San Leucio, la Repubblica fondata sul lavoro


Pentecoste del 1789. Dopo la Santa Messa celebrata nella chiesa del palazzo dei principi Caetani di Caserta, risalente al 1776, e dopo che due bambini, un maschio e una femmina, avevano portato all’altar maggiore un canestro di rose, fuori sul sagrato ebbe inizio una cerimonia semplice, toccante.
I seniori del popolo di San Leucio del Sannio,che rappresentavano il locale comune e il sovrano re Ferdinando IV di Borbone, distribuirono ai giovani una rosa bianca e alle fanciulle una rosa rossa.
I fidanzati, 20 anni gli uomini e 16 le ragazze, schierati gli uni di fronte agli altri in lunga fila, compirono l’atto di simpatia reciproca scambiandosi i fiori come promessa, tra la gioia dei genitori e dei maestri d’arte, categoria sindacale di lavoro.
Era una parte del regolamento della Colonia di San Leucio, scritto da Antonio Planelli da Bitonto sulla base delle idee del filosofo del Diritto Gaetano Filangieri e dell’economista Antonio Genovesi.
La prima bozza del 1776 fu a cura del marchese Bernardo Tannucci, corretta poi dal giurista procidano Michele de Iorio, su richiesta del nuovo primo ministro borbonico cavalier Giovanni Acton, con il beneplacito di re Ferdinando IV di Borbone.
San Leucio ancora oggi sorge intatta su un’altura vicino la villa col belvedere già dei principi Caetani di Sermoneta e di Caserta, espropriata dal regio demanio nel 1738 e divenuto Real Casino di caccia di re Carlo III nel 1752 e poi del figlio Ferdinando.
Oltre il cosiddetto casino reale di caccia o Belvedere di San Leucio, dal 1772 era presente nel borgo anche una fabbrica di seta, ampliata nel 1773; dal 1776 vi fu una chiesa parrocchiale.
I lavori per creare una vera e propria colonia iniziarono nel 1778, ad opera del real architetto Francesco Collicini.
La piazza principale venne realizzata con una planimetria specifica; dalla rotonda centrale s’irradiavano varie strade interne; sulla sinistra si trovava un teatro mentre a destra c’era la chiesa.
L’architettura delle case era omogenea e a non più di due piani; ai crocicchi v’erano palazzi più alti – da 2 a 4 piani – destinati ai seniori del popolo, al Municipio, alla caserma di Gendarmeria o Guardia urbana, all’Intendenza civile, agli uffici dell’Opificio della seta.
Inizialmente vivevano a San Leucio 124 abitanti, meta uomini e metà donne; le famiglie erano ventuno. La cerimonia nuziale era avvenuta nella chiesa parrocchiale e la sposa aveva avuto la dote di maritaggio offerta dal re, che consisteva in 25 ducati..
Ferdinando dava la casa in proprietà alla famiglia, ammobiliata e dotata di attrezzi per operai o agricoltori.
Primo intendente regio fu il cardinale calabrese Fabrizio Ruffo, che in seguito sarà al comando dell’armata sanfedista del 1799.
Tutto avveniva sotto il controllo dei 5 seniori del Municipio di San Leucio, eletti ogni tre anni con scrutinio segreto tra i capifamiglia.
I militi della Guardia urbana di San Leucio erano in numero di 5; il loro compito era quello di far rispettare l’Ordine Pubblico, sempre sotto il controllo severo dei seniori popolo.
Nel borgo vi era anche una Cassa di Carità dove veniva versato un contributo mensile da parte di operai e agricoltori e una Cassa degli Infermi, una vera e propria Previdenza Sociale.
Era curata anche l’istruzione, con due scuole elementari, una maschile e una femminile. L’obbligo scolastico partiva dall’età di 6 anni; si studiava economia domestica, religione, il leggere e lo scrivere, l’abbaco, le regole della civiltà e del galateo, della decenza e pulizia, le arti della seta e dell’agricoltura.
Per studenti benemeriti, cosi come per gli agricoltori e gli operai che si distinguevano nel lavoro, vi erano medaglie d’oro, concorsi a premi con borse di studio, encomi letti in pubblico.
Parte della popolazione di San Leucio lavorava nei campi e si dedicava all’allevamento d’animali; il rimanente era impiegata nell’industria della seta.
Tutta la popolazione si considerava un ‘unica famiglia; naturalmente, ogni aspetto della vita del borgo era regolato da precise norme.
Il codice di San Leucio era molto severo: chi non voleva lavorare e mendicava, veniva prima ammonito dai seniori, non partecipava a nessuna carica sociale e infine veniva espulso. Se i genitori non educavano i figli a studiare o a lavorare, rischiavano l’ espulsione. Il concetto di base era che chi non voleva lavorare né apprendere un mestiere dai 15 anni in poi non poteva fare parte della colonia; anche veniva gli stranieri avevano a disposizione un anno per naturalizzarsi o venivano espulsi.
Inoltre erano proibiti testamenti: i figli subentravano ai genitori nel loro lavoro e agli orfani provvedeva la casa del Monte degli Orfani.
Non erano ammesse doti maritali diverse da quelle disposte dal re, l’appellativo don non si poteva dare se non ai seniori e al parroco, tutti dovevano vestire in egual modo, senza fare sprechi; il servizio militare era riservato solo agli artigiani, mentre l’agricoltore era esentato, svolgendo per lo più attività militare di guardia urbana o di soldato di Milizia territoriale, in modo che non trascurassero i campi.
Ferdinando IV aveva anche disposto che nelle strade vi fosse l’illuminazione con lampioni; tutto era pubblico, dalle fogne alle fontane e ai forni, e le case fossero fornite di numeri civici.
La produzione delle fabbriche di seta fu agevolata al massimo con macchinari moderni: si relizzavano non solo tessuti di seta ma anche i famosi broccati a filo d’oro che venivano esportati in tutto il mondo.
Le attrezzature manifatturiere in un primo tempo vennero acquistate all’estero, ma poi si fu in grado di costruirle nel Regno.
La seta di San Leucio divenne un prodotto di lusso richiestissimo da tanti Paesi stranieri, ma non solo: ricordo che a Sala di Caserta al Palazzo dei principi Landi, al piano nobile o primo piano, e in specie nei saloni e nel corridoio tra le severe corazze e armi di famiglia, fin dal 1786 vi erano damascati, broccati, tende di seta.
Rammento bene questi particolari, perché era la dimora di mia nonna materna Maria Rosaria Valerio Landi, morta nel 1975, imparentata con i tutti i nobili della zona, sposa felice del maresciallo Antonio Ariano e grande collezionista di sete e broccati sanleuciani.
La colonia di San Leucio sembrava dunque un’utopia,ma era una realtà illuminata nata dal pragmatico Ferdinando IV di Borbone, una vera e propria repubblica egualitaria fondata sul lavoro, in pieno regno monarchico borbonico assolutista ma allo stesso tempo aperto alle innovazioni in tutti i settori.
Questa sorta di esperimento valse a Ferdinando le lodi di tutti i sovrani delle corti europee. Addirittura, durante il viaggio di Stato che compì nel 1790 con la consorte Maria Carolina nell’Impero Austroungarico, in Ungheria venne encomiato pubblicamente con un documento in latino per le sue idee che, va sottolineato.anticiparono di molto i principi delle Rivoluzione Francese e delle Repubblica Napoletana.

Michele Di Iorio

(Immagine di copertina:”La mietitura a San Leucio” di Jacob Philip Hackert)