Analisi logica della politica italiana degli ultimi quarant'anni – II parte

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RGB baseFu l’iniziò del trasferimento delle sedi sociali e fiscali  di aziende, i nazionali trainanti l’economia interna  verso paesi a basso tenore fiscale.
La smobilitazione non preoccupava né politici né burocrati, il lavoro c’era, il benessere illusorio derivato dallo sviluppo industriale cresceva, lo stato era guidato da personaggi miopi, per non dire ciechi.
Ministri e burocrati costretti dall’evenienza e dall’evidenza imponevano tasse sempre più alte, con queste venivano pagati i nuovi servizi, strade, metropolitane, porti, aeroporti, stadi, piscine. Le entrate però non andavano di pari passo per pagare gli interessi sul debito.
I responsabili dello stato  che non ce la faceva a pareggiare il bilancio annuale,  ordinavano alla Banca d’Italia di emettere nuove obbligazioni, di  coniare nuova moneta, di conseguenza  anche l’aumento della tassazione fu causa d’inflazione. Il valore dell’oro depositato alla Banca d’Italia non corrispondeva minimamente al denaro emesso, come avrebbe voluto  la regola del buon amministratore, se non quella del buon senso.
Ogni italiano, facilmente assuefatto alle novità che il benessere portava, chiedeva sempre di più. Erano richiesti con insistenza servizi pubblici a costi limitati, infrastrutture, strade e quant’altro.
I politici di turno, per aumentare i loro elettori, elargivano a piene mani favori e concessioni a destra e a manca. Nulla costava elargire: così facendo raccoglievano più voti e celebrità tramite la corruzione degli intrallazzatori. Per di più portavano soldi al partito e soprattutto alle proprie tasche.
I governanti di turno, spesso gli stessi per decenni, non lesinavano in nulla tanto a pagare era lo Stato.
I soldi arrivavano, sotto forma di B.O.T., C.C.T.  e  altre obbligazioni. Anche la mafia acquistava titoli del debito pubblico, con interessi pagati a peso d’oro.
I loro soldi sottratti allo stato con la compiacenza d’attori della politica, riciclati all’estero ben puliti, immacolati, rientravano in patria sotto forma d’investimento, a coprire puntualmente la voragine che si stava sempre più allargando.
Stanziamenti statali  emanati con leggi e leggine ad hoc, promulgate in aiuto ai vari territori terremotati, o a ditte fantasma, che avrebbero dovuto fondare industrie al sud,  o per presunti aiuti a paesi sottosviluppati, dove lavori faraonici  venivano eseguiti  solo in parte e poi abbandonati a se stessi.
Centinaia di migliaia di miliardi di vecchie lire dentro valige diplomatiche in questo modo hanno involato verso paradisi fiscali, per poi ritornare in patria sotto forma d’investimento estero. Quasi un prestito dello stato a sé stesso, ma con un interesse ed un capitale da restituire a privati delinquenti, politicamente coinvolti.
Nessuno pareva o voleva accorgersi che il baratro finanziario statale richiedeva sempre più per interessi, quindi è continuata l’emissione di tasse e gabelle.
«Facciamo finta che tutto va bene, qualcuno un giorno il debito lo pagherà» era il pensiero comune d’ogni italiano, e l’evasione fiscale aumentò, frutto dell’esperienza in sopravivenza insita in ognuno.
Quando era reso noto pubblicamente l’importo del debito che gravava su ciascun cittadino, anche del  neonato di un’ora, tutti i cittadini pensavano «Tanto io non lo pago, né mai lo pagherò». Ci penseranno i politici a ripianare i conti, sono loro che hanno fatto il buco.
Com’è  nata l’Italia nel 1861 siamo nati anche noi con un debito pro capite da pagare.
Purtroppo la realtà fa male ed ora a pagare dobbiamo provvedere noi tutti  italiani indistintamente, se vogliamo risollevare la nostra sorte, privata e della nazione.
Nel 1970 furono istituite le Regioni, ognuna  di queste fin dalla nascita pretese la propria  autonomia impositiva sempre più fortemente. Lo stato centrale, in difficoltà finanziaria, iniziò a cedere alle loro richieste d’imposizione aggiuntiva regionale, poi provinciale, infine comunale. Il tutto ha portato al oggi ad un prelievo fiscale globale  superiore al 77% ed è in continuo aumento progressivo.
