Castel del Monte, un misterioso libro di pietra


Siamo nell’Italia del sud, baciata dal sole del Mediterraneo, nell’anno di grazia 1240, nell’aurea età di Federico II di Svevia, re di Napoli e di Sicilia, il più istruito e colto sovrano d’Europa.
Federico di Hohenstaufen, l’eretico, cacciatore e maestro di falconeria, architetto, anticristo per i clericali cattolici, protettore di filosofi e alchimisti, astrologi, in specie arabi ed ebrei, càtari, il grande condottiero che aveva conquistato Gerusalemme nella sesta crociata, l’unico sovrano che era riuscito attraverso trattati diplomatici a scambiare libri rari con i potenti ma saggi musulmani.
Federico, Stupor Mundi, protettore dell’Università di medicina di Salerno e fondatore della Real Università degli Studi a Napoli, l’uomo mai domo che si scontrò con il papa di Roma e con i suoi cavalieri templari, che confiscò in Sicilia, in Puglia e in Calabria tutti i beni della Chiesa, nonostante le proteste e le minacce di scomunica di papa Gregorio IX.
Solo nel 1230 Federico II per ingraziarsi il pontefice restituì ai templari parte dei beni, trattenendo quelli di Puglia.
Nel 1231 il Papa inviò una lettera al re intimandogli di rendere anche i beni pugliesi; non ottenendo risposta, Gregorio IX inviò presso di lui l’abate di Casamari come ambasciatore, senza però ottenere successo alcuno.
Nel 1244 ritentarono ancora i templari di Brindisi, in particolare il precettore Beninsegna, ma si videro confiscare tutti i beni della terra d’Otranto per ordine imperiale.
Federico era un uomo retto: disprezzava tutto quello che era volgare, bandì il gioco dei dadi tra i suoi soldati, rinchiuse le prostitute in ghetti cittadini, non si ubriacò mai. Amava conversare, scrivere e ascoltare poesie, era appassionato di storia, racconti letterari, progetti architettonici, studiava astrologia, alchimia, kabala; possedeva numerosi trattati di medicina ermetica sia araba che greca e teneva una fitta corrispondenza con saggi mori della Spagna per imparare medicina e filosofia araba.
Nei suoi spostamenti tra Napoli e Palermo era accompagnato da un seguito di cento persone tra camerieri, servi, palafrenieri, staffieri, cocchieri; cinquanta tra cuochi , sottocuochi e garzoni di cucina, duecento carri con arredamento, guardaroba e cucina da campo; 300 armati della Guardia Reale, di cui cento erano arabi di Lucera, cento teutonici e i rimanenti guardie del corpo a cavallo. La corte itinerante era completata dalla presenza di giocolieri, buffoni, artisti e poeti.
L’astrologo capo di corte era Michele Scoto, scozzese, che aveva fatto studi di latino ad Oxford e Parigi e aveva appreso l’arabo Toledo; aveva compiti di traduttore, ma era anche medico, matematico, kabalista, storico, filosofo, alchimista e potente negromante: si dice evocasse gli spiriti dei defunti annullando misteriosamente le leggi del tempo e dello spazio e la terribile facoltà di entrare nel passato e nel futuro come un qualsiasi viaggiatore.
Federico in data 29 gennaio 1240 diede ordine per lettera indirizzata a Riccardo di Montefuscolo, giustiziere regio di Capitanata, la provincia di Foggia, di completare la costruzione di Castel del Monte, che si trova su di una collina delle Murge occidentali a 540 metri s.l.m., a 18 km dalla città di Andria, sui resti di una precedente fortezza longobarda, ampliata dai normanni e ricostruita dai cavalieri templari di Foggia dopo il 1141; i lavori vennero interrotti nel 1228 per la confisca dei beni pugliesi da parte del re.
Federico raccomandò inoltre al Montefuscolo di predisporre tutti i materiali e il necessario per la costruzione del maniero presso la chiesa benedettina di Santa Maria al Monte.
Il primo architetto regio fu un locale, Riccardo da Lentini, che iniziò i lavori su progetto curato dallo stesso re, che durante la crociata in Terrasanta a Gerusalemme rimase molto impressionato dalla Cupola nella Roccia; venne anche ispirato dalla Cappella palatina di Aquisgrana, che racchiudeva invece la simbologia ermetica del Sacro Calice di Gesù, il Santo Graal.
Fridericus Secundus optò per una pianta ottagonale; tutta la fabbrica fu improntata al simbolismo del numero otto: si alzava su due piani, con torri e stanze ottagonali.
