"Viola di Mare" in scena al teatro Elicantropo di Napoli

viiola di mareNAPOLI – Al Teatro Elicantropo, da giovedì 19 a domenica 22 marzo, sarà in scena la rappresentazione “Viola di mare”, tratta dal romanzo “Minchia di re” di Giacomo Pilati, giornalista e scrittore e adattato per il teatro da Isabella Carloni, attrice, cantante e autrice. Il titolo “Minchia di re” s’ispira all’omonimo pesce ermafrodita che nasce femmina, depone le uova e diviene maschio. I siciliani lo chiamano anche “Viola di mare”.
La piéce, una coproduzione dell’Associazione Culturale “Arti e Spettacolo” e di “Rovine Circolari Teatro”, vede la regia e l’interpretazione della protagonista da parte di Isabella Carloni, gli interventi sonori curati da Alfredo Laviano, la scene da Giancarlo Gentilucci, i costumi da Stefania Cempini, le luci da Daniela Vespa. “Viola di mare” racconta un amore proibito durante il Risorgimento: in un’isola siciliana la giovane Pina s’innamora di un’altra donna. La protagonista per poter vivere questo sentimento, sfuggendo all’ira di suo padre e alla grettezza del paese, accetta di vivere travestita da uomo. Pina eredita con la sua nuova identità anche il potere che prima era di suo padre: comandare gli operai delle cave di tufo. La bugia del suo corpo mascolino diviene l’unica verità governata dall’apparenza e sigillata dall’omertà di tutti. La vicenda di Pina/Pino riflette anche la storia di un’epoca: la menzogna della donna è anche la menzogna di un Paese che sta nascendo fra promesse tradite e speranze disattese. Inoltre la ribellione di Pina diventerà un esempio di libertà per l’isola e segnerà gli animi più della legge dei potenti. Tuttavia per la ragazza il prezzo da pagare sarà la condanna a un’eterna mancanza d’identità, un continuo e rischioso osare, un incespicare dentro abiti estranei che le si attaccano addosso come una seconda pelle e che la conducono ad un esilio da se stessa. Isabella Carloni penetra nella realtà di una Sicilia che non vuol sapere, che non vuole accettare. Un’isola ricamata di profumi e di colori solari, grande e piccola insieme, che guarda il mare a braccia aperte, ma da cui si fa isolare.
La scena si apre sull’attesa di Pina di posare per un ritratto indossando abiti femminili dopo moltissimi anni. In quell’attesa riaffiorano nei suoi ricordi le tracce della sua esistenza. Improvvise scritte di luce titolano i passaggi di vita della protagonista, costringendola a precipitare in storie rimosse, svelandone le pieghe nascoste. La memoria quindi diventa una resa dei conti con se stessa. La protagonista rivive le cave e il mare dell’isola, il sotterraneo dove il padre la imprigiona, il pianoro ventoso sopra la montagna. Pina lascia che sul suo corpo s’inscrivano le figure del prigioniero Cecè, il volto doloroso della madre, il duro profilo di suo padre, l’angelico apparire della sua amata Sara. L’attrice esprime la metamorfosi di Pina attraverso il corpo, la voce, in una fisicità inquieta, in diverse sfumature emotive. La scrittura drammaturgica si sviluppa con la medesima essenzialità del romanzo rendendone memorabili i passaggi e nutrendosi dei suoi colori e delle sue atmosfere.

Tiziana Muselli