Quelle automobili che si guidano da sé

Quelle automobili che si guidano da sé

di Roberto Battegazzorre

Qualcuno ricorderà il film del 1990, Atto di forza, con Arnold Schwarzenegger come protagonista. La vicenda ambientata nel 2084 vede, ad un certo punto, il personaggio principale distruggere, dopo una accesa discussione, Johnny Cab, un taxista robotico con sembianze umane. Il film prende ispirazione dal racconto breve di Philip K. Dick dal titolo Ricordiamo per voi (We Can Remember It For You Wholesale), pubblicato nel 1966. Un’altra anticipazione sulle auto intelligenti è ancora anteriore ed è il tema del racconto Sally, scritto da Isaac Asimov e pubblicato per la prima volta nel 1953. La vicenda è ambientata nel 2057, in un mondo dove, per evitare incidenti stradali, possono viaggiare solo automobili dotate di un cervello positronico. Una qualche ispirazione da questa storia sembra averla presa la Disney nella realizzazione del film Cars del 2006.

Ci sono molti altri racconti e film che toccano il tema della “macchina che va da sola” ma gli esempi citati sono sufficienti a dare il senso di quello che dagli anni cinquanta in poi si fantasticava sulla guida autonoma. Innanzitutto era previsto dagli autori che prendesse piede un secolo più avanti e si immaginava che le vetture avrebbero avuto un autista “incorporato”, che avrebbe guidato senza mai distrarsi, senza commettere imprudenze, colloquiante in qualche modo con le altre vetture o con una centrale operativa e anche con i passeggeri, se erano presenti.

Oggi siamo a metà strada tra il momento in cui furono scritti i racconti e il tempo in cui si immaginava che avrebbero circolato le self driving cars. Vale la pena di chiederci: a che punto siamo?

Prima di procedere non si può non citare Kitt, la Pontiac protagonista della famosissima serie Supercar, andata in onda per la prima volta negli Usa nel 1982, che però può essere considerata non una visione fantascientifica ma un prototipo-concept che incamerava tecnologie non futuribili ma nascenti in quegli anni.

É sotto gli occhi di tutti che la guida autonoma ha superato oggi lo stadio dell’ipotesi teorica ed ha già compiuto i primi passi. Quasi tutti i costruttori di veicoli se ne stanno occupando, da soli o in alleanza con aziende che detengono le tecnologie necessarie, quali Intel, Bosch, Denso, Magneti Marelli, Waymo, Baidu, Nvidia.  Il più delle volte però la comunicazione che arriva al cittadino medio è parziale, distorta dalla pubblicità, ricca di acronimi  o  termini evocativi, forse fuorvianti.   Per citarne alcuni: Traffic Jam Assist di Audi, ProPilot Assist di Nissan, Super Cruise di GM-Cadillac  e, il più noto, Autopilot di Tesla.

Un appunto che si può fare ai costruttori è che l’enfasi della loro comuinicazione è concentrata sul veicolo e sembra trascurare le infrastrutture necessarie alla guida autonoma.

Un veicolo per muoversi autonomamente, senza il contributo diretto dell’uomo, deve essere in grado di sapere dove si trova, sapere dove deve andare, conoscere le regole della circolazione e i segnali stradali, raffigurarsi un percorso, identificare gli ostacoli fisici che si presentano, e superarli in modo da evitare o contenere i danni alle persone che stanno a bordo, a quelle che stanno nelle vicinanze, al veicolo stesso e agli oggetti circostanti.

In sintesi un vero veicolo a  guida autonoma, oltre ad essere dotato di devices di bordo adeguati, deve essere collocato in un sistema di infrastrutture specifico,  avere un suo profilo etico/morale ed essere protetto da intrusioni che violerebbero la sua sicurezza.

Cosa c’è a bordo

In prima istanza, a bordo del veicolo devono essere installati dei sensori, che fungono da occhi e orecchie; una o più unità di elaborazione dei dati che fungono da cervello e degli attuatori che fungono da braccia e piedi per azionare i comandi. In pratica dentro la vettura si installa un sistema, non antropomorfo, che progressivamente andrà a sostituire il guidatore umano. Per inciso le vetture a trazione elettrica si prestano molto meglio e con costi inferiori rispetto a quelle con motore a scoppio, a questo passaggio.