Il crescente desiderio d’affermazione di potere dei vari onorevoli in ascesa, di destra e di sinistra, vide un continuo ricambio politico.
Una caratteristica molto particolare che contraddistingue il panorama politico direttivo italiano, ma anche una punizione che l’Italia si merita. È molto duro affermarlo, ma è così.
Seguirono al governo di Mariano Rumor, i governi Colombo, Moro, Andreotti. Ancora Rumor, poi ritornarono Moro e Andreotti più volte con altri esecutivi. E poi Forlani, De Mita, Spadolini. Quindi fu il turno di Craxi.
Bettino Craxi, presidente del consiglio, in pratica governante despota unico ed autoritario.
Capo del partito socialista, persona autorevole, determinato al potere ed alla grandezza, nei pochi anni del suo governo aumentò vertiginosamente il debito pubblico di centinaia di migliaia di miliardi di vecchie lire, tanto che a quel punto divenne improponibile perfino alle calcolatrici normali digitarne la cifra.
La sua idea era di stampare una nuova moneta – la lira pesante – così avrebbe potuto meglio giustificare le cifre esponenziali in aumento della spesa statale e del debito pubblico.
Come nei governi precedenti, i miliardi di lire previsti nel bilancio annuale non erano mai sufficienti a coprire le spese correnti, gli investimenti dello stato.
La Banca d’Italia, obbligata dal Ministero del tesoro, doveva stampare in continuazione nuova moneta e nuove obbligazioni statali,  facilmente vendute alle aste, con l’aumento sempre maggiore del costo d’interesse.
Le aste dei B.O.T. e dei C.C.T iniziarono ad attrarre investitori esteri. Allora cominciarono a metterci il naso le società americane di valutazione del rischio che valutarono l’Italia con la “tripla A”.
Durò quasi quattro anni il potentato Craxi. Gli succedettero al governo nuovamente Fanfani, poi per un breve periodo De Mita, quindi Andreotti per più di tre anni, ancora Amato. Infine nel 1994 si insediò Berlusconi.
Il caro Silvio arrivò al potere, tramite le sue televisioni con la sua esperienza da imprenditore creatosi dal nulla. A sentirlo doveva liberarci dal giogo del debito, rilanciare l’Italia, renderci tutti benestanti e felici.
Vane ed inutili furono per tanti anni le sue  promesse e premesse elettorali. Perseguitato dalla magistratura di sinistra per il suo potere finanziario, contornatosi di politici opportunisti ed inutili, ha portato allo sfacelo  la povera Italia.
Nelle ultime sue battute internazionali con l’aiuto di Sarkozy, l’allora presidente francese, Berlusconi fece nominare Mario Draghi alla presidenza della B.C.E. In cambio dell’aiuto politico ricevuto operò senz’altro per la cessione della Parmalat al gruppo francese Lactalis.
La Parmalat, gioiello dell’industria italiana, colosso dell’industria lattiero casearia, sia nazionale sia internazionale, costruita dal nulla da Callisto Tanzi, fu portata al fallimento dal sistema d’ingordigia delle banche  nazionali,  dirette da banchieri  ignobili, politicamente protetti.
Così ebbe inizio la svendita delle aziende trainanti l’economia nazionale verso i paesi esteri; tuttora gli stessi fanno shopping d’industrie italiane.
L’imposizione di tasse e gabelle di tutti gli organi dello stato – comuni, province, regioni, enti – ha nel tempo reso impraticabile il lavoro e lo sviluppo del nostro paese, senza poi parlare della burocrazia in generale e di quella istituita a protezione dell’Ambiente, della sindacalizzazione esasperata della classe operaia, del continuo aumento del costo del lavoro.
A  causa principalmente dell’inflazione che gonfia i numeri del costo del lavoro, ma ne diminuisce il valore intrinseco d’acquisto di beni e servizi, moltissime ditte hanno traslocato all’estero le proprie attività, impoverendo esponenzialmente la nazione intera, a nome e per conto del mero profitto personale.
