Il Real sito di San Leucio e i “sogni di seta”

Facciata del "Palazzo Belvedere" (San Leucio) (Fonte Foto: web)

CASERTA – Apriamo un libro di storia, un po’ per conoscenza, un po’ per capire chi siamo. Le pagine del passato non sembrano raccontare molto, o comunque in modo approfondito, ciò che rese grande in tutta Europa il Regno delle Due Sicilie. Ebbene, se qualcuno dovesse dire che c’è un legame tra Buckingham Palace, la Casa Bianca di Washington e Ferdinando IV di Borbone in molti scoppierebbero a ridere. Invece è proprio così. Un forte filo conduttore che la storia ha ben pensato di nascondere o comunque di tralasciare. Parliamo del Real Sito di San Leucio.
San Leucio, frazione del comune di Caserta, già Patrimonio dell’Umanità e dal 1992 sede della facoltà di “Scienze Politiche” della Seconda Università di Napoli nonché pietra miliare dell’arte e dell’innovazione industriale duo siciliana. San Leucio divenne Real Sito nel 1749 quando Carlo III di Borbone riuscì ad acquistarla dai principi Acquaviva di Caserta per farne una residenza reale e, più nello specifico, riserva di caccia. Noto come Palazzo del Belvedere per il mozzafiato scenario paesaggistico, San Luecio fu sottoposto a un primo intervento di restauro nel 1753 più che altro per delimitare i confini nella riserva di caccia mentre, un secondo restauro, fu apportato nel 1776 quando Re Carlo III decise di prendere San Leucio come dimora di relax e spensieratezza in modo da sfuggire alle pressioni cittadine dedicandosi alla cura del vigneto. Il progetto fu affidato a Francesco Collecini che elevò la maestria del complesso con numerose testimonianze storiche e architettoniche. La sala da pranzo dell’appartamento reale, fu affidata a Fedele Fischetti che, ispirandosi proprio alla cura del vigneto, affrescò il soffitto con scene che ritraevano il matrimonio tra Bacco e Arianna. La residenza era frequentata solo per pochi periodi dell’anno solare e spesso andava in custodia ad alcuni guardiani e alle loro famiglie.  Fu poi deciso di far erigere un ospizio da destinare alla popolazione locale incaricando alcune industrie del Nord Italia, tra cui la Brunetti, di istituire all’interno dello stabile alcuni locali per la produzione industriale del settore tessile.
La vera scalata verso il successo produttivo iniziò con la salita al trono di Ferdinando IV di Borbone che immaginò San Leucio come fonte d’ispirazione per la comunità e centro nevralgico dell’industria campana. Il Re “nasone” istituì un centro manifatturiero per la lavorazione dei tessuti e, specialmente, della Seta. Il cambiamento aumentò l’entusiasmo del Re a tal punto da sognare una “Ferdinandopoli”, piccola città su base circolare fornita di uno speciale Codice di Leggi.
San Leucio, nel tempo, fu impreziosita da famosi artigiani, provenienti da quasi tutta Europa, oltre che da un sistema d’istruzione gratuita che prevedeva corsi di artigianato, matematica, letteratura, geografia, storie sociali, catechismo, educazione fisica, educazione domestica e chimica. La produzione manifatturiera, invece, era un vero e proprio gioiello dell’innovazione industriale: una grossa ruota idrica, messa in moto dal acquedotto Vanvitelli, donava energia a due mulini da seta che con un movimento circolare regolare e intenso provvedevano a rafforzare il filo prima della lavorazione finale che portava alla creazione di tendaggi, copriletto, parati, cuscini, stoffe e tessuti.
Lo Statuto di San Leucio, redatto da Ferdinando IV, divenne un vero e proprio esperimento sociale, esempio di funzionalità invidiata in tutta Europa: ogni lavoratore riceveva un abitazione all’interno della colonia dotata di acqua corrente e servizi igienici, totale parità tra i vari individui a dispetto delle mansioni svolte e del sesso in un sistema che faceva perno esclusivamente sulla meritocrazia.
La qualità dei prodotti e del lavoro era inestimabile. Proprio a San Leucio, infatti, fu promosso uno dei primi corsi per gli studi sociali mentre un locale adibito alla creazione dei profumi sperimentò le prime fragranze da bagno agli agrumi.
Ancora oggi, il lavoro e la qualità manifatturiera proveniente da San Leucio, è visibile in Vaticano, al Quirinale, nel tappeto posto al centro dello Studio Ovale alla Casa Bianca, nelle bandiera di quest’ultima e in quelle di Buckingham Palace.
San Leucio, però, fu anche il centro di una duratura cultura popolare che ancora oggi è riproposta durante l’anno come la sagra gastronomica delle Pallottole di San Leucio, crocchette di patate cucinate in modo caratteristico, e la processione della Madonna delle Grazie che prevedeva, durante la processione della statua venerata, l’esposizione da parte degli abitanti di un copriletto matrimoniale prodotto proprio nell’opificio in segno di rispetto e ringraziamento. Copriletto che veniva destinato a ogni coppia prima di unirsi nel sacri vincolo del matrimonio.
Cultura, storia, vanto ed esempio. Un pezzo pregiato della storia partenopea e di tutto il Meridione italiano ancora oggi simbolo di una realtà infangata dall’unità nazionale.