La musica a porte aperte

PORTICI – il Centro Musicologico ed Etnomusicologico “Carlo Gesualdo”, diretto da De Simone e con l’organizzazione ed elaborazione di Mariano Bauduin è stato intitolato al principe di  Venosa.
Compositore italiano di madrigali e di musica sacra e polifonica, vera espressione della grandezza musicale di Napoli, purtroppo più che per il suo genio musicale Gesualdo viene ricordato per una fosca storia: fu ritenuto colpevole dell’omicidio di sua moglie Maria d’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa, duca d’Andria, avvenuto nell’ottobre del 1590 a Palazzo Sansevero.
Invece era un grande musicologo; Roberto De Simone, oltre a scrivere un libro che vuole far luce sulle vicende personali del grande compositore, parte dai suoi studi sulla vocalità per proporre  un centro di ricerca e di sviluppo che avrà rapporti con altri centri internazionali.
La Scuola  di Musicologia ed Etnomusicologia sarà rivolt a coloro che vorranno approfondire studi musicali, teatrali e antropologici, ma anche a turisti di tutto il mondo interessati alle attività del “Carlo Gesualdo”.
Infatti, l’idea è anche quella di realizzare mostre, concerti, di promuovere convegni.
Il Centro ha sede di Villa Savonarola di corso Garibaldi (foto), edificio neoclassico dell’800; l’intero piano terra è stato concesso dall’Amministrazione comunale in comodato d’uso gratuito per sei anni.
Si terranno corsi specifici di alto perfezionamento con docenti di grande prestigio; sarà il polo di eccellenza della musica napoletana che va dal ‘600 al ‘900, con annessa “Bottega di composizione”.
I corsi sono rivolti ad artisti del settore; alcuni sono già iniziati, altri partiranno a breve, come il masterclass in Vocalità e Gesto del ‘700 napoletano, in quattro distinte sezioni rivolte a voci Soprano, Mezzo Soprano, Tenore e Basso Buffo.
In programma ancora corsi di Musical, Canto Jazz e Poliritmia ed ulteriori progetti  e attività che saranno parte dell’iniziativa ed andranno ad arricchire il Centro Musicologico ed Etnomusicologico, una scuola di alta formazione, vanto dell’Italia in campo mondiale.
Inoltre, è cominciato il lavoro di organizzazione ed elaborazione del Museo, che esporrà i pezzi provenienti dal ricchissimo Fondo De Simone.
Il Fondo costituisce un’importantissima documentazione sul territorio campano; costituito da migliaia di documenti sonori tra feste e riti popolari, registrati a partire dalla fine degli anni ‘60, con la collaborazione di Annabella Rossi, antropologa di scuola demartiniana e attiva responsabile del Museo di Arti e Tradizioni popolari di Roma.
La collezione comprende oggetti e arredi sacri e musicali, la quadreria, le registrazioni, diversi altri materiali: un patrimonio unico al mondo, sia per la sua quantità che per la qualità storica e artistica.
E ancora, i manoscritti dei copioni teatrali che costituiscono il vastissimo repertorio di farse e commedie che nel primo ‘900 la compagnia di Antonio Petito recitava al Teatro San Carlino, nonché le musiche originali e manoscritte che accompagnavano gli allestimenti.
Proprio sotto il telone originale della mitica “La Gatta Cenerentola”, Lo Speaker ha incontrato il Maestro Mariano Bauduin, alter ego di De Simone, che gentilmente ha risposto alle domande.
Perchè è nato il Centro?
È stato un grande avvenimento culturale che si è concretizzato in un momento di grave crisi dove la cultura in tutto il Paese vive una situazione drammatica.
È  stato dunque essenziale per dare un segnale da cui partire: è vero che c’è la crisi ma almeno ci sono le competenze e la garanzia di una certa identità, di una qualità, di un modo di fare musica e di fare arte. Fare la Cultura, insomma, che nel nostro Paese deve comunque esserci.
Se  poi le Istituzioni con la scusa della crisi appiattiscono la qualità e quindi l’identità  di un popolo, nel momento in cui la crisi economica sarà passata ci sarà la crisi culturale, e l’identità, la tradizione, la memoria non potrà essere più salvaguardata.
Sottolineiamo che l’occasione l’abbiamo avuta grazie all’ex sindaco Cuomo, che non finirò mai di ringraziare, perché ha capito appieno che aggiungere ai problemi economici quello culturale sarebbe stato irreparabile.
Posso senz’altro dire una cosa: l’Amministrazione comunale di Portici ci è vicina, persino ora che c’è la gestione prefettizia.
La cultura costa, ed in questo momento l’aiuto è senz’altro nella collaborazione, nella partecipazione che garantisce l’unità d’intenti anche se le risorse a disposizione sono esigue o inesistenti.
Come sta procedendo il lavoro del Centro?
Devo dire che fino a questo momento i risultati sono eccellenti.
Adesso stiamo incominciando, perché sarebbe sciocco dire che siamo già partiti a pieno regime, sono operazioni che richiedono tempo se vogliono essere fatte bene.
Abbiamo dato inizio ad un corso di voci bianche che è in via di stabilizzazione; il gruppo è composto ormai da trenta ragazzi che fanno sia parte dei distretti scolastici ma anche altri giovani della Città di Portici che saputo del corso sono venuti da noi.
Dopo le opportune selezioni, i ragazzi sono stati inseriti in un primo gruppo e adesso stanno già lavorando.
Bisogna dire che abbiamo iniziato praticamente dai rudimenti basilari dando lezioni di ritmo, di melodia; ora i ragazzi stanno lavorando su autori come Hindemith, non studiano il canto fine a se stesso ma la composizione seria pensata per le voci bianche. Quindi poniamo un’attenzione particolare allo stile.
