Argo ritorna al cinema

Sulla scia del successo ottenuto alla Notte degli Oscar, premiato come miglior film dell’anno, ritorna nelle sale italiane “Argo” diretto e interpretato da un sempre più sorprendente Ben Affleck.
Il film, in cui oltre al regista-protagonista Ben Affleck è doveroso segnalare anche la presenza dell’ottimo John Goodman, sta infatti riempiendo in queste settimane il palinsesto delle nostre sale dopo che era stato alquanto snobbato alla sua uscita nello scorso autunno soprattutto nelle sale di provincia.
Così chi non ha ancora avuto l’occasione di vederlo può ringraziare la sua incoronazione all’Hollywood Roosevelt Hotel di Los Angeles, dove vengono consegnate le famose statuette, perché la cerimonia degli Oscar ha ridato lustro a un film che meritava più attenzione, anche se decisamente non è un film leggero.
“Arg” è la ricostruzione di eventi realmente accaduti e raccontati nel libro autobiografico di Antonio “Tony” Joseph Mendez, l’ex membro della Cia che visse in prima persona le vicende cui s’è ispirato Ben Affleck.
La storia è ambientata nel 1979 durante la rivoluzione islamica di Teheran che rovesciò il regno dello Sha Mohammad Reza Pahlavi, tramutando la monarchia assoluta persiana nella Repubblica integralista islamica dell’Iran, con una costituzione basata sulle leggi coraniche della sharia.
Durante i violenti eventi che segnarono quei giorni si diffuse tra la popolazione rivoluzionaria un crescente odio verso gli occidentali che fin ad allora avevano appoggiato la monarchia, soprattutto verso gli americani colpevoli d’aver dato asilo politico all’odiato Sha, gravemente ammalato di cancro.
L’ambasciata americana venne presa d’assalto dai manifestanti: la devastarono e ne sequestrarono i dipendenti, che rimasero prigionieri per circa 400 giorni.
I rivoluzionari minacciavano di giustiziarli se gli Stati Uniti non avessero concesso l’estradizione di Mohammad Reza Pahlavi per farlo processare dal Tribunale popolare iraniano.
Intanto sei americani riuscirono a fuggire trovando rifugio nella residenza dell’ambasciatore canadese che a proprio rischio e pericolo concesse clandestinamente ospitalità e supporto.
La notizia arrivò in totale discrezione al governo americano; furono subito mobilitati i vertici della Cia per trovare la soluzione ideale per il rientro in Patria dei sei rifugiati.
Le tumultuose condizioni politiche nei giorni immediatamente successivi alla rivoluzione rendevano estremamente complicata l’operazione, quasi impossibile dal momento che le guardie islamiche controllavano gli aeroporti e tutti le altre vie di comunicazione con l’estero.
La Cia ingaggiò dunque il consulente Tony Mendez (Ben Affleck), esperto di operazioni sotto copertura, che  escogitò un piano per rimpatriare i rifugiati.
Dopo una profonda analisi della situazione, scartando molti piani di fuga non adatti, ebbe una idea piuttosto singolare, originale quanto bizzarra: approdare in Iran con l’escamotage di girare un finto film di fantascienza, mettendo in piedi un’adeguata produzione cinematografica canadese in modo da portarsi dietro i sei americani, facendoli passare per dipendenti.
Il tutto organizzato in modo da poter ottenere dal Ministero della Cultura iraniano, che in quei giorni manteneva ancora  discreti rapporti diplomatici col governo canadese, il permesso di entrare ed uscire dal Paese.
Il “finto” film in questione fu tratto da una vera sceneggiatura fornita da alcuni collaboratori di Hollywood, e aveva come titolo “Argo”.
La complessa situazione andò a buon fine, ma l’operazione denominata Canadian Caper, memorabile esempio di cooperazione tra i “vicini” governi di America e Canada, rimase segreta per molti anni e fu rivelata solo nel 1997 sotto la presidenza di Bill Clinton, che diede le doverose onorificenze a Mendez e gli altri protagonisti dell’operazione “Argo”.
Fino ad allora il merito della liberazione dei sei rifugiati era stata ufficialmente attribuita al governo canadese per evitare ritorsioni dei rivoluzionari nei confronti degli altri ostaggi americani ancora detenuti in Iran.
Ben Affleck rivela ancora una volta una sorprendente maestria nell’arte della regia, confermando le sue notevoli doti dimostrate ai tempi di “Gone, baby gone” del 2007 che segnò l’esordio di una carriera che con “Argo” trova la sua definitiva consacrazione tra i migliori registi di nuova generazione.
Affleck ha  confezionato un film che forza la realtà dei fatti quel tanto che basta per creare tensione senza però trascurare l’aspetto storico, miscelando sapientemente la veridicità degli eventi con la rappresentazione scenica.
I regista affronta un controverso tema politico con uno stile narrativo leggero e godibile, con toni estremamente pacati, utilizzando un linguaggio semplice e facilmente digeribile dallo spettatore nonostante la complessità dell’argomento.
La sceneggiatura si concentra principalmente sulla minuziosa descrizione dei diretti protagonisti della vicenda, senza dilungarsi troppo sulle fasi generali della rivoluzione iraniana, che però viene narrata attraverso con l’inserimento di sequenze attraverso la lettura di esaustivi comunicati ufficiali della guardia rivoluzionaria in cui vengono enunciati le ragioni del popolo iraniano, che rendono bene l’idea del contesto di riferimento.
Il prologo che introduce il film è abbastanza eloquente nel raccontare gli eventi che portarono alla rivoluzione, menzionando le non tanto indirette responsabilità del Governo americano: appoggiò per decenni il regime monarchico per poter speculare sulle risorse petrolifere del paese.
Prologo che in qualche modo fa perdonare un’eccessiva connotazione negativa della “terribile” guardia rivoluzionaria iraniana.
Il risultato è un film storico-politico raccontato con sapiente semplicità e con toni estremamente pacati, un’opera minimalista priva dei tipici virtuosismi della tradizione patriottica che ha caratterizzato le produzioni americane del passato.
(Foto: Locandina)

Francesco Bartiromo