Giulio Cesare Vanini (1585-1619), di famiglia agiata, nacque a Napoli; filosofo e giureconsulto, col nome di Lucilius fece parte della Confraternita dei Filosofi napolitani, composta da 12 membri allievi di Giordano Bruno da Nola, e di Tommaso Campanella da Napoli, che fu prigioniero della Santa inquisizione nel Maschio Angioino dal 1589 al 1591 …
Studioso delle pagine di Francesco Petrarca, di Dante Alighieri, devoto di Antonio Beccadelli detto il Panormita e della sua Accademia Antoniana sotto i portici di via Nilo in Napoli, assiduo divoratore degli scritti di Giovanni Pontano e di Giovan Battista Della Porta, di Benedetto Caetani di Sermoneta, kabbalista e teurgo di gran fama sulla scia di Abulafia e della sua Schola di Capua e in linea con Eliezer Ben-Yehuda (1176-1238), rabbino e cabalista di Worms.
Il nostro Giulio Cesare declamava poesie di Nicolò Franco da Benevento, poeta ed ermetista – arso sul rogo l’11 marzo 1570 – e le massime filosofiche di San Tommaso d’Aquino, docente all’Università di Napoli, che allora aveva sede a piazza san Domenico Maggiore.
i suoi studi giovanili, che andavano dall’astrologia all’alchimia, dalla teurgia fino alla kabbala, alla gnosi, filosofia, astronomia,storia, letteratura, teologia, latino e greco, lo portarono presto a distinguersi tra i giovani rampolli della borghesia e della nobiltà colta napoletana.
Vanini a 18 anni entrò nei Carmelitani, trasferendosi a Padova per apprendere teologia; presi i voti sacri, divenne un assiduo predicatore.
Nel 1612 andò in Gran Bretagna per studiare la religione anglicana, la figura di Martin Lutero e le massime di Calvino; inoltre approfondì l’antico druidismo dei Celti, le leggende su Thule, Iperborea, Atlantide e la teogonia gli dei celti e germanici.
Qui abiurò la fede cattolica, dedicandosi ad approfondire il pensiero del sacerdote veneziano Jhoannes Antonius Pantheus, grande alchimista, fondatore nel 1530 della Voarchadumia, ossia l’alchimia legata ad astrologia, magia, teurgia e cabala, teoria che si diffuse in tutta l’Europa ermetica.
Stabilitosi a Venezia nel 1614, Giulio Cesare Vanini, applicò ai suoi insegnamenti anche i sistemi segretissimi del grande maestro di cabala che fu Yishaq Luria, detto Ari, il leone.
Costretto a riparare a Lione, Francia, per evitare gli arresti ordinati dalla Santa inquisizione, nel 1615 pubblicò l’opera Amphytheatrum Aeternae Providentiae; poi si spostò a parigi, pubblicando ben 4 libri di dialoghi filosoifici, De Admirandis Naturae Reginae Deaeque Mortalium Arcanis nel 1616; contemporaneamente teneva una corrispondenza epistolare con il filosofo inglese John Dee, amico di Rodolfo d’Asburgo.
Si trasferì infine nel 1617 a Tolosa praticando kabbala, alchimia, astrologia, teurgia, dando lezioni a pagamento ed esercitando la medicina, non dimenticando mai il suo maestro ideale Giordano Bruno; inneggiante all’antico Egitto e ateo giordanista, proprio qui venne arrestato con l’accusa di eresia.
Dopo un lungo processo durato 6 mesi, incatenato in una buia segreta a pane e acqua, fustigato, bastonato e torturato crudelmente, venne arso il 9 febbraio 1619.
Alla folla di spettatori accorsi a vedere il rogo, gridò prima di essere avvolto dalle fiamme: «La verità trionferà sulla mia morte e sulle ipocrisie dei potenti ed io ritornerò a nascere tra di voi».
Dopo la sua morte il suo cagnolino, Bruno, che non lo abbandonò fino all’ultimo, lasciò guaendo la piazza dell’esecuzione …
Dopo 176 anni dalla morte del filosofo e medico Giulio Cesare Vanini da Napoli, nacque nel 1792 a Tolosa il visconte Louis Charles Edouard de Lapasse; crebbe a Vienna con la sua famiglia tra i nobili emigrati all’estero per sfuggire dalla rivoluzione francese, rientrando a Tolosa solo nel 1815, al seguito di re Luigi XVIII di Borbone Francia; fu poi addetto militare dell’ambasciata francese a Vienna e dunque a Parma, Torino e infine a Napoli.
Versatissimo in scienze occulte, de Lapasse visitò molti luoghi di Napoli, come la cappella Sansevero; si recò anche nella Nola di Giordano Bruno.
Durante il suo soggiorno napoletano, che si protrasse fino al 1831, incontrò Domenico Bocchini e lo scrittore rosacruciano Lytton, autore di Gli ultimi giorni di Pompei e lo accompagnò nella sua iniziazione del 1828 nelle Catacombe di san Gennaro.
Nominato ambasciatore di Francia a Roma presso la Santa sede, s’interessò al mitraismo, ai misteri sibillini romani, al pitagorismo, all’antico mondo degli etruschi, alle figure di Saint Germain e di Cagliostro.
Nel 1843 de Lapasse fu preso da una crisi mistica e si ritirò in meditazione in Sicilia, nei dintorni di Palermo, nel bellissimo convento di Monreale, dove approfondì gli studi di alchimia, teurgia, erboristeria, gnosi, astrologia, idromanzia, spagiria medica e alchemica, fu iniziato da un monaco eremita sapiente, un certo principe Balbiani, ai misteri achemici e kabbalistici teurgici evocativi tramutatori.