Il professor Prodi, comunemente chiamato il mortadella per le sue origini bolognesi, fu eletto alla presidenza del consiglio dal 1996-98. Il suo governo, è da dire,  limitò il propagarsi del debito pubblico  nel periodo di permanenza al potere, ma anch’egli non pensò minimamente ad abbassare l’incidenza  del debito, anche in presenza di un tesoretto di quindici miliardi di lire trovato nelle pieghe di bilanci precedenti, non pensò di alleggerirne il peso
Una volta uscito dalla scena di governo fu nominato presidente della commissione europea nel 1999.  Lì rimase fino al 2004. Durante la sua presidenza alla U.E. portò a termine il progetto di unione monetaria europea, (era il 1° gennaio 2002). Immise l’Italia nell’euro con un parametro di sudditanza economica pari a  1932,26 lire per 1 euro. Circa.
La lira nell’anno in questione viveva un periodo di forte difficoltà politico-economica sia interna che internazionale, avendo subito una  svalutazione esponenziale nei confronto del dollaro e del  marco tedesco.
Negli anni ’90 -‘93 il tasso praticato dalle banche sui prestiti a medio termine arrivò alla soglia del 30%  composto annuo.
Il lavoro c’era, ma ogni sforzo lavorativo era assorbito dall’usura legalizzata praticata dal sistema bancario, diretto dall’allora governatore della banca d’Italia Ciampi. Non un politico, non un economista di rilievo si fece carico del problema, nessuno pareva accorgersene.
Ciampi, aumentava il tasso d’interesse di giorno in giorno, la sua teoria era che così facendo frenava l’inflazione. La realtà ben differente si notava settimanalmente, tramite gli aumenti del costo di tutti i beni e la continua perdita di valore di scambio della nostra moneta nei confronti dell’estero.
Gioivano i possessori di B.O.T. e di C.C.T., come pure i depositari dei risparmi bancari, per non parlare degli investitori in fondi d’investimento internazionali che videro aumentare i loro profitti, anche del 30% annuo, e tutto a scapito dei disgraziati imprenditori che lavoravano come schiavi e credevano di guadagnare qualcosa dalla mole di lavoro.
Erano gli anni tra il 1991 ed il 2001. Governo dopo governo, in alternanza tra Ciampi-Berlusconi-Dini-Prodi-Dini ancora Prodi- D’Alema- Amato- infine Berlusconi- tutti i nominati alla presa del comando quali presidente del consiglio – decretarono l’immediato aumento dei prezzi dei carburanti,  un bancomat da cui estrarre a stretto giro soldi freschi, in contanti, indispensabili per organizzare la festa d’inizio carnevale del governo.
Berlusconi fu aiutato nei giochi di potere da qualche onorevole di destra e di centro, per non parlare del leghista d’eccezione onorevole Bossi, e del braccio destro onorevole Tremonti. Oggi fortunatamente  scomparsi dal panorama di rilievo della politica nazionale. Silvio con le sue promesse del «Faccio tutto io», ha portato il paese al tracollo finanziario, politico, morale.
Ultimo a governare l’Italia con una forza di centro, il Berlusconi  dell’ultima legislatura dopo diciotto mesi di promesse non mantenute, distintosi  in concomitanza del terremoto dell’Aquila  a promettere miracoli, e dirigere le operazioni faraoniche di primo soccorso, con spese inusitate e risultati effimeri, coadiuvato nell’opera dal responsabile della protezione civile Bertolaso, scomparso pure lui dalla scena e incalzato dalla magistratura, per appalti assegnati ad amici di amici.
Infine Berlusconi dovette cedere il comando della nave Italia per ordini superiori del presidente della repubblica, sotto l’incalzante default finanziario dello stato.
Nell’intento di cavare le castagne dal fuoco, ha ribaltato le stesse nella brace, con la nomina a  primo ministro il non eletto professor Mario Monti, napoletano,  che governò con una  compagine di bancari e docenti in pensione, persone vecchie. Dovevano di per sé dimostrarsi sagge, dare un indirizzo politico sociale e finanziario di sviluppo e certezza alla nazione e finirono per svilire del tutto il panorama nazionale.
Il professor Monti, super tecnico quale si doveva chiaramente dimostrare, non è stato da meno dei suoi predecessori. Oltre al canonico immediato aumento dei carburanti, ha avuto la formidabile idea di inquisire tramite il corpo della Guardia di Finanza i possessori d’auto di lusso, di barche grandi e piccole, ed ogni forma di vacanza facoltosa. Così facendo in un sol colpo ha distrutto il comparto suv, auto costose, barche, e vacanze da milionari.
