Fenestrelle, il primo campo di morte della storia

Fenestrelle, il primo lager della storia

Se aprendo un libro di storia ci soffermassimo sulle voci “Nazismo”, “Soluzione Finale” oppure “Shoah”, troveremo chiari riferimenti, capitoli, sezioni, dedicate ai campi di concentramento di Auschwitz, Bergen-Belsen, Belzec o Dachau, tanto per citarne alcuni tra lager i più sanguinosi e atroci della storia.
Tra il 1933 e il 1945, furono costruiti ben 20.000 campi di sterminio in tutta Europa e, alcuni di questi, anche in Italia come nel caso di Fossoli, Bolzano e Risiera di San Sabba a Trieste. Questi, perlopiù, erano considerati “campi di transito” o di “detenzione” dove lo sterminio di massa veniva sostituito da ingenti morti di lavoro, malnutrizione o malattie. Se, invece, volessimo tornare un po’ più indietro nel passato per capire dove e quando fu costruito il primo lager della storia, allora non troveremo niente di niente lasciando intendere che solo la Germania Nazista fu capace di tanta atrocità verso parte del genere umano. Qualcuno potrebbe persino obiettare tirando in ballo i campi sovietici dettati da Stalin nella prima parte del 1920, ma la concezione distorta dei Gulag è di dominio pubblico e addirittura elementare poichè, il regime sovietico, istituì la natura dei loro campi per “lavori forzati” destinati a prigionieri politici e criminali.
Certamente non vanno omesse le perdite umane, ma l’idea di sterminio di massa era ben lontana dalle ideologie di sofferenza volute dal primo comunismo sovietico. Allora, quale fu il primo campo di concentramento della storia? Perchè i comuni testi scolastici non ne fanno riferimento? Le risposte a tali domande sembrano essere piuttosto semplici. Quasi per un fattore genetico sociale ogni popolo del globo ha costruito la propria identità servendosi di ciò che più gli si addice per natura o per contesto storico-sociale: gli Stati Uniti hanno basato il loro essere sul patriottismo e sulla guerra, di conquista o liberazione non fa differenza; la Francia è cresciuta grazie alle rivoluzioni popolari; la Russia attraverso la politica nazionalista mentre l’Inghilterra attraverso l’innovazione, la cultura e l’interesse economico primordiale sopra ogni cosa facendo scuola anche agli stessi Stati Uniti. L’Italia, invece, dal canto suo, costruì la propria vita sul complotto, sull’omertà, sul clientelismo e sul controllo sociale delle masse. In questo clima è fin troppo facile nascondere, manipolare o modificare qualsiasi cosa convenga.
La storia italiana fu manomessa nel tempo risorgimentale parlando di libertà ed emancipazione per poi trasformarla in interessi spudorati, sfruttamento e denigrazione razziale. Garibaldi e i suoi mille “salvarono” il meridione dall’arretratezza borbonica mentre i piemontesi liberarono le desolate terre del nord dallo sfruttamento austro-ungarico. Ma i nuovi corsi storici aperti alla comunicazione tecnologica e alla condivisione globale in tempo reale ha riaperto quel briciolo di dignità per pretendere chiarezza su un periodo troppo buio e costernato da misteri per reputarla ovvia. La verità nuda e cruda è che il primo lager della storia venne introdotto proprio in Italia, a Fenestrelle, un paesino alle porte di Torino. Lì, un edificazione carceraria dell’era napoleonica situata a quasi duemila metri d’altezza sui monti piemontesi, fu prontamente trasformato in una fusione di ciò che oggi riconosciamo nei campi nazisti o russi del primo novecento. Un piccolo buco nero di deportazione e morte istituito dalla corte militare piemontese che costò la vita a più di 50.000 uomini tra ufficiali dell’esercito borbonico, soldati e briganti.
“Genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute, della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale”. Queste le affermazioni Raphael Lemkin, avvocato polacco di inizio novecento, che definiva il primo concetto di genocidio gettando le basi per eliminarne la diffusione dopo i due genocidi a danni dei popoli armeni.
Lavori forzati, maltrattamenti, nutrizione scadente o assente, condanne a morte. Questa fu Fenestrelle nel post unità prontamente nascosta, cancellata dalla storia. Alla fine della seconda guerra mondiale, i nazisti furono processati e condannati per crimini contro l’umanità, ma tali concetti non erano ne ammessi ne fantasticamente raggiungibili mezzo secolo prima. Per rendere libera la strada di Giuseppe Garibaldi, il Piemonte iniziò a corrompere le più alte cariche militari borboniche mentre quelle rimaste fedeli a Francesco II furono dapprima incarcerati a Napoli, poi spostati nel lager. Uomini, militari, donne e perfino bambini furono incatenati e uccisi senza il minimo rispetto per la cognizione umana; stupri, violenze di ogni genere, fucilazioni di massa, erano all’ordine del giorno per poi ammassare un gran numero di corpi senza vita e darne fuoco. Già, il primo esempio di genocidio fu tutto piemontese e nel tempo l’eterna volgarità della manipolazione nasconde i propri scheletri lì dove dventano difficili da vedere: in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, la retorica a basso costo ha portato lo spostamento all’interno della struttura di una lapide commemorativa (foto) posta inizialmente sul muro esterno del lager. Un tentativo minimo, e per giunta fallito, di nascondere un pezzo di storia bagnata ancora una volta dal sangue di meridionali…
 

Fabio D’Alpino