Fenestrelle: cui prodest?

A più di 150 anni dall’unità d’Italia ancora si nega, manipola la verità storica e si tira in ballo, ancora una volta e impropriamente, Masaniello. A chi giova tutto questo?
Correva l’anno 1694: Luigi XIV, le Roi Soleil, fece erigere a Fenestrelle,allora territorio francese,il forte Mutin. Il forte, nel  1708, fu preso dai Savoia, che fecero apportare modifiche e ulteriori fortificazioni.  Il complesso fortificato comprende tre forti (San Carlo, Tre Denti, Valli), tre ridotte (Carlo Alberto, Santa Barbara, Porte) e due batterie (Scoglio, Ospedale), collegate fra di loro da una Scala Coperta di 4000 gradini, unica nel suo genere.
La costruzione del Forte fu conclusa nel 1850.
Scrisse De Amicis, autore del libro “Cuore”: «Uno dei più straordinari edifizi che possa aver mai immaginato un pittore di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata titanica, come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa, innalzata per arrestare un’invasione di popoli, o per contener col terrore milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la fortezza di Fenestrelle».
Ancora oggi la Fortezza di Fenestrelle si può visitare; si estende per 1 mln e 35mila m² tra il freddo delle Alpi; infatti, avverte il sito ufficiale www.fortedifenestrelle.com che ”Causa neve e ghiaccio nel periodo invernale (Novembre-Marzo) non si garantiscono le visite “La Passeggiata Reale” e “Un Viaggio Affascinante dentro le Mura”
Come scrive il prof. Alessandro Barbero, torinese, docente di storia medioevale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale e romanziere, nel suo ultimo libro “I prigionieri dei Savoia – La vera storia della congiura di Fenestrelle”, dove vuole “raccontare la verità” sulla fortezza: «La sera del 9 novembre 1860 una colonna di soldati in lacere uniformi turchine, disarmati e sotto scorta, marciava lungo la tortuosa strada alpina che risale la Val Chisone, nelle montagne piemontesi, verso la fortezza di Fenestrelle, costruita a 1200 metri di altezza sul livello del mare».
« Erano prigionieri dell’esercito borbonico catturati per lo più alla resa di Capua il 2 novembre, trasferiti per mare da Napoli a Genova dove erano approdati il giorno prima, poi trasportati in treno fino a Pinerolo e ora avviati a piedi, giacché non c’era altro mezzo, alla fortezza. Esausti per l’interminabile marcia, arrivarono a Fenestrelle per tutta la notte, a drappelli sbandati. Uno di loro morì appena giunto; nei giorni seguenti ben 178 su 1186 vennero ricoverati in ospedale, e altri quattro vi morirono».
Da rabbrividire, e non solo per il freddo. Non sappiamo esattamente di quanti soldati fosse composta quella colonna; sappiamo, però, che nel corso degli anni ne arrivarono tanti altri. Tra Fenestrelle, il campo di San Maurizio, l’altro lager piemontese, e Alessandria, San Benigno, Bergamo, Milano, Parma, Modena, Bologna si calcolano almeno 60mila soldati napolitani deportati.
Deportati perché rimasti fedeli al loro legittimo sovrano.
Non sappiamo nemmeno quanti ne tornarono vivi; sappiamo, però, che vi morirono tanti, i loro corpi dissolti o sepolti in fosse comuni, le cui tracce sono state fatte scomparire.
Attenzione: se le fonti e i documenti scarseggiano, se si ritrovano solo a fronte di approfondite ricerche di storici appassionati, ciò non deve dare l’occasione a chi è in malafede di travisare e sminuire la realtà storica, perché è solo indizio che c’è stata una precisa volontà di occultare le testimonianze.
È stato sempre così da che mondo è mondo, nei vari corsi e ricorsi storici, specialmente quando la storia viene riscritta ad uso e consumo dei vincitori.
L’incipit del libro del prof. Barbero ci fa ben sperare; sennonché, in altre parti del libro, la “verità” del prof. Barbero s’incunea in qualcosa di diverso dalla ricerca della realtà storica su Fenestrelle.
Riferendosi alla lapide (foto)  posta da meridionalisti nel 2008, continua così: «Ma è anche la storia di come quegli avvenimenti, già di per sé abbastanza drammatici (meno male che, almeno, dramma fu! ndr) siano diventati nell’Italia del Duemila materia di un’invenzione storiografica e mediatica: tanto più ignobile in quanto rivolta a un’opinione pubblica frustrata e incattivita ( che saremmo noi, ndr), in cerca d’un riscatto qualsiasi da una realtà poco edificante (la nostra, ndr) come quella che ha presentato negli ultimi anni il nostro paese».
Caro professor Barbero, nel suo libro dice anche che a Fenestrelle si giocava d’azzardo e vi erano detenuti anche i camorristi. A questo punto sorgono spontanee alcune domande: erano quegli stessi che avevano fatto entrare a Napoli Garibaldi senza colpo ferire? O erano altri, sempre provenienti da quel brutto popolo sudicio e ignorante dedito alla malavita e al brigantaggio? E nel passo in cui racconta della rivolta perché tira in ballo Masaniello? Cosa c’entra?
Al professor Barbero è stato rivolto un invito dal Movimento Neoborbonico: una sfida/dibattito, onesta e ben documentata.
È prevista il prossimo 5 dicembre alle 18.00 alla libreria Laterza di  via Dante a Bari; il dialogo sarà moderato da Lino Patruno.
Si potrà dunque assistere all’atteso match: professor Barbero vs  professor Gennaro De Crescenzo, presidente dell’associazione Movimento Neoborbonico – Gruppo Ufficiale.
Tirando le somme, il libro del prof. Barbero non è un cumulo di menzogne; è, piuttosto, una manipolazione della tragica verità su Fenestrelle.
Se da un lato infatti vengono documentati fatti storici, evidenziando l’atrocità, la sofferenza, l’ignominia, dall’altro si dice che all’interno della fortezza erano detenuti camorristi e si giocava d’azzardo.
Quasi che Fenestrelle, nonostante tutto, fosse stato un relais à la page tra le Alpi, così, tanto per purgarsi dall’aria malsana del Meridione.
Starà ai lettori formulare un giudizio su questo libro.
Che sia una manovra pubblicitaria o l’ennesimo e collaudato tentativo per sminuire la tragedia immane di un popolo, un volume dove non si nega nulla, assolutamente, ma se ne sfocano i contorni, inserendo ombre, sospetti, dubbi, una cosa è certa: non rende giustizia a nessuno.
(Fonte foto: web)

Tonia Ferraro