Inoltre, siamo già alla seconda lezione del canto Reinassance, un masterclass finalizzato all’esatto studio tecnico dello stile di canto pergolesiano. Negli anni ‘80 il Maestro De Simone ha rispolverato e messo in scena gran parte delle opere di Pergolesi che non venivano riproposte da quasi un secolo.
Infatti come si canta Pergolesi non è come si canta Verdi, o Mozart o Cimarosa o Paisiello. Il maestro De Simone e Valeria Baiano, docente del masterclass, hanno stabilito lo stile esatto pergolesiano, ormai dimenticato, recuperandone la competenza.
Attraverso la grande operazione del “Flaminio” di Pergolesi, che inaugurò la rappresentazione di una lunga serie di opere, si ottenne il successo necessario a far scoppiare nel mondo il fenomeno Pergolesi Renaissance.
La  Baiano nel “Flaminio” interpretava il personaggio di Checca; contando sulla validità del suo insegnamento, abbiamo deciso di partire da questo per una full immersion su Pergolesi in modo da chiarire che per cantare questo grande compositore si ha bisogno di un modo personale e quindi specializzato.
È proprio questo l’obiettivo del centro di Musicologia: un luogo di alta formazione per cantanti.
Né vogliamo sostituirci ai Conservatori, che sono scuole di canto, ma vogliamo essere semplicemente il centro dove gli artisti possano veramente specializzarsi.
Guardando anche alla musica popolare, altro grande interesse del maestro De Simone, differenziando lo stile popolare da quello colto, esaltando l’oralità della musica: uno spartito settecentesco di Pergolesi non è soltanto quello che è scritto.
All’epoca c’era infatti la prassi dell’oralità ovvero delle nozioni che si apprendevano direttamente cantando un brano. De Simone è il massimo esperto in questo campo e può insegnare quell’oralità sia se fa musica popolare o colta.
È solo questo che differenzia il Centro da un Conservatorio?
No: i Conservatori risentono di una legge scolastica, imbavagliata in orari e programmi rigidi, e gli studenti non hanno il tempo di approfondire ed imparare lo stile di ogni autore e di ogni genere musicale.
Perciò a Villa Savonarola  non  ho messo campanelli e lascio sempre il portone aperto, perché non si deve fare musica solo dentro, ma bisogna anche lasciarla uscire fuori. Anzi, chi vuole venire al centro deve essere assolutamente libero di farlo.
Qui si può venire anche a studiare semplicemente musica; c’è una biblioteca di musiche desimoniane e non, spartiti che si possono consultare comodamente seduti, ci sono pianoforti, spine nelle sale dove si può venire a fare musica quando si vuole, musica di tutti i tipi.
A che punto è l’organizzazione del Museo?
Abbiamo incominciato il lavoro di catalogazione, ma vista la mole della collezione, penso che ci vorranno almeno due anni perché sia operativo.
Quali sono i programmi futuri?
Parteciperemo al  Napoli Teatro Festival di giugno con “Il maestro di cappella dei mendicanti”.
È un modo anche per far venire fuori talenti; infatti saranno inserirti parte dei ragazzi che stanno partecipando ai laboratori delle voci bianche e del masteclass di canto lirico e di quello di poliritmia che inizierà a giorni: la manifestazione artistica sarà per loro un banco di prova.
Una scuola di formazione è anche questo, un luogo di produzione: si fa teatro, si fa musica ed in questo modo l’identità culturale viene tenuta in vita, non so per quanto ma mi auguro per il tempo più lungo possibile.
Adesso possiamo dire di essere ancora in rodaggio, ma da settembre farò partire un masterclass di Gestualità e di Vocalità con la Bacelli, con Elizabeth Nober-Schultz , Bruno Praticò e Antonino Siracusa dove affronteremo in maniera più precisa, con un lavoro molto più minuzioso di quello paisielliano, il repertorio della seconda metà del ‘700.
Un altro appuntamento riguarderà il ripristino delle antiche abitudini a festeggiare il calendario religioso con le cantate del periodo dei morti, le cantate natalizie, quelle pasquali, eccetera.
A Natale scorso abbiamo aperto con il concerto della Resistenza proprio per affermare che iniziando in un momento di crisi culturale noi resistiamo. Una resistenza non politica ma ideologica e culturale: noi resistiamo col nostro bagaglio, con le nostre competenze con la voglia di espandere e trasmetterle a chi ha voglia di imparare. La sola resistenza ancora valida: quella culturale, assolutamente da salvaguardare.
Che significato ha far partire questo “rinascimento” da Portici?
Il centro musicologico si trova in una città che ha una altissima tradizione musicale del ‘700: qui hanno suonato Mozart, è andata in scena “La Nina pazza per amore”, la prima rappresentazione di “Socrate immaginario” è stata fatta alla Reggia; anche nell’800 si faceva musica da camera.
Portici può e deve rappresentare il proseguimento, se non diventare addirittura la nuova capitale della scuola musicale napoletana, di quella identità stilistica e musicale che è stato il vanto del Sud e di tutta l’Europa.
Portici è a metà strada tra il luogo di villeggiatura all’antica e la metropoli: è il luogo ideale della Cultura come fatto di svago ma anche di capacità culturale ed umana di formazione di coscienza cittadina, di un’anima e di tutto quello che fa bene all’identità di un popolo che si può forse salvare solo raccontando.
Tutto questo è qualcosa che non ci può togliere nessuno.
Non lo può fare nessun potente, non ci sono guerre che tengano.
Per maggiori informazioni: centrostudicarlogesualdo@hotmail.com

Il telone originale di "La Gatta Cenerentola"