La naturopatia

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naturopatiaUn’equipe di giovani studiosi e naturopati Carmela e Angela da Cava de’ Tirreni, patrizia di Battipaglia, la dottoressa licia da Salerno, dirette da Martino Santaniello, lo studioso Paolo De Pascalis, e seguite da me in qualità di storico e ricercatore, nel 2013 iniziarono un percorso di studi sulle ricette, erbe, rimedi della farmacopea naturale occidentale tipica dei monasteri.
Da antichi documenti arrivati ai giorni nostri, negli ultimi due anni iniziando dal piacentino e passando per la Toscana, Lazio, Umbria, lo scorso agosto si fermarono al monastero francescano della Madonna dei Lattani a Roccamonfina nell’alto casertano.
Le ricerche documentate effettuate negli archivi e nelle farmacie erboristiche dei conventi italiani sono state dunque riunite, dopo aver consultato la biblioteca dei Girolomini e quella di Santa Chiara in Napoli e nella badìa circestense di Cava de’ Tirreni. Le ricette sono state confrontate con i testi di farmaceutica dell’antica Università di Medicina di Salerno.
I giovani che hanno preso parte a quest’appassionante ricerca, lontani dal frastuono stressante della vita odierna, mentre lavoravano su antichi tomi e pergamene, confrontando a computer le ricerche, mangiando spesso nei cenobi e dormendo in celle monacali, hanno pregato e salmodiato cori in latino meditando in un trionfo della natura rigogliosa. Tra caldo e freddo,con gioia, entusiasmo hanno respirato il vento e il profumo di erbe medicamentose. Hanno ritrovato così il vero senso della vita tra le regole di monaci gentilissimi, saggi ed eruditi, pazienti, pronti alla collaborazione, sempre con il sorriso.
I monasteri, pieni di bellezze artistiche e naturali, devono la loro fama anche all’antica sapienza botanica dei monaci che da secoli realizzano prodotti curativi di ogni specie.
Rimedi che sembrano essere usciti da un libro di favole, come ad esempio l’uso di ragnatele per i morsi canini. Per secoli i frati si sono inerpicati su colline e montagne o sono andati per campagne alla ricerca di foglie, radici e bacche o coltivandoli nell’orto del convento, e con le ceste piene si richiudevano nei laboratori speziali, dove, tra mortai, filtri, alambicchi, storte, fornelli, creavano medicamenti sbalorditivi con l’arte curativa della spagiria, dell’erboristeria, dell’alchimia e della medicina occidentale.
Nei tempi più antichi i segreti delle ricette venivano poi redatte in bellissima grafia miniata su pergamene che poi, una volta raccolte, diventavano tomi.
Fu proprio per coltivare questi gioielli della natura che nacquero gli orti dei monasteri, i cosiddetto botanicum herbarium o horto dei semplici.
Dopo l’essicazione in un ambiente ben aerato, le erbe, venivano poste nell’armarium pigmetariorum, un armadio dalla robusta struttura che non lasciava filtrare aria e luce e maantenev inalterate le proprietà terapeutiche.
Con il tempo i monaci divennero anche ottimi liquoristi: per la cura delle malattie non si utilizzavano solo tisane e infusi, ma anche vino e liquori dal sapore gradevole.
Tra i vari monasteri va segnalato quello dei benedettini camadolesi della casa principale di Popi, Arezzo, dalla quale dipendono gli altri nove conventi. Il monastero di Popi venne fondato da San Romualdo nel 1012 e la congregazione fu approvata da papa Pasquale II nel 1013.
I monaci camaldolesi vivono una vita di contemplazione in eremi con celle separate per ciascuno di loro, dedicandosi allo studio, ai lavori agricoli e alla protezione silvicola. Solitudine, vita fraterna, preghiera e lavoro manuale, sono i valori complementari che si integrano nell’esistenza quotidiana dove v’è una costante ricerca del volto di Dio, in umile obbedienza, in un clima di gioiosa penitenza e con lo spirito di semplicità e di povertà dei primi circestensi. Si sostentano con il lavoro manuale, agricolo e artigianale che permette loro di guadagnarsi il pane in solidarietà con tutti gli uomini e di condividerne i frutti. Tra le loro specialità prodotti come la calamarata liscia, un liquore curativo, il brandy della certosa, il cisternium finissima.
