Il film: Le meraviglie

film Le meraviglieGelsomina, un’alacre, intelligente e affettuosa preadolescente e la sua amorevole però asociale famiglia, sono apicultori  ecologici in una zona del Viterbese.
Gelso convince i suoi a partecipare ad una trasmissione-concorso in una tv locale. Con questo film (ITA-SVIZZ-GERM, ‘14), Alice Rohrwacher, alla sua seconda opera, ha vinto l’importante GrandPrix della Giuria a Cannes ‘14.
In una bella e approfondita autointervista, la regista affronta due concetti chiave che chiariscono alcuni aspetti del processo creativo del film: il primo è il disagio; l’altro è il procedere a strati.
Il primo riguarda il modo e le ragioni che hanno spinto questa famiglia  a vivere in campagna, e a fare gli agricoltori ecologici: «… si fatica assai», ma si è immersi in quella specie di cultura new age di tipo neo bucolica, rispettosa della natura; è un conflitto di non facile soluzione.
Non si è né contadini tradizionali e nemmeno cittadini: anche perché poi devono prevalere le ragioni della produttività, altrimenti non si sopravvive. Semplicemente.
E lì è tutta una famiglia che deve essere preservata e protetta. E questa è la scelta di fondo: l’amore per la famiglia.
L’altro elemento è il rapporto con le tradizioni e la cultura contadina: per essere compreso in modalità non sterile o solo banalmente consumistica, deve essere colto a strati. Cioè, se ho ben capito, immergendosi completamente nel vivere in quella struttura data, cogliendone il senso della continuità con coloro che ci hanno preceduti; assumendosi la responsabilità della continuità.
La regista è anche sceneggiatrice del film, e ha portato questa ricchezza di riflessioni all’interno della narrazione. Il film che ne è risultato è un’opera complessa, molto armoniosa, perché ricca di numerosi sottotesti. Nessuno dei quali, però, è trattato in maniera intellettualistica.
Prevale il senso della narrazione molto ravvicinato, molto centrato sugli attori: di tipo semidocumentaristico. Ma in questo procedere si manifesta lo stile personalissimo della regista. Che è attento alle sfumature e alle sottolineature sentimentali, anche quando è di scena il burbero e sempre incavolato genitore; perché c’è sempre lo spazio per fare intendere, con piccoli tocchi e sfumature, la corrente affettiva, di responsabilità e di cura reciproche che rende quella famiglia, all’apparenza disfunzionale, un insieme armonioso e vivido.
Il perno della rete è il rapporto tra Gelso, la giovanissima Maria A. Lungu (foto), e la madre, la carismatica Alba Rohrwacher, sorella della regista. È una relazione fatta di comprensione profonda, pur senza smancerie di sorta.
Il film si muove con un’attenzione di tipo interiore: le cose che avvengono sono come serigrafate nelle reazioni psicologiche agli accadimenti stessi.
Il gioco di montaggio è orchestrato con una eleganza e un’aderenza descrittiva molto sapiente: ci vengono date le informazioni sulle situazioni con svelta e puntuale aderenza, ma senza alcuna fretta o velocità. Marco Spoletini, il montatore, si conferma come uno dei più dotati della sua generazione.
Molto serio e riuscito è anche il lavoro della fotografia, diretta dalla francese, ma con vasta esperienza nel documentario e nella fiction internazionale, HélèneLouvart.
La cromaticità adottata restituisce la complessità del rapporto non facile né idillico coll’ambiente circostante, che è soprattutto di lavoro indefesso: ma non abbrutente; come si evince dall’irrompere dell’immagine del cammello, simbolo di irriverente e assoluta fantasia fiabesca. E più in generale dalla dimensione di purosogno,suggerita dalla trasmissione del concorso e dalla presenza della fata Bellucci.
La regista è riuscita a connotare tutto dagli occhi di Gelso che rivive l’esperienza nell’isola  della ricerca dell’ospite semiautistico che vi si era perso, con gli occhi dell’innocenza curiosa  e poetica di una ragazzina che si sta trasformando.
Alice Rohrwacher mantiene distinti i punti di vista: ma le aggreganti sono la sua partecipazione attenta e affettuosa a questo mondo e la messa in luce della poeticità delle anime, anticartolinistica.

Francesco “Ciccio” Capozzi