Il libro: Stagioni di Vita

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Facebook permette di far nuove e interessanti conoscenze, a volte veramente belle, come nel mio caso.
Qualche tempo fa ho avuto la fortuna di conoscere Maria Lucia de Pinto.
Marilù, una persona straordinaria.
Dopo qualche incontro virtuale sulle nostre rispettive bacheche, ci siamo sentiti per telefono. Lunghe conversazioni. Abbiamo parlato di letteratura, del suo libro come dei miei progetti.
Stagioni di Vita, il suo libro. Esco, lo compro.
Aprire un libro appena acquistato è per me sempre un’esperienza bellissima.
Aprire un libro scritto da chi conosci solo per la sua voce, è ancora più particolare.
Lo apri nel silenzio che ti avvolge e, come per incanto, le parole scritte si colorano del timbro della voce che conosci.
E’ un bel libro, un libro sulla vita.
Il dolore, la speranza, l’ironia, l’ottimismo, la denuncia, l’allegria, la vita, la morte, l’amore: la vita è raccontata in questo libro ricco di sentimenti lucidi di chi non sembra essere più lucido.
Il mondo dei medici raccontato da un medico nei panni di un paziente.
Il capovolgimento dei ruoli fa scoprire alla protagonista, come al lettore, il significativo valore della missione del medico e il desiderio, spesso inespresso, del paziente di trovare umanità in quelle persone col camice bianco.
Oltre alla storia, è  un bellissimo racconto delle sensazioni fisiche, di ciò che abbiamo tutti e che dimentichiamo di avere: il tatto, l’olfatto, il gusto, la vista, l’udito, strumenti potentissimi che mettono in relazione il nostro cervello e la nostra anima con il mondo esterno.
All’inizio del libro c’era una cosa che non capivo, per la verità  mi infastidiva anche un po’: l’uso dei puntini sospensivi.
Trovavo difficoltà a continuare per quei puntini maledetti.
In quei brevi suoi appunti, in quei tasselli che compongono il mosaico della sua profonda esperienza di vita, Marilù tutto ciò che doveva esprimere sembrava averlo detto chiaramente; non capivo quell’uso quasi ossessivo dei puntini sospensivi, del lasciar intendere senza dire.
Solo più tardi ho capito (interpretato) il significato di quei puntini sospensivi: li ho vissuti, leggendoli come una virgola allungata. Erano usati quasi liberamente dall’autrice.  In un certo modo snaturati del loro vero valore semantico per diventare sempre di più pause forzate, imposte dall’autrice per fermare il tempo della lettura senza fargli perdere il filo del discorso.
Una pausa imposta per far riflettere su quello che era stato appena detto, e su quello che sarà di li a poco detto, piuttosto che sottindendere qualcosa di non detto.
Quella pausa, tra quelle parole sature di dolore, di rabbia, di ironia, l’ho vissuta nel silenzio, gustando l’attesa.
In quella pausa ho letto il suo libro: una sospensione temporale dove nel silenzio tutto si amplifica, dove i dettagli, a volte scontati, del quotidiano diventano i veri protagonisti della vita intera.

Mario Scippa