Nel corso del nostro itinerario di studi abbiamo constatato che ancora oggi nei monasteri si possono acquistare prodotti realizzati in loco, ma anche altri preparati da congregazioni e ordini religiosi diversi, come le erbe per infusi e decotti provenienti dall’Italia nord orientale, come le creme antisettiche alla propoli dei Benedettini di Praglia, lo squisito cioccolato dei Trappisti delle tre fontane, le marmellate delle monache circestensi di Vitorchiano.
Una volta i religiosi realizzavano da sé anche bottiglie, ampolle, vasi e vasetti. Oggi, con le moderne leggi igienico-sanitarie, sono dovuti ricorrere alla moderna industria di settore pur mantenendo la forma dei contenitori, come ad esempio la classica bottiglia dell’elisir di Casamari.
Visitata con ammirazione ed umiltà quasi imposta dal nome e dal posto mistico e magico allo stesso tempo dell’abbazia di Chiaravalle, badia cistercense di Alseno, Piacenza, fondata l’11 aprile 1136 da San Bernardo, il famoso predicatore che promosse il riconoscimento a vero e proprio Ordine dei Cavalieri Templari Crociati in Terrasanta nel convento di Cluny in Francia nel 1128 redigendo una propria regola, simile a quella Circestensi per la Milizia Equestre di Cristo.
Secondo la formula bendettina Ora et labora, i circestensi di Chiaravalle si sono specializzati nella vendita di liquori, tisane, profumi, mieli pregiati, propoli, e medicinali fitoterapici.
Anche nel monastero delle Benedettine di Pistoia Santa Maria degli Angeli da due secoli si produce la tisana per la depurazione del sangue, con effetti diuretici e antinfiammatori che, se assunta a digiuno per un mese, combatte la ritenzione idrica e la pressione alta e abbassa il colesterolo. La formula manoscritta di questo medicamento fu riscoperta all’inizio del ‘900 da Maria Cristina Carrobbi, abbadessa farmacista tra 1892 e 1904 e speziale di rimedi naturali contro gotta, colesterolo, artrosi in forma sia di tisane che di erbe liquorose.
Poi, nell’Abbazia di osservanza benedettina di San Clementea Causaria di Torre dei Passeri, Pescara, si vende ancora il liquore di cent’erbe realizzato con una ricetta ultracentenaria.
Al convento benedettino di San Candido, Bolzano, lungo la via del passo del Brennero, vi è la produzione di vini pregiati, con irossi Lagrein, al primo posto nella produzione, lo Schiava con il Santa Maddalena e il Lago di Caldaro Scelto, il Pinot Nero e il Moscato Rosa, e i vini bianchi Pinot bianco e grigio, Chardonnay, Traminer o Termeno aromatico, tutti conservati in grandi botti nell’antica cantina del castello acquistato dai monaci nel 1968.
Come pure l’abbazia di Piona sul lago di Como è famosa per i suoi mieli e le marmellate di lamponi, more, mirtilli, ribes, contro l’invecchiamento della pelle, specialità anche del monastero di San Pietro e Paolo di Germagno sul lago d’Orta a Verbania, Piemonte.
Se poi si scende nel vicino Lazio a Subiaco si trova il monastero del Sacro Speco, dove si ritirò San Benedetto all’inizio del VI sec., dove i monaci vendono i prodotti della loro “farmacia delle api”, ovvero tisane, saponi,pomate curative, propoli, polline, miele, tonici, liquori, elisir e liquori. Né si dovrebbe lasciare di visitare la vicina Certosa di Trisulti, a Collepardo, in provincia di Frosinone, insediamento circestense del x sec., passando poi per il monastero dei Trappisti di Frattocchie dove si produce olio, vino e il famoso cioccolato al latte o fondente alle nocciole e gianduia.
Sarebbe ancora lungo l’elenco … Il consiglio che posso dare è di non tralasciare di visitare questi antichi centri religiosi che con la loro sapienza antica fanno ancora tanto per la salute e le sane abitudini dell’umanità.

Michele Di Iorio