Passaggio che finora non è stato rapido e non lo sarà in futuro. Occorrerà una serie di transizioni tra la guida esclusivamente “umana” e quella totalmente “autonoma”. In pratica l’intelligenza artificiale di bordo crescerà, sarà più pervasiva, veloce, e capace di  integrare dati provenienti da fonti diverse, interne ed esterne alla vettura, e si consoliderà ad ogni passaggio.

La SAE (Society of Automotive Engineers) ha definito sei livelli crescenti di automazione per i veicoli. La differenziazione tra questi livelli consente una migliore comprensione della loro evoluzione:

Livello 0 – Si tratta dei veicoli che non hanno nessun automatismo: è il pilota che determina assolutamente il comporatmento della vettura attraverso i comandi tradizionali dello sterzo, dell’acceleratore e dei freni. L’unica eccezione è quella della frenata automatica di emergenza, l’automatic emergency braking,  che blocca la marcia dell’auto quando i sensori rilevano un ostacolo. L’automatic Emergency Braking sarà obbligatorio nella UE su tutte le auto nuove. Rientrano nel Livello 0 i sistemi di avviso come il lane departure warning, che avverte il guidatore se sta inavvertitamente invadendo l’altra corsia.

Livello 1 – Le tecnologie di guida autonoma iniziano realmente con il livello 1. Più che di ” automatismo ” dovremmo più correttamente parlare di ” supporto al conducente “, ad esempio nella sterzata o accelerazione/frenata (ma non in sterzata e accelerazione/frenata contemporaneamente). Sono tecnologie di guida autonoma di livello 1 il lane centering, che agisce autonomamente sullo sterzo per tenere l’auto nella sua corsia di marcia, e l’adaptive cruise control, che agisce sull’acceleratore e sul freno per mantenere l’auto ad una determinata velocità, senza tamponare il veicolo che precede.

Livello 2 – La guida autonoma di livello due è una evoluzione del livello 1, in cui l’auto ha contemporaneamente sia la capacità di mantenere la corsia, sia quella di accelerare/frenare autonomamente. In buona sostanza, se la vostra auto ha sia il lane centering che l’adaptive cruise control allora è dotata di guida autonoma di livello 2. I modelli più recenti di molti costruttori oggi (2020) integra tecnologie di guida autonoma di livello 2 o le ha come optional.

Livello 3 – Con il livello 3 la guida inizia a diventare veramente autonoma, anche se il guidatore è ancora responsabile del veicolo ed obbligato a intervenire in caso di problemi o malfunzionamento di un qualche sistema. Un esempio di tecnologia di guida autonoma di livello 3 è il cosiddetto traffic jam assist, o traffic jam chaffeur: quando si trova in mezzo a un ingorgo stradale il guidatore attiva il sistema e, finché non lo disattiva, il traffic jam assist prende il controllo di acceleratore, freno e sterzo e fa procedere l’auto fino alla fine dell’ingorgo. Attualmente solo i modelli Tesla e la Audi A8 integrano questa funzionalità.

Livello 4 – E’ il primo livello in cui il guidatore diventa passeggero e non ha più la necessità di prendere il comando dell’auto, tanto che non è più necessario che il veicolo abbia i pedali e lo sterzo. Un esempio di guida autonoma di livello 4 sono i robotaxi, cioè i taxi senza conducente che Waymo sta sperimentando negli Stati Uniti. L’unico vero limite del Livello 4 è che i sistemi di automatizzazione non possono essere attivati in qualsiasi condizione, ma solo quando specifici requisiti sono soddisfatti, ad esempio lo stato della strada e le condizioni atmosferiche sono buone o quasi.

Livello 5 – Il livello 5 della guida autonoma è quello della totale autonomia. Rispetto al livello 4, con il quinto livello i sistemi di automazione sono sempre attivi in qualsiasi condizione e senza limiti. Come per il livello 4, anche con il livello 5 non è necessario installare nell’automobile un volante e i pedali.

Ricapitolando: oggi molti costruttori di veicoli hanno già in produzione vetture di livello due, Tesla e Audi hanno in gamma modelli di livello 3 e si stanno iniziando sperimentazioni su strada per quelle di livello 4. Il livello 5 è ancora un obiettivo lontano non tanto per la complessità dei sistemi di bordo quanto per le infrastrutture e le regolamentazioni da definire.

