Una vicenda italiana: il ristorante “Ciro a Mare”


PORTICI – 1964: I fratelli Giovanni, Ciro (foto), Ludovico e Antonio Rossi richiesero all’Amministrazione comunale, retta all’epoca dal dott. Bruno Ferraro, una licenza per aprire un ristorante nella zona del Granatello, prospiciente la spiaggia delle Mortelle.
Allora quella zona era terra di nessuno, una sorta di discarica abusiva, senza illuminazione elettrica; i fratelli Rossi, Ciro in testa, ottenuta l’autorizzazione cominciarono a costruire il mitico “Ciro a Mare”, un’istituzione di buona cucina, correttezza e professionalità riconosciuta da tutta la Città.
Il ristorante venne inaugurato il 15 luglio 1965.
Ciro Rossi con i suoi fratelli col passare del tempo incominciò a sistemare a proprie spese il piazzale antistante il ristorante e la strada alle spalle, sebbene il suolo fosse di proprietà comunale, in modo da rendere più agevole l’ingresso al locale.
Poi cominciarono le intimidazioni: 2001, 2004, 2006 fino a quella notte del 4 gennaio 2009 quando il locale venne incendiato.
I Rossi, avviliti, mollarono e decisero di chiudere definitivamente l’attività.
Col tempo, con coraggio vollero ribellarsi alla tracotanza  della criminalità: il locale andava riaperto in ogni modo.
Naturalmente avevano bisogno del sostegno di tutti, in special modo delle Istituzioni: da soli non avrebbero potuto affrontare la ricostruzione.
Cominciò cosi una paradossale vicenda, dove tutti erano vicini, tutti ammiravano il coraggio dimostrato dagli imprenditori porticesi, li riconoscevano simbolo della lotta alla camorra. Furono iniziati i lavori: il progetto prevedeva un ampliamento dei locali e fu anche approntato un lounge bar davanti alla piazzetta, ma poi dovettero interromperli per mancanza di fondi.
Da allora si aspetta che “Ciro a Mare” riapra: quella che era la sua struttura si erge ancora sinistra allo stesso posto, ma vuota, senza vita.
Una situazione anomala: se la famiglia Rossi, imprenditori coraggiosi duramente colpiti dalla criminalità, ha deciso di ritornare a lavorare a Portici, perché non si riesce a dare la possibilità di farlo?
Tanto anomala che è intervenuta l’Associazione Fai, la federazione antiracket, nella persone del suo presidente onorario Tano Grasso, Silvana Fucito, presidente del Coordinamento Napoletano delle Associazioni Antiracket, e don Giorgio Pisano, che ha aperto nella sua parrocchia di Portici il Centro di Ascolto Antiusura “Don Puglisi” nei locali della chiesa del Sacro Cuore in via Diaz.
Giovedì 30 maggio in conferenza stampa sulla terrazza del ristorante “Ciro a Mare”, davanti allo spettacolare panorama del golfo di Napoli, si è affrontato proprio questo problema.
Sono stati tirati in ballo i due candidati a sindaco delle ultime elezioni amministrative che andranno al ballottaggio per la carica di Primo cittadino: Giovanni Iacone e Nicola Marrone.
I numerosi giornalisti presenti sono stati sollecitati di sensibilizzare e stimolare l’impegno dei due politici affinché questa vicenda che si protrae da troppo possa finalmente essere risolta.
Contattato da Lo Speaker il dott. Giovanni Iacone ha dichiarato: «Confermo l’impegno preso già dalla precedente Amministrazione di consentire la riapertura del ristorante “Ciro a Mare”. È uno dei punti prioritari del mio programma, tant’è vero che per dare un segnale forte nelle nostre liste è stata candidata una donna della famiglia Rossi, i proprietari».
L’altro candidato alla poltrona di sindaco, il dott. Nicola Marrone, ai microfoni di Lo Speaker ha invece fatto un distinguo pur affermando che: «Sono fermamente convinto che lo Stato debba assicurare il massimo sostegno agli imprenditori vittime della criminalità organizzata. È pur vero che lo Stato ha dato un cospicuo indennizzo alla famiglia Rossi, ma la situazione è estremamente confusa. Perciò il mio primo atto quando mi insedierò al Comune sarà quello di espletare gli atti amministrativi ancora incompleti. Sottolineo che si dovrà trovare una soluzione giuridicamente praticabile che purtroppo al momento non c’è  e che non consente la riapertura del locale».
La soluzione giuridicamente praticabile cui fa riferimento il dott. Marrone è quella di affrontare la questione di anni di tasse non pagate da parte drella famiglia Rossi, perché la Legge non consente che siano concessi indennizzi quando non si è in regola col fisco.
Nel caso dei Rossi, l’indennizzo dello Stato ammonta a circa mezzo milione di euro, ma saranno erogabili soltanto quando sarà sanata la questione tributaria, anche se i soggetti sono vittime acclarate della camorra.
È proprio qui il nodo da sciogliere.
La considerazione riguardo questa incresciosa vicenda tutta italiana è che lo Stato dovrebbe essere più vicino alla famiglia Rossi, più vicino di quanto lo possano essere le Istituzioni locali, limitate dalla legislazione vigente.
In poche parole, bisognerebbe porsi questa domanda: se la famiglia Rossi non lavora, come potrà pagare le tasse dovute?
Ciro Rossi, 78 anni, potrà vedere riaperto il ristorante cui insieme alla famiglia ha dedicato la sua vita?

Il lounge bar


Silvana Fucito, Raffaele Rossi, Tano Grasso, don Giorgio Pisano