per la Cina in guerra contro il Giappone.
Il 15 marzo 1936 diventò presidente del Calcio Napoli; finanziò la squadra con 300mila lire.
Nel 1938 con un prestito di capitali inglesì costruì due motocisterne, con le quali incrementò i viaggi verso la Cina; già nel 1940 Lauro aveva una flotta di 54 unità.
Il Comandante mise le sue navi a disposizione del governo durante la seconda guerra mondiale per trasporti di merci, carichi d’armi e truppe, ricevendo numerosi attestati di ricompensa e il cavalierato del Lavoro, divenendo poi consigliere nazionale della Camera dei Fasci e delle Corporazioni su proposta di Ciano; si dimise però nel 1940, perché vedeva troppa corruzione ed errori. Le sue navi in parte vennero affondate in parte requisite.
Dopo la caduta del fascismo, il 9 novembre 1943 fu arrestato a Napoli con l’accusa di collaborazionismo e rinchiuso nel carcere di Poggioreale per poi essere trasferito a Padula il 27 dicembre e poi a Terni.
Liberato con l’amnistia concessa da Umberto II il 14 settembre 1945, si diede subito da fare: corse a La Spezia e a Napoli, dove acquistò alcune navi americane liberty in disarmo. S’iscrisse al partito monarchico di Covelli nel 1946, finanziandone la nascita, con 4 deputati nel 1948.
Nel gennaio 1950 acquistò il giornale Il Roma.
Il 25 maggio 1952 si presentò con successo come candidato alle elezioni municipali di Napoli nella lista del Partito Monarchico; i suoi seguaci fecero per lui una strana propaganda: un chilo di pasta, metà di un biglietto da mille lire ed una scarpa nuova: chi lo avesse votato avrebbe ricevuto la parte mancante del premio!
Achille Lauro vinse le elezioni: la sua lista ottenne 147.933 voti e il 9 luglio fu eletto sindaco, portandosi in giunta 53 consiglieri e 12 assessori; tra gli altri vi era il commendatore mauriziano e monarchico, il fedelissimo Antonio Ariano, che Lauro confermò vicesindaco di San Lorenzo; infatti era già stato in carica dal 1945 con il senatore monarchico Buonocore e poi con il sindaco democristiano Moscati.
Achille Lauro si dimostrò, manco a dirlo, un sindaco energico. Curò moltissimo l’urbanistica: fece restaurare piazza Municipio, creò il calendario nel giardino del Maschio Angioino, posizionò la bella fontana a piazza Trieste e Trento, fece costruire il cimitero nuovissimo di Poggioreale; rifece la pavimentazione delle strade, regolò la rete fognaria cittadina – praticamente prima era una cloaca – e sistemò i marciapiedi.
Inoltre disciplinò il servizio di nettezza urbana e nominò presidente della V zona – osservatori industriali della ricostruzione il suo amico, il vicesindaco Ariano.
Erano molto legati, tanto che il Comandante Lauro partecipò nel dicembre del 1952 al matrimonio di Antonio Ariano con la contessa donna Valeria Rosaria Landi da Sala di Caserta.
Fu attento anche all’economia; con lui aumentarono le vendite e commesse di esportazioni d’armi all’arsenale di Napoli, che era sotto la direzione di Eduardo Nappa e Vincenzo Ariano fratello di Antonio.
Tra il 1952 e il 1956 Antonio Ariano iniziò a pubblicare articoli sul giornale Roma sulla storia della Marina Militare nella seconda guerra mondiale, mentre sua figlia Fortunata vinse il Premio Napoli per la cultura e arte con un suo dipinto che aveva per soggetto il comandante Lauro e venne assunta come impiegata comunale.
L’8 marzo 1956 Achille fu ai funerali del suo amico Antonio Ariano, vicesindaco di San Lorenzo e Vicaria.
Alle elezioni politiche del 1953 Achille Lauro ottenne 680mila voti, di cui 60mila in Sardegna e 300mila a Napoli, diventando deputato alla Camera, dove fece approvare la legge speciale d’intervento economico per Napoli.
Nel 1954 fondò una nuova compagine monarchica, il Partito Monarchico Popolare scindendosi da Covelli; nel maggio del 1956 ottenne il lusinghiero risultato di 300mila preferenze e 12 seggi in Consiglio comunale; fu eletto sindaco per la seconda volta.
Fu di nuovo sindaco di Napoli, per la terza volta, con 30 seggi comunali il 4 febbraio 1961 fino al 28 dicembre di quell’anno.
Nel 1962 si ricandidò per la poltrona di Primo cittadino: ottenne 177mila voti e 25 seggi ma non fu eletto sindaco. Nel 196, intanto partito il suo partito aveva cambiato nome, diventando Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica, nelle cui fila nel 1963 fu rieletto alla Camera.
L’infaticabile Lauro si ritirò a Sorrento, dove divenne presidente del Sorrento calcio.
Nel 1963 si ricandidò a sindaco di Napoli: 46.307mila voti e 6 seggi, ma non fu più rieletto.
In quell’anno Lauro aveva beneficato ancora una volta il popolo di Napoli con la costruzione del Rione Lauro con abitazioni per i bisognosi.
Nel 1968 lasciò il seggio di deputato alla Camera a suo figlio Gioacchino, che però morì nel 1970, lasciando la flotta, ormai gestita da lui, con un debito di 7 miliardi.
L’altro figlio Ercole, nominò nuovo direttore del giornale Roma Pietro Zurlino, senza consultare il padre; il giornale a quel tempo era a rischio fallimento con gli operai in sciopero per protestare per gli stipendi non pagati.
Nel 1972 Achille Lauro, vedendo che il suo partito perdeva colpi, s’iscrisse al Msi di Giorgio Almirante e riuscì così ad essere rieletto alla Camera; si staccò da Almirante nel 1976.
Ricordo con piacere che il 24 giugno 1974 ricevette alla sede del quotidiano Roma la visita di Fortunata ed Alessandro Ariano, figli del defunto amico Antonio, insieme a me, Michele Di Iorio figlio di Fortunata.
Nel 1980 la flotta Lauro era drammaticamente ridotta a 18 navi; i debiti saliti a 250 miliardi di lire, tanto che la sede della compagnia di navigazione di via Marina venne sequestrata nel 1981.
Achille Lauro, la roccia granitica, nel luglio 1982 cominciò ad avere problemi di salute: alternava momenti di lucidità a momenti di delirio.
Assistito dal suo fido amico cardiologo dottor Aldo Boccadilatte morì il 15 novembre del 1982 a 95 anni.
Al funerale imponente celebrato nella chiesa di San Ferdinando accorsero circa un milione e 300 mila persone tra napoletani e della provincia; l’omelia fu pronunciata dal suo amico don Aurelio Marseglia.
La bara, con scorta d’onore di Polizia, Carabinieri e Vigili Urbani, fu portata a spalla dai suoi marinai e dai netturbini. Il corteo sfilò davanti al Municipio e poi fino alla sede della sua Compagnia tra ali di folla ed ovazioni, fermandosi davanti a Villa Lauro di via Crispi.
Partì poi per Piano di Sorrento, ove è sepolto accanto a sua moglie Angelina.
I suoi beni personali furono venduti all’asta, come pure le ville e le navi della mitica flotta.
Questa è la vicenda terrena di Achille Lauro, non solo un nome. Lasciò un segno profondo in una città di fiaba, Napoli, e nella sua storia recente.

Michele Di Iorio