Il castello non ebbe mai funzione militare, sebbene avesse scale che salivano in senso antiorario in modo da poter essere difese dall’interno solo con la mano sinistra; sui muri di cinta aveva però feritoie cosi strette da non poter scoccare archi e frecce o balestre, nonostante l’apparente vistosa possanza.
La struttura richiamava inoltre la corona reale sveva, o corona del re del mondo o del re del Graal.
All’interno vi erano 8 stanze ottagonali al piano terra e 8 al primo; 8 bagni ma nessuna cucina.
Le finestre erano tutte bifore, tranne una sola al primo piano trifora e rivolta verso Andria; un cortile interno ottagonale con vasca centrale ottagonale; ai lati portale di ingresso, in alto, si trovavano due leoni in pietra che si guardavano.
L’intera costruzione rappresentava la perfezione sia geometrica che astrologica; alcune finestre provocavano giochi di luce in chiaroscuro sulla pietra calcarea della costruzione, abbellita all’interno da toni di breccia corallina; portali, colonne con capitelli corinzi, foglie di acanto in pietra con mensole e muri interni scolpiti con strani segni glifoidi e astrologici.
Sotto le torri del castello si trovavano cinque cisterne d’acqua.
Castel del Monte alla morte di Federico di Svevia, avvenuta nel 1250, a cinquantasei anni d’età e forse per veleno, era quasi terminato; fino ad allora il re vi aveva sostato quando andava a caccia col falcone.
Si sa che Scoto codificò proprio nel maniero a pianta ottagonale i precetti cari a Federico, mentre il sovrano vi scrisse un trattato di falconeria sulla falsariga di un manoscritto arabo del medico e astrologo Moamin; nel 1249 Federico di Hohenstaufen partecipò ai festeggiamenti tenutisi a Castel del Monte per le nozze della figlia naturale Violante con Riccardo Caetani, conte di Caserta.
Inoltre, quando nel 1244 sbarcò a Genova, proveniente da Marsiglia e prima ancora dalla Provenza, un piccolo gruppo di profughi cataro albigesi del Castello di Montsegur assaltato dai cattolici, vennero ricevuti da Federico a Napoli, e trasferiti un mese dopo per prudenza a Foggia e quindi ospitati in Castel del Monte.
La vita dell’imperatore si svolse tra Napoli e Palermo, e sono molte le testimonianze che lo riguardano; rimane solo il mistero dei soggiorni periodici del Puer Apuliae in Puglia.
Le vicende della casa di Hoenstaufen si avviarono al declino dopo la morte di Federico; Castel del Monte diventò luogo di segregazione per la sua vedova, la quarta moglie Isabella d’Inghilterra, e i suoi tre figli Margherita, Enrico Carlo Ottone e Federico.
Nel 1261 re Manfredi, ultimo sovrano svevo del regno di Napoli e di Sicilia, altro figlio naturale di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, per ingraziarsi la Santa Sede restituì integralmente tutti i beni ai templari in Sicilia, Calabria e Puglia, tranne Castel del Monte che rimase affidato ai cavalieri teutonici, diretti dall’autorevole Gran Maestro fra Hermanno de Salza, cui obbedivano perfino i mercenari arabi di Lucera.
Nel 1266 il Regno passò agli Angioni, che restituirono entro il 1268 tutti i beni espropriati alla Chiesa sempre ad eccezione del maniero ottagonale, che nel 1308 venne espropriato dal regio demanio di Foggia e venduto ai principi del Balzo di Presenzano, che vi celebrano il matrimonio tra il rampollo Bertrando e Beatrice d’Angiò; nel 1326 vi fu lo sposalizio di Maria del Balzo con Umberto de La Tour, delfino di Francia.
I principi d’Andria usarono Castel del Monte come prigione feudale; in seguito appartenne ai Consalvo d’Aragona e dal 1681 ai Carafa d’Andria.
Dopo un periodo di damnatio memoriae, nel 1876 il castello venne acquistato dallo Stato; il restauro fu effettuato in varie fasi, ma il degrado di quello che fu il libro di pietra della vitae del pensiero del grande Federico II continuò in modo inesorabile, tanto che venne persino usato dai pastori come ricovero per le greggi, sebbene nel 1936 fosse stato dichiarato monumento nazionale.
Il restauro che ha riportato Castel del Monte alle condizioni originarie è avvenuto tra il 1975 e il 1981.
Nel 1996 l’UNESCO lo ha inserito nella lista dei Patrimoni dell’Umanità «   … per la perfezione delle sue forme e per l’armoniosa unione degli elementi culturali del nord Europa, del mondo islamico e dell’antichità classica, tipico esempio di architettura militare del medioevo».

Michele Di Iorio