Le infrastrutture

I livelli 4 e 5 di guida autonoma, non possono basarsi unicamente sui dati che la vettura può autonomamente raccogliere attraverso i suoi sensori: ottici, acustici, elettromagnetici, ma questi devono essere integrati da informazioni che provengono dall’esterno, ad esempio la densità del traffico nei dintorni, la presenza di un altro veicolo bloccato in mezzo ad una curva cieca o l’avvicinarsi improvviso di una persona al passaggio pedonale, la programmazione di un semaforo.

In questo schema, l’auto non solo riceve informazioni, ma a sua volta trasmette i dati raccolti dai suoi sensori e le “intenzioni” espresse dalla intelligenza artificiale di bordo, andando a comporre l’enorme database dinamico che rappresenta lo stato del traffico locale, a disposizione di tutti quelli che sono presenti nell’area. Questo sistema è una componente del cosiddetto internet delle cose e ha come presupposto l’esistenza di una rete superveloce 5G.  Quest’ultimo, è utile ricordarlo, è uno standard di comunicazione dati che può essere sviluppato da qualsiasi operatore telefonico; sta di fatto che oggi gli unici produttori di apparecchi 5G sono due aziende cinesi, Huawei e ZTE, la svedese Ericsson e la finlandese Nokia. Le reti più estese, sono quella cinese e quella americana e in Italia alcune città hanno iniziato ad installare reti 5G. Su questo standard di trasmissione sono in corso accesi dibattiti che toccano economia, privacy, politica internazionale e rispetto dell’ambiente; l’argomento è così vasto, e in divenire, che forzatamente non può essere sviluppato in questa sede.

Sta di fatto che all’atto pratico non si può parlare di guida autonoma vera e propria senza il presupposto di una rete 5G; questo abbinamento imprescindibile, non sempre è tenuto nella dovuta considerazione.

In teoria sarebbe ipotizzabile una guida autonoma basata solo su sitsemi on board ma i costi e la complessità a bordo salirebbero a livelli tali da rendere il tutto un esercizio di capacità tecnologica, non una soluzione commercialmente percorribile.  Restando nel campo del “fattibile”, il flusso di dati che una vettura scambierà con il network 5G, per una guida autonoma di livello cinque è stata calcolata da Intel in 4000 Gigabyte al giorno, per ogni giorno di circolazione: una quantità enorme. Per chi non ha confidenza con questa unità di misura si può dire che equivale circa ai dati necessari per registrare 1000 film in alta risoluzione!

Una volta sviluppate le soluzioni 5G in laboratorio, occorrono esaustivi collaudi su strada per la messa a punto dei sistemi di quarto e quinto livello. Senza disporre di vaste zone, con vari tipi di morfologia stradale e di traffico, coperte da reti 5G, con amministrazioni disposte a concedere le dovute autorizzazioni, è difficile portare a termine i progetti.

Oggi la nazione che presenta l’ambiente più favorevole in questo senso è la Cina, che dalla fine del 2019 ha attivato il 5G in 50 centri urbani.  Questa situazione sicuramente porterà a importanti vantaggi competitivi per le sue aziende, sia automobilistiche che telefoniche.

Due esempi: la società americana WeDrive sta per portare in Cina le sue prime automobili (20 per l’esattezza, che con il tempo diventeranno 500) per test estensivi sulla guida autonoma di Livello 4.  Queste vetture, saranno dotate di hardware fornito da NVIDIA, leader nel settore dell’intelligenza artificiale e delle schede per videogiochi.  Il know-how sviluppato in quest’ultimo campo si presta assai bene per ricostruire in modo perfetto l’ambiente circostante.

La società cinese AutoX, una startup che vede la partecipazione del colosso Alibaba, della Shanghai Motor e della Dongfeng Motor, ha lanciato a settembre del 2019 un programma di sviluppo tecnologico nel settore guida autonoma con investimenti miliardari e la città di Shangai ha autorizzato la sperimentazione con una flotta iniziale di 100 vetture.

