La scrittura: un'immersione nell'oceano della memoria

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Circa tre anni fa, il giorno dell’inaugurazione del Salotto Letterario Antichità Scippa, nel mio breve intervento sono partito da quella (ormai tristemente famosa) frase del ministro, Con la cultura non si mangia, per ricordare che la cultura è essa stessa un nutrimento, necessario per la mente e per lo spirito.
Un nutrimento necessario come lo è l’acqua per il corpo.
Ho cercato, anche con qualche acrobazia, di definire la cultura in modo analogo a come si definisce l’acqua. Sottolineando alcune caratteristiche in comune, come il carattere di ciclicità e il modo di spostarsi capillarmente sulla terra.
Ricordo che il mio intervento di presentazione del salotto si chiuse con la lettura di alcuni miei versi. Si trattavano di alcuni versi scritti effettuando un lavoro di sottrazione di peso, sia sulla personalità dei personaggi del mio libro L’antiquario e Il professore, sia sulla mia stessa personalità, fino a giungere ad alcuni  elementi semplici in comune tra me e  i personaggi del libro.
Tali elementi hanno, per me, la presunzione di essere universali, in particolare per chi scrive. All’inizio di quei versi ho detto che dentro di me, ma volevo dire dentro ogni persona, non c’è niente di speciale, c’è la vita, quella vissuta e quella sognata o desiderata.  
Nei versi successivi ho aggiunto coppie di elementi contrapposti, in particolare il bene e il male, il fuoco e l’acqua.
L’acqua l’ho definita puzzolente e profumata come il Mare.
Per poi chiudere l’intervento con il concetto che dentro ognuno di noi ci sono cose come tante, comune a tutti, ma raccontate con la parola giusta sembrano essere, ognuna delle quali, cose preziose e rare, pescate nel profondo mare della memoria di ognuno di noi.
Il Mare. Ovvero quella enorme distesa di acqua che, evocando un paradosso di zenoniana memoria, sembra infinita ma invece è finita: il mare, come la memoria. 
Cultura-acqua.
Memoria-Mare.
La vita di uno scrittore è come quella di un archeologo, in particolare un archeologo subacqueo.
Ogni volta che inizia a scrivere, uno scrittore fa una sua personale immersione nell’oceano della memoria alla ricerca di frammenti per costruire o ricostruire le sue storie, basandosi a volte su alcuni piccoli indizi, altre volte sul solo istinto.
Archeologo. Scrittore. Reperti. Memoria. Mare.
Riflettendo su queste parole mi è venuto in mente un bellissimo libro di Marguerite Yourcenar, Il Tempo, grande scultore.
L’autrice parla di sculture ritrovate in fondo la mare, che riemergono avvolte da una meravigliosa patina, consumate ed erose, che vagamente rimandano a quello che aveva in mente lo scultore quando le realizzò.
Le sculture della Yourcenar mi piace viverle come metafora dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, delle nostre esperienze, sogni, desideri, paure, amori, dove la risultante del loro prodotto esponenziale non è altro che la nostra esistenza.
Lo scrittore, ogni volta che si trova davanti alla pagina bianca, non fa altro che immergersi in apnea nel mare della sua memoria per far risalire a galla questi frammenti e costruire intorno a loro una forma.
Quando li trova intatti, ripuliti da tutto ciò che nel tempo si è attaccato a loro, ripropone la forma originale; quando invece sono solo frammenti, insignificanti per altri ma preziosi per chi in quei frammenti rintraccia qualcosa, dallo scrittore sono ricostruiti e diventano altro che appartengono solo al mondo della parola.
Appartengono a quegli universi infiniti, tutti paralleli al nostro, nei quali vivono personaggi, storie, fatti, città, case, cantine, amori, omicidi, tradimenti, guerre, mostri, fate, gnomi, vite comuni o straordinarie.
(Foto: web)

Mario Scippa