Rewine: cronache di una festa del vino


PELLARE (SA) – Si giunge quasi sulla sommità di una montagna; è venerdì sera del diciassette agosto.
Da fuori, a metri d’altitudine il panorama notturno di Moio Della Civitella. Case, luci e sentieri,  buio intorno e luce attraverso. Poi il mare, scurissimo come la notte.
Attraverso un sentiero irto si scende sulla strada. C’è un parcheggio con migliaia di macchine. Si accorre da ogni dove. Ci sono persino due giapponesi, e poi vecchi, bambini, donne e molti ragazzi. Una scritta maestosa sovrasta la cittadina di Pellare, frazione del comune di Moio della Civitella: Rewine.
Quando entri nel borgo, quasi tutto ti sorprende. Ci sono palloni enormi a forma di grappoli d’uva ed una fontana al centro della piazza centrale, sovrastata dalla gigantesca figura di Bacco, che in realtà sembra Ercole, ma non c’è molta differenza: l’eroe della festa popolare è il vino.
È un evento molto atteso, c’è agitazione e un corri corri generale per le viuzze del borgo.
All’ingresso, subito a sinistra c’è una grande legenda che segnala ciò che si può trovare all’interno, la parola d’ordine è vino. Sembra esserci vino dovunque. Barroccini di vino con percoche, sangria, vino locale si estendono a macchia d’olio dappertutto, ovunque c’è confusione.
Un gruppo di musicisti sul palco della piazza grande fa saltare e danzare i giovanissimi. I ragazzi intonano cori al vino. Sembra un’antica festa dionisiaca ed è probabilmente questo l’obiettivo a cui si vuole tendere. Ma è un baccanale in versione 2.0 data l’onnipresenza di telefoni cellulari ultima generazione che immortalano i migliori momenti con fotografie e video.
Il paese è microscopico e la curiosità spinge a valicare i confini delle finestre e ad osservare i suoi abitanti.
Strano a dirsi ma non c’è neanche un ragazzo che si affaccia. Solo uomini e donne anziane che sorridono, nonostante il trambusto, nonostante i cori gergali, nonostante i fiumi di vino che ormai si riversano in ogni minimo anfratto.
Prima di mezzanotte, una parata trasporta la regina della festa verso il luogo in cui si svolgerà quello che voci impazzite chiamano il “miracolo”.
A mezzanotte su un grande schermo proprio sopra la seconda piazza,  si proietta quello che sta accadendo contemporaneamente nella più grande piazza della fontana: la regina della festa, visibilmente prostrata dalla stanchezza e dal vino, si avvicina alla fontana. Un countdown alla rovescia scandisce i secondi. 3..2…1…
Dalla fontana sgorga del vino. I più accalorati cercano di riempire le loro bottigliette con ciò che fuoriesce, è una corsa contro il tempo, la sfida di tutti contro tutti. Pochissimi vincitori si esaltano. Gridano, ancora cori. E frastuono.
Il frastuono diventa caos, come si prevedeva, il vino accende i cuori ma anche il furore. Una rissa si scatena all’interno della piazza. Il clima di festa si trasforma in un incontro di boxe a cielo aperto. Tre ragazzi riportano ferite da taglio e vengono ricoverati in ospedale.  La rissa prosegue anche fuori, uscendo si notano auto sfasciate e prosegue il trambusto. Quello che avrebbe dovuto essere un momento di condivisione e di allegria è irrimediabilmente rovinato.
Viene in mente un passo di “Paradisi Artificiali” di C. Baudelaire:  «Il vino è simile all’uomo: non si saprà mai fino a che punto si può stimarlo e disprezzarlo, amarlo e odiarlo, né di quante azioni sublimi o di mostruosi misfatti è capace. Non siamo dunque più crudeli verso di lui che verso noi stessi, e trattiamolo come nostro pari».
Dopo la mezzanotte, la folla si dirada. Ognuno torna alle rispettive macchine. Anche quest’anno è stata celebrata la festa del vino.
Almeno per un giorno, quelli che erano presenti hanno provato il brivido di sentirsi un po’ romani, un po’ baccanti, un po’ divinità  come la regina, un po’ bestie senza intelletto.
A metri di altitudine, adesso fa più caldo.
Francesca Mancini