In Italia, a Parma e a Torino alcune zone della città sono state qualificate per i test su strada delle vetture a guida autonoma.

L’etica delle macchine

Veniamo al problema etico-morale. Il fatto che le macchine, i robot, evolvendosi e dotandosi di capacità decisionali proprie dovessero avere un proprio codice di comportamento, per la prima volta,  fu portato alla attenzione del grande pubblico proprio da Isaac Asimov che negli anni quaranta formulò le tre leggi della robotica che avrebbero pervaso la sua (e di molti altri autori) produzione letteraria e che ancora oggi sono il punto di partenza di molte speculazioni sull’argomento dell’etica robotica.

Ecco le tre, anzi le quattro leggi; a quelle originali, successivamente ne è stata aggiunta una quarta, la legge zero.

0)  Un robot non può recare danno all’umanità, né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, l’umanità riceva danno.

1)  Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno. Purché questo non contrasti con la Legge Zero

2)  Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Legge Zero e alla Prima Legge.

3)  Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Legge Zero, la Prima Legge e la Seconda Legge.

Quando la guida autonoma da pura fantasticheria è divenuta una concreta possibilità,  ci si è resi conto che non è sufficiente che la vettura rispetti le regole del traffico e non superi i limiti di velocità prescritti: occorre anche, e questo è fondamentale, che abbia una serie di principi che orientino il suo comportamento nei casi di imprevisti, ad esempio un pedone che attraversa la strada all’improvviso o un cane che sfugge al proprietario. I valori etici con cui si programma l’intelligenza del veicolo dovranno essere in grado di produrre decisioni “giuste”. Le leggi della robotica di Asimov  sono un “codice” di comportamento che però deve essere recepito ed adattato alle varie situazioni e alle scale dei valori locali: ad esempio gli incidenti che coinvolgono animali oggi toccano molto di più la sensibilità delle comunità rispetto a qualche decennio fa e sono più sentite nei paesi occidentali che in altre parti del mondo, ad eccezione dei paesi di religione indù. Cosa deciderà il veicolo a guida autonoma: procurarsi gravi danni alla carrozzeria, strisciando contro un albero per evitare un cane randagio oppure investirlo e contenere il danno economico? Dare priorità alla sicurezza di un solo passeggero o invece evitare la collisione con uno scuolabus affollato di bambini? La casistica è molto varia e il tema di definire e adottare leggi per regolamentare la circolazione delle auto a guida autonoma sta suscitando attenzione presso molti legislatori. Gli Stati Uniti hanno già iniziato a regolamentare la materia e in alcuni stati tra cui la Florida e la California, già è in vigore una legislazione specifica. Anche in Italia la sensibilità sull’argomento è molto elevata; i ricercatori  del progetto RoboLaw,presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, hanno presentato alla Commissione e al Parlamento europeo uno studio sulla necessità di sviluppare la branca specifica del “diritto della robotica”, per inquadrare la casistica dei danni procurati dalle “macchine intelligenti” agli esseri umani.

La sicurezza

L’ultimo ordine di problemi è quello della sicurezza, intesa come protezione del computer di bordo da eventuali violazioni. Nel 2015 due esperti di informatica sono riusciti a prendere il controllo a distanza di alcune funzioni di una Jeep Cherokee, sfruttando una falla della rete Wi-Fi di bordo, riuscendo ad azionare lo sterzo, accelerare e frenare.  Questo evento, poi risolto intervenendo sul software di controllo delle vetture, ha suscitato un notevole allarme tra gli addetti ai lavori. Come è possibile che esperti hacker entrino nei nostri computer di casa o nostro telefono e “creino qualche danno” , così, anche se più difficile, questo potrebbe accadere anche per le vetture a guida autonoma di livello 4 e 5, proprio in virtù della loro connessione con il mondo esterno attraverso il 5G. Occorre evitare nel modo più assoluto che qualcuno con intenti criminali, ricattatori o per un folle gioco possa prendere il controllo di una o più veicoli e creare incidenti di varia gravità. A livello di network e di singolo veicolo occorre che la immunità dai virus di ogni tipo sia assoluta e, come sugli aerei, che i sistemi di sicurezza siano ultra-affidabili e ridondanti.

