Leggere immagini

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Il concetto della leggerezza  sembra chiaro, intuitivo, fisico.
In ambito fisico non pone problemi:  un passo è leggero quando ha poco peso ed è silenzioso, un calcio ad una palla di Maradona è leggero perché è preciso e aggraziato, ha una scioltezza di movimenti, come anche quella di un colpo di scappello di uno scultore come Michelangelo, è leggero perché  da vita a una forma senza tempo.
Oppure è leggero il dito di un pianista come Glenn Gould perché, quando tocca il tasto di un pianoforte, ci proietta in una dimensione atemporale.
Poi, anche un vino può essere  leggero, quando non è corposo e contiene poco alcool.
Invece, quando questo concetto si svincola dalla stretta sensorialità è più sfuggente, diventa sia il superficiale, l’incostante, il poco giudizioso, sia il distaccato, l’ironico, il sereno.
Viene definita leggera anche una mancanza di serietà e di riflessione, la superficialità, la faciloneria.
Poi c’è la leggerezza d’animo, il vivere non lasciandosi sprofondare dalla zavorra della realtà, avere  coscienza dell’irripetibilità di ogni esperienza, mantenere una certa distanza da una difficoltà, evitando di affondarci dentro appesantendoci con la zavorra del suo peso.
Sono tutte facce di una stessa medaglia. Tutte accumunate da una unica riflessione: la leggerezza è uno spostamento dalla pesantezza della realtà, e non è necessariamente superficialità, ma una visione non diretta della realtà
Calvino, nella lezione  sulla leggerezza, ci racconta del  mito di Perseo, l’eroe con i sandali alati, e della Medusa, l’orrendo mostro con la testa piena di serpenti che pietrificava chiunque o qualsiasi cosa incontrasse il suo sguardo. Per riuscire a sconfiggerlo Perseo era volato su una nuvola e ne aveva guardato solo l’immagine riflessa sul suo scudo.
Dal sangue della Medusa nasce Pegaso,  il  cavallo alato.
La visione non diretta della realtà.
Il riflesso di ciò che ci appare scontato, diventa qualcosa di straordinario nelle immagini di Alberto Mazzarino. Il momento dello scatto è per lui l’attimo di Perseo.
La sua fotografia, l’immagine che noi assaporiamo con i nostri occhi di ciò che lui ha visto, è il sangue della Medusa trasformato in un cavallo alato sospeso tra il cielo e la terra.
È la forza alchemica della poesia, della fotografia. È la trasformazione della materia in una idea.
Il suo fotografare è un processo a tratti surreale, metafisico, come  l’attaccapanni separato dallo scheletro della fabbrica, da un muro di confine, da un limite tra ciò che è,  era o sarà, e ciò che inspiegabilmente si trova al di quà del muro, insieme alla sua improbabile ombra.
Chi lo ha portato lì? Quali soprabiti, quali, quanti e di chi, cappelli ha sorretto quell’oggetto?
Mazzarino gioca, nelle sue immagini, con gli spostamenti del senso, utilizzando sia accostamenti inconsueti, sia le deformazioni irreali, come quell’ombra sul muro dell’attaccapanni o il sovrapporsi dei riflessi che non sono mai il riflesso di una realtà, ma sembrano evocare la volontà di rappresentare piuttosto la circolarità del tempo, una concezione tutta orientale della dimensione temporale dove il presente si dilata nel passato e nel futuro.
In questo lavoro l’autore non vuole far emergere una immagine narrativa di un frammento della città di Napoli, neanche una introspezione del suo inconscio.
Piuttosto sembra  volerci, silenziosamente, timidamente quasi, affrontare,  per poi svelare con leggerezza, alcuni frammenti misteriosi dell’universo: il tempo, il segno dell’uomo, la necessità di leggerezza.
Su questo punto la sua fotografia conserva lati molto affini con la poetica della Metafisica. Guardando le sue foto la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la poetica di un grande maestro del surrealismo che nel suo linguaggio aveva tratti di assoluta metafisica: Magritte.
Con la sensibilità di un artista metafisico, rappresentando sempre ciò che appare scontato sotto gli occhi di tutti,  gioca con il rapporto tra immagine naturalistica e quella sognata, proponendo immagini dove la foto, nella foto ha lo stesso identico aspetto della realtà che rappresenta, al punto da confondersi con esso.
È un aspetto complesso, multiplo, dove le immagini restituite dal fotografo della realtà sembrano immagini salite a galla dall’oceano mare della sua memoria, immagini che si confondono in un territorio dove  il vissuto ci appare spesso con la stessa identica forza del sognato.
Così i riflessi della vetrina o anche la Venere dipinta sul muro in mezzo al volo dei colombi, o lo stesso attaccapanni separato con un  muro dalla zona industriale o i frammenti di angelo che si ricompongono mentalmente in contrapposizione alla pesantezza della materia della Basilica, cornice, sfondo e soggetto vero allo stesso tempo.
Quella di Alberto Mazzarino è una fotografia che rimanda al  surrealismo, con uno sguardo molto lucido e sveglio sulla realtà che lo circonda, dove non trovano spazio né il sogno né le pulsioni inconsce ma semplicemente quello di rendere straordinario ciò che normalmente vive nell’ordinarietà.
La sua fotografia sembra esprimere lo stesso desiderio di Magritte, quando scrisse che il suo era di “sentire il silenzio del mondo”.
(Foto by Alberto Mazzarino)

Mario Scippa