Una stanza al buio

Cinzia UgattiSALERNO – Una commedia gialla dai risvolti brillanti dell’autore romano Giuseppe Manfridi: Una stanza al buio regia a cura di Angelo Ruocco, in scena dal 14 al 29 dicembre al Piccolo Teatro del Giullare di via Matteo Incagliati.
Due attori in scena: lui è interpretato da  Matteo Amaturo; lei è invece
Cinzia Ugatti.
Le voci fuori campo sono di Mimma Virtuoso, Brunella Caputo, Alfredo Micoloni.
Lo spettacolo è accompagnato dalle luci di Virna Prescenzio e dalle musiche e supporto tecnico di Alfredo Micoloni.
Il thriller prende avvio dalla scena di un delitto: un condominio, un appartamentino, una sorta di garçonnière dall’arredamento vintage che mostra chiaramente il disinteresse del nuovo proprietario, abitata da uno scapolo malvisto dai condomini, essenzialmente inquilini che si avviano alla terza età.
Sul pavimento, una sagoma disegnata con il gesso indica la posizione del corpo ormai rimosso della vittima, lo scapolo impenitente.
Sul luogo arrivano un uomo e una donna: lui, l’amministratore dello stabile, sedicente scultore, lei, donna misteriosa, una avventuriera, calcolatrice e sicura di sé.
«Sarà poi vero che sono sempre le vittime quelle che finiscono per essere ammazzate?» Dalla domanda della donna scaturisce un serratissimo scambio di battute tra i due protagonisti, una vera e propria battaglia verbale.
I risvolti brillanti della commedia noir nascono dall’ingenuità e dalla fragilità di lui, che diventa creta molle nelle mani di lei, smaliziata e tosta.
Il dialogo tra i due si protrae tutta la notte, perché il quesito posto da lei si rivela il  fil rouge della piéce teatrale. Il lunghissimo dialogo tra colpi di scena e battute, ma anche di sottile psicologia, cattura l’attenzione dello spettatore fino alla fine di Una stanza al buio, uno strano gioco condotto dalla donna nei confronti del goffo interlocutore.
Della vittima resta solo la sagoma disegnata a terra, ma lo scapolo impenitente è in effetti il terzo protagonista, una presenza che tra segreti più o meno taciuti e parole che si rincorrono guida lo spettatore verso un imprevedibile epilogo.