NAPOLI – Al Circolo Ilva di Bagnoli di via Coroglio, dopo il successo dell’apertura di Efestoval, il Festival dei Vulcani, dello scorso sabato 5 settembre con “Napucalisse” di Mimmo Borrelli, nello spettacolare scenario del Parco Cerillo di Bacoli, sarà la volta di un altro luogo d’eccezione per Efestoval che presenterà, per la prima volta a Napoli, mercoledì 9 e giovedì 10 settembre alle ore 20.30, “Capatosta” con Gaetano Colella e Andrea Simonetti per la regia di Enrico Messina, una produzione Crest – Teatri Abitati.
Lo spettacolo è il racconto dell’incontro in uno spogliatoio dell’Acciaieria di Taranto tra uno “storico” operaio ed un giovane laureato in economia assunto come tanti per sostituire il padre morto di tumore.
Non ci sono solo l’Ilva e Taranto nelle parole dei protagonisti: ci sono i danni del boom economico all’italiana, il sindacato, la guerra tra il lavoro e la salute, la lotta di classe o l’idea della lotta perché la classe non c’è più, la quotidianità disillusa, ma anche i sogni e i progetti, quelli dei figli ma anche, e ancora, quelli dei padri. Bagnoli e l’Ilva rappresentano tutto questo, per Napoli e per la Campania. Ed il Circolo Ilva di Bagnoli, realtà che conta circa 2000 soci – molti dei quali ex operai dell’Italsider – ospita quotidianamente questa simbiosi tra il passato e il presente.
Si dialogherà su questi temi scottanti e ancora oggi vivi, già da martedì 8 settembre: per il ciclo di appuntamenti “Gli incontri della memoria” alle ore 19 al Circolo Ilva si terrà l’incontro-intervista di Mimmo Borrelli con i “depositari della memoria” del luogo che ospita lo spettacolo. Così, il giorno prima della rappresentazione saranno interrotte le operazioni di allestimento/montaggio e prova generale per dare spazio ad una chiacchierata di approfondimento aperta al pubblico con i veri testimoni, come quelli che Borrelli intervista per scrivere le sue opere.
Oltre al direttore del Festival, interverranno Gaetano Colella, Vittorio Attanasio presidente del Circolo Ilva di Bagnoli, Guglielmo Santoro, ex presidente del Circolo Ilva che ha visto la nascita del Circolo negli anni novanta e alcuni ex operai Italsider.
La trama. Siamo nello stabilimento più grande d’Europa, l’Ilva in uno dei tanti reparti giganteschi della fabbrica, Acciaieria 1 reparto RH. Qui l’acciaio fuso transita per raggiungere il reparto della colata e gli operai sono chiamati a controllare la qualità della miscela. La temperatura è di 1600 gradi centigradi. Due operai sul posto di lavoro. Il primo è un veterano, venti anni di servizio alle spalle e un carattere prepotente, di chi si è lavorato la vita ai fianchi e il poco che ha lo difende coi denti, compreso il suo piccolo desiderio: fuggire da Taranto, coi suoi figli, per non tornarci più. Il secondo è una matricola, un giovane di venticinque anni appena assunto nello stabilimento.
I due potrebbero essere padre e figlio. In questo stabilimento dal 1962 ci sono generazioni di operai che si avvicendano, si confrontano, si scontrano e si uniscono. I padri hanno fatto posto ai figli e ai nipoti senza che nulla sia intervenuto a modificare questo flusso di forza lavoro. Si sono tramandati saperi ed esperienze così come usi e abusi, leggi tacite e modi di fare. Sembra che in questo scenario nulla sia destinato a mutare, che i figli erediteranno fatica e privilegi dei padri. Ma è davvero così?
Nuova drammaturgia, teatro civile… etichette possibili per una urgenza che non vuole essere chiusa o bollata con un’etichetta, ma vuole essere un prendere parola, restituire un sentimento di dolore e di impotenza insieme, condividendolo con una città e non solo, come solo il teatro può fare. Solo i gesti, i volti, le voci di attori possono riuscire a raccontare il sangue di una città ferita e divisa. Oltre l’informazione.