Napoli: piazza Garibaldi

Napoli_piazza Garibaldi21 Dicembre 2014: non é possibile che la porta di Napoli sia ancora oggi infestata dai soliti truffatori.Ti propongono telefonini, tablet, di tutto e di più, ad un prezzo stracciato; poi vai a casa e nel pacco trovi il “pacco”. E poi il gioco delle tre campanelle e la pallina.
Non è possibile. Me l’avevano detto ma io non ci credevo. La piazza è infestata da truffatori come da topi.
Colpevoli sono principalmente chi ci cade perché convinto di acquistare merce rubata o senza pagare tasse, o chi, spinti dal sogno del guadagno facile, gioca d azzardo in mezzo a un gruppetto di lupi famelici che li ripuliscono.
Intanto mi passa davanti un gruppo di uomini, neri di pelle, forse africani, camminano con un fiero andamento. Sembrano guerrieri di una antica tribù, con vestiti occidentali, quando vanno fuori a caccia per procurare cibo per le loro famiglie. Hanno  borsoni pieni di mercanzie al posto degli archi e le frecce.  Sorridendo gentilmente mi salutano,  ricambio.
Dall’altro lato della piazza, oltre quella ragnatela d’acciaio, la copertura della nuova stazione della metropolitana, c’è una fila di  piccole donne, cinesi. Ordinano  gli oggetti, tanti oggetti, che terranno esposti per tutto il giorno  sui loro esili banchetti. Sono oggetti prodotti nel loro Paese, perfette imitazione di quelli europei. Piccoli strumenti elettronici, utensili, lenti. Accanto ad una di loro c’è un bambino, è seduto sul bordo del marciapiede sorride ai passanti distratti.
Poco più in là, di fronte all’Hotel Terminus, c’è una lunga fila di furgoni. Hanno i vetri coperti da piccole tende; scaricano, come fossero merce, giovani donne. Sono quasi tutte  bionde con luminosi occhi azzurri e verdi. Occhi stanchi, forse per i lunghi giorni di viaggio.
È  Piazza Garibaldi: polvere, auto, motorini che sfrecciavano con a bordo due-tre persone senza casco, odore di sfogliatelle e di patatine fritte.  Rumori, colori svariati,  voci e lingue si confondono in un unico impasto sonoro, informe. Su tutto regna il rumore del traffico.
È sempre – e da sempre – così.
L’impressione che si ha, entrando a Napoli dalla stazione centrale, è quella di una città caotica, sporca, pericolosa. Palazzi alti che fungono da supporti per giganteschi cartelloni pubblicitari. Volti ambigui che sembrano volerti fregare ad ogni passo. Stranieri, extracomunitari di ogni etnia, fermi o che si spostano a passo veloce in cerca di un lavoro giornaliero o un posto dove andare a dormire. Prostitute, belle e brutte, giovanissime o vecchie e cadenti, davanti all’ingresso di ambigui alberghetti, adescano il viaggiatore di passaggio. Truffatori, tanti.
Quella piazza e tutte le strade adiacenti, sono caratterizzate dalla presenza di attività commerciali di ogni tipo, negozi di elettrodomestici, di telefonia, di computer, di alimenti afgani, cinesi, marocchini e tanti altri esercizi che espongono fuori una lanterna rossa di carta di riso. È il segno distintivo della nuova imprenditoria che si è impadronita di quei luoghi, è cinese.
È Napoli, è sempre così da sempre, a qualsiasi ora di qualsiasi giorno. È brulicante di vita e di disperazione.
In questo caos, sarà per una mia distrazione, non vedo vigili urbani. Ma i vigili dove sono? Tutti a Piazza dei Martiri o a piazza Plebiscito?
Ahimé! Sembra proprio non ci sia niente da sperare. È Napoli, è la Napoli della Ferrovia.

Mario Scippa