Balbiani era il nome iniziatico di don Carlo Cottone principe di Castelnuovo, patrizio palermitano, che nel 24 giugno 1742 proprio nel chiostro del convento di Monreale prese parte alla famosa riunione segreta dei Beati Paoli, gli incappucciati bianchi, ovvero i giustizieri occulti, che sono da considerare l’origine della mafia moderna, nata per difendere il popolo dai torti e dagli abusi dei prepotenti.
Don Carlo Cottone giusto un anno dopo, il 24 giugno 1743, fondò a Palermo La loggia San Giovanni di Scozia, obbediente al Gran Maestro nazionale don Raimondo de Sangro.
Ricoprì molti incarichi militari e istituzionali; appoggiò la Costituzione siciliana e come maresciallo di campo , generale di divisione borbonica, dal 1806, governatore della Città di Palermo, la richiese a re Ferdinando IV unitamente ad altri 24 nobili palermitani il 24 aprile e il 13 maggio 1811.
Il 17 luglio venne dimesso da tutti gli incarichi pubblici e di corte, arrestato e tradotto in ergastolo al penitenziario di Ustica insieme con altri 3 principi siciliani.
Nel 1812,a 70 anni, venne liberato su pressione di lord Bentich; con la concessione della Costituzione siciliana, fu nominato ministro regio delle Finanze del Regno delle Due Sicilie.
Durante il suo mandato si occupò dell’abolizione di abusi e dei latifondi siciliani; nel 1816 su dimise dagli incarichi ministeriali.
4 anni dopo venne sospettato di complicità attiva nei moti carbonari separatisti; un anno dopo per evitare gli arresti si rifugiò dunque nel convento di Monreale.
Tornando al nostro francese visconte de Lapasse, lo troviamo fino al 1844 nel il suo soggiorno volontario nel convento di Monreale, dove approfondì gli studi iniziati col monaco Balbiani; quando partì ebbe in dono dell’eremita un elisir di lunga vita, racchiuso in un cristallo di rocca.
Ritornò quindi in Francia, dove nel 1845 pubblicò il suo libro Consideration sur la durée de la vie humaine et les moyens de la prolunger, che aveva preso spunto dalle teorie rigenerative del corpo umano di Saint Germain – che a sua volta si era rifatto a quelle degli antichi egizi – della reintegrazione di Saint Martin, di Pasqualy de Martinenz, di Cagliostro e dello stesso Raimondo de Sangro.
De Lapasse affermava che il principe di Sansevero era stato la reincarnazione del suo avo Cecco, vissuto nel 1500 e poi di Ferdinando de Sangro, morto nel 1660 e sepolto ad angolo retto con la tomba di Raimondo nel 1750 nella Cappella Sansevero; asseriva che in realtà Riamondo non era morto nel 1771 ma continuò a vivere in suo figlio Vincenzo, morto poi per veleno nel 1790.
Di sé stesso il visconte Louis Charles Edouard de Lapasse diceva che era la reincarnazione del napoletano eretico il nobile Giulio Cesare Vanini. Inoltre affermava che Raimondo de Sangro nel 1763 aveva sperimentato con il triste e malinconico medico palermitano Giuseppe Salerno, il famoso anatomista autore delle macchine anatomiche della Cappella Sansevero, un prototipo di siringa clinica per iniettare medicine liquide nel sangue di cavie e di umani.
Nel 1845 de Lapasse presentò ufficialmente come sua l’invenzione della siringa celebre …
Lasciati tutti gli incarichi diplomatici, il visconte nel 1849 si ritirò definitivamente a Tolosa, dove fondò l’Ordine della Rosacroce; risvegliò adepti francesi e italiani ed ebbe come suo allievo nel 1859 don Michele II de Sangro, figlio del principe Gerardo e pronipote di Raimondo, che fu guardia del corpo di Ferdinando II di Borbone.
Il visconte de Lapasse disse ad un altro suo giovane allievo, l’esoterista cristiano Firmin Boissin, detto Simon Brugal, che alla sua morte sarebbe ritornato ospite animico come Raimondo redivivo nel corpo del suo pronipote Michele de Sangro, pure convinto reincarzionista ed incarzionista egizio osirideo.
Michele de Sangro, ingegnere, botanico e agronomo, scienziato in agraria, fu l’ultimo esponente della sua gloriosa casata. Morì nel 1891, 120 anni dopo l’avo Raimondo, e venne sepolto a Torremaggiore, in Puglia.
Soffermandomi ancora sulla teoria desangriana, condivisa da Saint Germain, Martinenz, Saint Martin, Cagliostro e dello stesso Fulcanelli, autore di libri di alchimia del XX secolo, che affermava che oltre alla reincarnazione vi era il sistema osirideo desangriano di mummificazione egizia, la vera mummificazione cara alla 18esima dinastia dei Faraoni, che dava modo di non morire ma di rimanere in sospensione vitale in una falsa mummificazione o metallizzazione, per poi riprendere le funzioni vitali in un corpo ospite dello stesso sesso.
Simile dunque ai tulku tibetani dell’Ozo Cen, che furono ben lontani da influenze buddistiche e cristiane di sorta … Altro che Golem o dottor Jeckill di kabalistica memoria della letteratura gotica più famosa …
Michele Di Iorio