La vita privata di Raimondo de Sangro

Raimondo de Sangro
Il principe di Sansevero nacque a Torremaggiore, in Puglia, nel 1710; sposò la cugina per parte di madre Carlotta Caetani d’Aragona; e su nove gravidanze, rimasero vivi cinque  tra  figli e figlie.
Carlotta, bionda, bella e virtuosa, dedita a opere di beneficenza, fece vita di corte reale come dama della regina Maria Amalia, consorte di Carlo III.
Purtroppo la moglie di Raimondo de Sangro non fu mai incline alle opere filosofiche, letterarie, storiche e alchemiche del marito, che vedeva piuttosto stravagante e misterioso, e spesso passava la notte sveglio in Cappella o in Palazzo per studiare e fare esperimenti, solo o in compagnia di pochi amici, di giovani domestici, scultori e pittori. Inoltre il principe di Sansevero disertava teatri, circoli mondani, logge e corte reale.
Quindi, non si poteva certo dire che fosse una coppia ben assortita.
Raimondo aveva una propria tipografia che poi vendette al re; nel 1751 smantellò l’officina di vetreria che si trovava nelle cantine del Palazzo: svolgeva moltee attività e non voleva suscitare troppa curiosità nel popolino pettegolo e superstizioso.
Per maggior prudenza spostò anche la sede della loggia massonica che aveva fondato a Palazzo dello Spagnolo ai Vergini, di proprietà dell’amico colonnello Moscati; cambiò perfino i locali del suo laboratorio alchemico, e lo spostò in un palazzo vanvitelliano in via dell’Infrascata – attuale via Salvator Rosa – di proprietà del mercante Michele Capurro, prendendo in fitto un appartamento al primo piano nobile più la cantina.
Ciò avvenne dopo l’incendio del 1763 che aveva parzialmente distrutto la sua biblioteca – forse volutamente appiccato per distruggere documenti muratori compromettenti per sé e per figlio il Vincenzo. In quell’appartamentino, dove certamente c’era più areazione rispetto ai sotterranei di Palazzo Sansevero, fece anche alloggiare il suo medico personale, il dottor Giuseppe Salerno, anatomista conosciuto nel 1758 a Palermo.
Il suo intento era di costruire con l’aiuto del clinico macchine anatomiche secondo la scuola universitaria palermitana di Anatomia; esempi di questo particolare esperimento sono i due esemplari risalenti al1763 custoditi a quel tempo a Palazzo Sansevero nell’appartamento della Fenice, tenuti ben lontano da occhi indiscreti.
Nel 1771, alla morte di Raimondo le due macchine anatomiche vennero trasferite nella cavea della sagrestia della vicina cappella gentilizia.
Raimondo de Sangro ebbe contatti sia epistolari che personali con molti esponenti della cultura europea, tra cui scienziati fisici e amanti degli studi sull’elettricità, come l’abate Beccaria di Torino, l’abate Nollet, accademico delle scienze a Parigi, lo Tschudy, Luigi Giuseppe d’Aquino di Caramanico, lord Herdeness, rosacruciano e ambasciatore della Gran Bretagna nel Regno, con la nobildonna Marianna Ardighelli, scrittrice, e lo scultore Giuseppe Sammartino.
Però, nella pubblicazione della sua opera alchemica La lettera apologetica del 1751 appare una  dedica a una donna misteriosa, la duchessa di S …
Dall’archivio notarile distrettuale di Napoli saltò poi fuori dall’epistolario una lettera del 2 dicembre 1764 della duchessa di S. indirizzata a Raimondo, in cui la sconosciuta nobildonna accettava l’invito nella casetta aereata di via dell’Infrascata per mirare insieme a lui la macchina anatomica femminile, realizzata insieme col medico Giuseppe Salerno, e la statua del Cristo velato nella Cappella Sansevero, lontano da pettegolezzi e occhi indiscreti.
Un’altra lettera del gennaio del 1765, scritta da grafia femminile, inoltre, ringrazia il principe delle mirabilie mostrate in Palazzo, nella Cappella e nell’appartamento dell’Infrascata; la scrivente era grata soprattutto perché le era stata illustrata la tecnica yoga detta del Pavone, la più sensuale, erotica, avvolgente tecnica della ricerca del piacere tantrico …
Importata per alcuni studiosi riservati come lui dall’India attraverso gli ufficiali e massoni della fregata olandese Phoenix, che nel 1763si fermò in rada a Napoli, la tecnica del Pavone da due anni era già conosciuta a Parigi da pochi eletti, che a loro volta l’avevano appresa da mercanti turchi e indiani.
Nella missiva la donna ricorda ancora il primo appuntamento nel chiostro maiolicato di Santa Chiara, davanti il dipinto in ceramica dei fratelli Vaccaro, che ispirò Raimondo per la realizzazione della carrozza anfibia, avvenuta poi nel luglio del 1770.
Chi era questa misteriosa duchessa di S.? Una delle donne con cui ebbe contatti il principe di Sansevero tra il 1751 e il 1765, la dotta MariannaArdighelli, la serva berbera Iris, la modella del Sammartino? O addirittura un’amante più letteraria e platonica che sensualmente reale?
Qualcuno con cattiveria insinuò che fosse l’adorata e colta figlia, la principessina Carotta, fattasi monaca per sua scelta in giovane età …
Questo mistero aleggia ancora tra il Palazzo e la Cappella, tra piazza San Domenico Maggiore, via Salvator Rosa e il chiostro di Santa Chiara, rispolverati dal cortometraggio La voce del sangue del regista porticese Francesco Afro De Falco, che sarà proiettato in prima visione a Napoli giovedì 21 novembre al Cinema Astra di via Mezzocannone.
Per maggiori informazioni e visionare il trailer si può visitare il sito ufficiale
http://afrofalco.wix.com/lavocedelsangue

 Michele Di Iorio