"Fury", la recensione

furyNAPOLI – Nell’aprile del 1945 le forze naziste sono ormai ridotte all’osso e gli alleati si avvicinano, giorno dopo giorno, sempre di più alla città di Berlino per porre fine alla guerra. I nazisti però non hanno intenzione di arrendersi e, perciò, continuano a combattere i loro nemici. In questa carneficina ne fa le spese anche il mitragliere del carro armato Fury, a cui si deve anche il titolo di questo film, comandato dal sergente Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt). Una volta tornato alla base, Collier scoprirà che il suo mitragliere verrà rimpiazzato da un giovane dattilografo di nome Norman Ellison (Logan Lerman) che è stato inviato sul campo a causa della mancanza di altri uomini. Non essendo stato addestrato a combattere, egli dovrà cercare di diventare subito una macchina da guerra come il resto dell’equipaggio del Fury, che lo soprannomineranno per l’appunto “Machine”, che convive ogni giorno con i ricordi delle cose orrende viste durante molte battaglie. Anche se la guerra sembra ormai vinta, i pericoli sono sempre dietro l’angolo ed ogni distrazione può costare cara. In questa vicenda, i membri del Fury si troveranno anche dinanzi ad una difficile decisione che cambierà le sorti della loro viaggio.

La prima cosa che colpisce subito in questo film diretto da David Ayer è indubbiamente la crudezza delle immagini. I corpi schiacciati, martoriati e mutilati dalle guerriglie aiutano lo spettatore a comprendere meglio con quali orrori convivevano continuamente i soldati. Anche coloro che fanno da guida ai soldati e che in apparenza sembrano imperturbabili, come il sergente Collider, in certi momenti si lasciano prendere dallo sconforto e si mostrano in tutta la loro fragilità emotiva. Ayer si è dimostrato, perciò, molto bravo a riprodurre in questo film quelli che dovevano essere gli orrori che videro tanti soldati durante quel conflitto mondiale.

Brad Pitt interpreta molto bene il personaggio di Collider che svolge nei confronti del suo equipaggio il doppio ruolo di padre e sergente. In certi momenti si dimostra una persona comprensiva e gentile verso i suoi uomini, poiché sa che non è assolutamente facile per una persona affrontare questa terribile guerra. In altri momenti, invece, si comporta in maniera dura per spronare i suoi soldati a dare il meglio sul campo, poiché ogni singolo errore può costare la vita di tante persone. Nel caso del giovane Ellison, Collider arriva addirittura a forzargli la mano per fargli compiere un passo necessario per il suo addestramento alla guerra. Quest’ultimo è interpretato molto bene da Logan Lerman che riesce a mostrare in maniera efficace i dubbi, le paure e la rabbia di questo personaggio. Il suo personaggio, nonostante le azioni che sarà costretto a compiere, resterà sempre una persona pura e questa sua peculiarità verrà apprezzata sia dai suoi compagni che dai nemici. Ad un certo punto, il sergente Collider rivolgerà proprio al giovane Ellison una frase che riassume abbastanza bene lo spirito di questo film: “Gli ideali sono pacifici, la storia è violenta.”. Bisogna aggiungere che anche il resto degli attori che interpretano l’equipaggio del Fury recitano in maniera molto buona e, perciò, si ha davvero l’impressione di trovarsi di dinanzi ad un vero gruppo di soldati ben affiatato. Così come succede anche nella realtà, i soldati reagiscono in maniera diversa alla cose che vedono durante una guerra. C’è chi si affida alla fede come Boyd ‘Bibbia’ Swan (Shia Labeouf) e tenta di tenere alto il morale dei compagni. Trini ‘Gordo’ Garcia (Michael Peña) è un messicano usa l’umorismo per smascherare la sua paura. Grady ‘Coon-Ass’ Travis (Jon Bernthal), invece utilizza un atteggiamento da spaccone che più di una volta lo porterà ad essere in contrasto con alcuni membri del Fury.

In questo clima di tensione, ad un certo punto, il regista si dimostrerà anche molto bravo ad allontanare lo spettatore da questo mondo ed immergerlo in una situazione surreale e da quadretto familiare. Anche se stona un po’ con il periodo che si cerca di rappresentare, è davvero curiosa la scelta di utilizzare due diversi colori (che ricordano un po’ quelli che si vedono nei film di “Star Wars”) per differenziare i colpi sparati dai nazisti e dagli americani. Questo film ha ricevuto diverse critiche per una scena che è stata considerata come un’americanata: quella in cui l’equipaggio del Fury è costretto a prendere una importante decisione che cambierà il loro destino. Più che un’americanata, quel momento va visto come un atto di coraggio in cui si privilegia una scelta decisamente suicida per poter terminare la guerra il prima possibile ed aiutare dei compagni rimasti indietro. Il vero punto debole di questo lungometraggio bisogna rintracciarlo, piuttosto, nel fatto che non viene aggiunto niente di nuovo sul piano della storia in confronto ad altri film di questo tipo. In conclusione: nonostante la mancanza di novità ed alcuni difetti presenti sul piano della fedeltà storica e dei combattimenti, “Fury” può essere considerato lo stesso come un film buono ed intenso.

Voto: 7

Sabato Gianmarco De Cicco