Non soddisfatto del danno causato, Monti dopo aver messo un ginocchio mezza nazione, ha riformulato la tassazione della casa, abrogata dal governo Berlusconi. La casa, il  sogno e salvadanaio di tutti gli italiani.
La conseguenza deleteria di questo provvedimento è stata il calo vertiginoso delle nuove costruzioni ed il blocco quasi totale dei nuovi acquisti.  Ha riportato in due anni la nazione alla comparazione in licenze edilizie rilasciate nel 1936, con il conseguente calo del giro d’affari che teneva in piedi l’altra mezza economia nazionale.
Ancora, il nominato onorevole Mario Monti, ha inventato – per necessità estrema – il patto di stabilità dello stato, che fra le altre normative prevede l’accentramento di tutti i risparmi degli enti nazionali nella cassa comune statale.
I denari raccolti dagli enti sono stati utilizzati per l’acquisto di B.O.T. e C.C.T., cosi tutti i soldi d’enti e comuni sono scomparsi nel calderone del debito pubblico. Naturalmente questi soldi sono e rimarranno per sempre irrimborsabili ai legittimi proprietari.
Anche a volerlo lo stato non ha più un denaro bucato nelle casse per poterli restituire. A causa di quest’oneroso provvedimento migliaia di comuni si sono trovati in gravi difficoltà economiche.
Mario Monti, da bravo banchiere, ha inoltre sostenuto le banche con provvedimenti a loro favore.
Uno di questi  si riferisce alla concessione al Monte dei Paschi di Siena di un forte aiuto finanziario statale, cioè il frutto raccolto dalla tassazione I.M.U. sulla casa da parte dello stato.
Per ultimo ha fatto contrarre alle banche italiane nei confronti della B. C. E.  un debito di circa 250 miliardi di euro.
La banca centrale Europea governata dall’amico e collega Mario Draghi, ha prontamente elargito il prestito alle banche Italiane ad un tasso dello 0.5%. Questi soldi poi le banche li hanno investiti nell’acquisto di B.O.T. in scadenza, in modo da far apparire Monti il salvatore della patria.
L’operazione ha raggiunto lo scopo, quello di procrastinare il default governativo, regalando nel frattempo alle grandi banche utili garantiti dallo stato con un interesse annuale del 5%.
C’è da dire però che i banchieri hanno fatto il conto senza l’oste, ossia uno stato zoppicante e malato di corruzione e mal diretto, che non aveva né avrà in futuro i soldi per rimborsare il debito.
Si è venuto a creare con questa azione il presupposto di fallimento delle banche italiane in concomitanza con il prossimo default dello stato.
Si può ben affermare che il Professor Monti,  coadiuvato dagli emeriti ministri bancari e professori vari nel breve periodo vissuto al governo del paese, ha dato un bel colpo all’economia e alla fiducia degli Italiani.
Sua è la  responsabilità di innumerevoli e deplorevoli fallimenti di ditte private, anche per il mancato pagamento delle commesse statali.
A seguito dei tantissimi decreti trasformati in legge con l’imposizione della fiducia al parlamento, ha raggiunto gli scopi che bene o male il governo riteneva  indispensabili.
Ha inoltre  portato parecchi imprenditori  a suicidarsi, colpiti dallo sconforto nel vedere quarant’anni di lavoro buttati,  le loro ditte fallite, distrutte da politicanti da strapazzo.
Il gran vecchio, il Presidente della Repubblica, visto il grave errore commesso, ha tolto lo scettro del potere dalle mani di Monti condannandolo all’oblio, ma oramai il danno era stato fatto.
Di seguito sempre lo stesso  ha messo lo scettro del potere nelle mani del centrosinistra, suo stesso partito d’elezione.  Non riuscendo però l’allora leader Bersani a raggiungere un accordo fattivo di governo con altri partiti per raggiungere la maggioranza, ha dovuto declinare su di un semisconosciuto onorevole Letta.
Fine seconda parte

 Gilberto Frigo

Prima parte:                                                                                                                                                           https://www.lospeaker.it/?p=44347