La setta della carità carnale

InquisizioneNAPOLI – È la mattina del 12 luglio 1615. Nella chiesa romana di Santa Maria sopra Minerva il solenne silenzio, pesante come piombo, è rotto dalla voce delle tre persone processate per eresia dalla Santa Inquisizione. Alla presenza del Sacro Collegio dei cardinali, di molti prelati, dei signori e del popolo abiurano gli atti commessi e vengono condannati al carcere a vita.
Il commissario domenicano del Santo Uffizio, Deodato Gentile li ha trasferiti a Roma per privarli della protezione dell’ambiente napoletano. I nobili eretici, invece, hanno dovuto soltanto pronunciare l’abiura. Suor Giulia Di Marco, padre Aniello Arciero e l’avvocato Giuseppe de Vicariis sono stati arrestati a Napoli, dove hanno consumato uno scandalo senza precedenti.
Hanno istituito una falsa dottrina secondo cui l’atto sessuale non è peccato, ma  un tramite spirituale e meritorio verso Dio, eludendo l’obbedienza alla castità imposta dall’abito talare. L’orgasmo è considerato un’elevazione mistica. La venerazione del corpo della “santa” suora e  l’accesso alle sue parti intime – ritenute le porte del paradiso –  potevano sostituire la preghiera e purificare gli animi, costituendo un “atto di carità carnale”.
Per diffondere tale dottrina, Giulia ha raccolto i suoi figli spirituali in confraternite che contavano un folto numero di prelati di alto rango e d’insigni esponenti dell’aristocrazia napoletana e spagnola.
I loro riti orgiastici venivano celebrati a palazzo Suarez ed i discepoli erano indirizzati al culto attraverso una selezione:  gli uomini di età superiore ai 25 anni pregavano in una stanza, mentre i più giovani accedevano al corpo della santa in una stanza diversa.
Giulia Di Marco nacque nel 1575 a Sepino, nella provincia di Campobasso, ed era figlia di braccianti. Si ritiene che alla morte paterna fosse stata adottata come domestica da un mercante e tempo dopo trasferita a Napoli.
Divenuta giovinetta probabilmente fu sedotta e abbandonata da un servitore rimanendo incinta. Il neonato fu posto nella Ruota di Santa Maria dell’Annunziata, per affidarlo alla cura delle suore.
Alla morte della padrona, Giulia, mossa da un grande fervore spirituale, desiderò vestire l’abito di terziaria francescana facendosi apprezzare dal popolo per la sua pietà e la sua devozione. Le famiglie nobili la ospitarono e da tutti venne ricoperta da una crescente aurea di santità.
Nel 1603 circa la giovane ebbe un nuovo padre confessore, don Aniello Arciero, giovane e di bell’aspetto. Tra i due nacque un rapporto carnale e si convinsero dell’incolpevolezza dei loro atti, in quanto il giovane sacerdote credeva che i pontefici vietavano la sessualità libera perché lucravano sulla celebrazione dei matrimoni.
Don Aniello desiderava che la compagna diffondesse la dottrina, ma Giulia era timorosa. Allora l’amante le propose di svelarle i segreti confessionali, in modo che la donna, intrattenendosi con il penitente, avrebbe mostrato di possedere doti divinatorie.
Queste doti, e le visioni mistiche della suora, accrebbero ulteriormente la sua fama di santità tanto da ricevere l’appellativo di “Madre”. In seguito, alla coppia si unì Giuseppe de Vicariis.
La setta si diffuse rapidamente e, nel 1607, il tribunale del Santo Uffizio, insospettito dall’eccessivo rumore intorno a Giulia o mosso da denunce, avviò un’inchiesta che si risolse in un nulla di fatto, a causa della protezione di cui la donna godeva. Tuttavia, questo non fece che accrescere la fama di santità ed i sostenitori della suora, tra cui Caterina de Sandoval, viceregina di Napoli.
L’ordine dei teatini -chierici regolari nati dall’esigenza di un rinnovamento e fondati nel 1524 da san Gaetano di Thiene e da Gian Pietro Carafa, vescovo di Chieti, il cui nome latino fu Teate –  che mal sopportavano che la gloria di Orsola Benincasa, loro protetta e santa vivente, potesse essere oscurata dalla Di Marco certamente esercitò la sua pressione ai danni di  Giulia.  Infatti, è probabile che abbiano raccolto le confessioni di alcuni pentiti della setta segreta per costruire l’accusa di eresia.
Tuttavia, la vicenda inquietante di questa donna rimane un mistero: la setta della carità carnale si basava su riti sessuali a  sfondo misterico, si trattava di gruppi di potere cementati dalle pratiche sessuali o della sublimazione di un’esigenza fisiologica repressa dalle regole clericali?
 

Tiziana Muselli