Infine vi è anche l’aspetto della privacy, relativo alla riservatezza sui dati personali e comportamentali. Una vettura di livello 4 o 5, potenzialmente, è in grado, colloquiando con i cellulari dei passeggeri, e integrando il tutto con dati posizionali 3D, di ricostruire in modo dettagliatissimo tutto quanto succede nell’abitacolo e nelle sue prossimità. Non è detto che succeda, ma la possibilità tecnica c’è; e se  una possibilità esiste, prima o poi si verifica. La nostra privacy già oggi così limitata potrebbe ridursi ulteriormente.

Conclusioni

A questo punto possiamo trarre le seguenti conclusioni: la tecnologia “fisica” per l’auto autonoma, anche per quella di livello 5 è a portata di mano, e in tempi non lunghi si avranno soluzioni circolanti.  L’enfasi della comunicazione dei costruttori è prevalente  sugli aspetti tecnici e ha finora tenuto in ombra tutti gli altri problemi, che sono poi quelli che richiederanno più attenzione e prudenza.

E’ sotto gli occhi di tutti che relativamente alle infrastrutture 5G c’è un forte scontro politico tra Usa e Cina per un problema di supremazia tecnologica e questo potenzialmente può rallentare ma non in modo significativo, l’implementazione del sistema sulle vetture a guida autonoma. 

Lo scoglio principale non è il rispetto delle leggi del codice della strada, da parte della macchina, ma delle leggi etiche che le macchine adotteranno in tutti quei casi che rappresentano l’eccezione o l’imprevisto.  A ciò si aggiungerà una fase di confusione e incertezza, da regolamentare e monitorare con estrema attenzione, rappresentata dalla coesistenza sulle strade, per un periodo di almeno due decenni, di veicoli a guida umana e a guida autonoma.

Gli automobilisti che hanno vissuto l’era della motorizzazione di massa o gli  appassionati di motori,  vedono l’avvento di un parco circolane a guida totalmente autonoma come un evento nefasto, dove  l’individualità delle persone vedrà una ulteriore diluizione in una sorta di anima collettiva rappresentata dall’internet delle cose. Inutile negarlo, in parte è vero, l’auto a guida autonoma rappresenta la fine di un ciclo nei rapporti tra l’uomo e l’automobile. Quest’ultima ha avuto ed ha ancora un forte valore come status symbol e come espressione della personalità del suo proprietario; molti automobilisti infatti parlano del loro stile di guida come una cosa che li caratterizza, una componente della personalità.

Per i millenials e i post-millenials il discorso però cambia. Le persone nate dagli anni 80 in poi manifestano un progressivo disengagement emotivo verso l’automobile. Disinteresse che non sembra attenuarsi a fronte dell’incredibile tasso di innovazione messo in campo dai costruttori di veicoli.  Per questi ultimi è fondamentale capire se questo cambiamento sia permanente cioè il risultato di una attitudine ormai consolidata nelle nuove generazioni, destinata a ripetersi nelle future oppure se sia il prodotto di un’economia che è stata particolarmente brutale con le giovani generazioni e quindi con potenziali possibilità di recupero.

Probabilmente la verità è che la passione per l’automobile va progressivamente attenuandosi per una serie di fattori concomitanti: costi di acquisto e gestione crescenti, in controtendenza con il calo del reddito disponibile; contenimento della velocità; limiti alla circolazione e all’accesso a particolari zone; sensibilità ecologica; crescita dell’offerta di servizi di noleggio a costi decrescenti; concorrenza di altri mezzi di trasporto e di svago: si pensi ad esempio come la bicicletta e il monopattino, negli ultimi anni, abbiano visto crescere il loro impiego nelle aree urbane.

L’auto a guida autonoma potrà quindi evolversi in un’auto non di proprietà personale, ma in un modulo di un sistema trasporto collettivo personalizzato, che grazie ad applicazioni estese di intelligenza artificiale, ci farà trovare sotto casa nostra l’automobile al momento giusto; ci trasporterà dove vogliamo per poi correre a raccogliere un nuovo cliente.  Una opzione allo studio è che il proprietario di un veicolo a guida autonoma lo metta a disposizione di un network, tipo Huber, che provvederà a gestirlo, quando il proprietario non ne ha bisogno. L’auto può diventare così una fonte di reddito.