Caravaggio e l’ambiente caravaggesco

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DCIM100MEDIAPORTICI –  A Villa Savonarola nell’ambito della rassegna letteraria “Ti presento un libro”, patrocinata dal Comune di Portici e dall’assessorato alla Cultura guidato da Raffaele Cuorvo, si è svolta la presentazione del volume  “Spogliando modelli e alzando lumi. Scritti su Caravaggio e l’ambiente caravaggesco”.

La presentazione è stata organizzata da Lo Speaker.it, dalla LSCOMMUNICATION S.r.l. e dalla Pro Loco Portici in collaborazione con l’assessorato alla Cultura.

All’iniziativa, moderata Celeste Fidora, architetto e presidente dell’associazione Amici delle Ville e dei Siti Vesuviani, hanno partecipato l’editore Pompeo Paparo di ArtstudioPaparo, Valentina Maisto, assessore alle Politiche Giovanili, e lo storico dell’arte Gianluca Forgione.

Una sconfinata ricerca esegetica si è da sempre soffermata sulle opere del Caravaggio. D’altronde, come potrebbe non affascinare e sorprendere il talento artistico di Michelangelo Merisi, costantemente in bilico tra la cronaca nera della sua vicenda biografica e la complessa maestria di quelle vertiginose pennellate che hanno mutato la storia dell’arte e il ruolo di chi si accinge a guardare un’opera di quel talento.

Le opere di Caravaggio richiedono infatti al fruitore non un fugace sguardo – come quello di chi attraversa velocemente i corridoi di un museo – ma di divenire un vero e proprio testimone oculare del miracolo composito che trae origine da un’attenta applicazione teorica sull’uso della luce e sulla scelta dei modelli, amalgamata ad una sublime ispirazione artistica.

Pochi artisti del passato riescono a svolgere un rapporto ancora diretto ed attuale con il pubblico, che si svolge hic et nunc grazie alla sovrapposizione di arte e vita, intreccio indissolubile tra genio e follia. Ancora oggi si rimane attoniti davanti ad un’opera di tale maestro, capace di riuscire a stabilire un rapporto immediato con il suo osservatore. Immediatezza resa dall’intensa elaborazione pittorica e dal suggestivo incrocio di luci, pose, prospettive e soggetti rappresentati.

Gianni Papi, la cui straordinaria mole di esperienze pregresse e studi sarebbe quasiimpossibile annoverare, coadiuvate dal lucido ma allo stesso tempo appassionato interesse per le opere del Caravaggio, ha giustamente meritato la fama di uno dei più insigni studiosi italiani del grande artista.

Ha saputo rendere, grazie ai saggi contenuti nella raccolta di questo corposo volume, i parametri basilari ma anche le complesse sfaccettature di un personaggio intorno al quale aleggia un immenso alone di mistero, nonostante i numerosi contribuiti offerti dalla storia dell’arte ora come nel passato.

Celeste Fidora e Gialuca Forgione
Celeste Fidora e Gialuca Forgione

Le principali novità rintracciabili nel suo volume sono state sapientemente affidate alla cultura specializzata del giovane storico dell’arte Gianluca Forgione, che ha sopperito all’assenza di Papi, impossibilitato a prendere parte alla presentazione.

L’esordio del suo autorevole intervento ha riguardato la scelta del titolo, preso abusivamente in prestito da Giovan Pietro Bellori, il primo biografo di Caravaggio, che ha avuto il merito di fornire alcune delle notizie più importanti sulla pittura seicentesca.

Bellori ha dimostrato di aver compreso perfettamente la grande rivoluzione del metodo realistico utilizzato da Caravaggio, che ha anticipato la fotografia ante litteram.

Forgione ha, attraverso una lunga esposizione, fornito le principali linee guida per approciarsi al testo di Papi, che si presenta come un variegato corpus saggistico.

La figura del Caravaggio in questa raccolta è stata presa in esame sotto un nuovo ed illuminante scorcio prospettico. L’interesse per l’autore ha riguardato il lato più divulgato del modus vivendi dell’artista, che ha avuto influssi diretti sulla natura della sua rappresentazione, e cioè quel Caravaggio che nutriva la sua ispirazione con il mondo chiaroscurale dei bagordi, delle osterie e delle taverne. Che sceglieva come modelli amici personali o anche ragazzi di strada ai quali chiedeva di posare travestendoli da altre figure, senza che alcun tipo mediazione si frapponesse tra la rappresentazione e la realtà. Che restituiva sulla tela – ed è questo l’aspetto rivoluzionario dell’opera di Papi – sotto un punto di vista meno indagato dalla storia dell’arte, quello cioè relativo alle sue produzioni su committenza in veste di  frequentatore dei palazzi del potere, dove ritraeva i volti noti del potere seicentesco.

Un Caravaggio più istituzionale, certamente maturo e nient’affatto sprovveduto che sapeva accompagnarsi ad alcuni potenti per ottenere dal suo estro, all’occorrenza, il necessario per condurre una dignitosa esistenza.

Ciò che si offre ad uno sguardo, anche profano, di chi non possiede rudimenti in materia, e che si posa per la prima volta sul copioso volume è il dipinto posto a sigillo in copertina.

«Il quadro più bello del mondo» viene definito nell’opera di Papi, che così in maniera del tutto originale ci rivela la preminenza che lo studioso, al di là della lucida e scientifica elucubrazione dell’opera analizzata, accorda al sentimento che gli spira dalla visione del dipinto

La scena raffigurata si trova nella Cappella Contarelli della Chiesa di San Luigi dei Francesi di Roma. Fu la prima opera  su commissione affidata al Caravaggio, che fino ad allora aveva realizzato solo tele di dimensioni medie, con poche figure e prevalentemente di soggetto profano. Il quadro ritrae San Matteo e l’angelo.  L’opera segnò una svolta decisiva nella carriera di Caravaggio e più in generale nella storia dell’arte europea.

Un ulteriore elemento innovativo che varebbe la pena di sottolineare, rintracciabile nel volume, è la presentazione di un “Ecce Homo” un quadro inedito che l’autore  propone come opera autografa di un giovanissimo Caravaggio. È un’acquisizione che, nonostante sia stata avanzata in maniera del tutto autorevole, ha suscitato non poche discussioni. Il che, come suggerisce Gianluca Forgione, contraddistingue opere che presentano un alto grado di interesse e curiosità.

Per concludere, nel soddisfare la richiesta dell’architetto Fidora che nel suo ruolo di moderatrice, gli chiedeva di accennare alla «scuola» degli allievi del Merisi, ha rilevato come Gianni Papi abbia avuto anche il merito in questa pubblicazione di aver attribuito attraverso un’analisi stilistica accettata oggi dagli studi internazionali, al pittore spagnolo Jusepe De Ribera, lo Spagnoletto, considerato come uno degli ultimi illustri caravaggisti, alcune sue opere giovanili, che hanno palesato come egli dipingesse in modo rivoluzionario già da adolescente.

Lo stesso Papi ha dedicato gran parte dei suoi studi all’argomento, che sono confluiti in una monografia pubblicata nel 2007, Ribera a Roma, che ha ispirato la realizzazione della mostra El joven Ribera al Museo del Prado di Madrid nel 2011.

Gli ultimi momenti della presentazione sono stati dedicati a rispondere alle domande dei presenti in sala  sul volume, sulla figura del Caravaggio ed in particolare sul suo peculiare utilizzo della luce dall’alto.

Francesca Mancini