La strana cura del dottor Capasso

 

Il professore Amedeo Messina al Salotto Letterario Antichità Scippa
Il professore Amedeo Messina al Salotto Letterario Antichità Scippa

Contro il male ipocondriaco e la malinconia “La strana cura del dottor Capasso”, del professore  Amedeo Messina con una introduzione dello storico della medicina Arturo Armone Caruso  e con la traduzione del filologo napoletanista Claudio Pennino, del poemetto Lo ccapezzale scritto da Giovanni Battista Capasso nel 1722.
Qualcuno ha paragonato questo libro ad uno scrigno. Io l’ho letto e ho avuto proprio l’impressione di aprire veramente uno scrigno colmo di conoscenza, saggezza, filosofia, poesia e anche ironia.
Il professore Messina, partendo dalla lettura del poemetto del medico Capasso, fa fare un viaggio al lettore intorno al concetto di malinconia e di ipocondria, con un’escursione che spazia nel tempo e nelle varie discipline del pensiero e dell’espressione che lo hanno affrontato.
Il “male di vivere”, quell’insoddisfazione profonda di sé che porta la persona a chiudersi in se stessa in una solitudine triste  tanto indefinibile quanto profonda e totalizzante, per molti artisti sembra essere stata  la molla della creatività.
Anzi, l’immaginario comune tende ancora a far coincidere lo spirito malinconico con quello artistico. Nell’arte figurativa come in quella poetica letteraria nel tempo si è codificato tutto un sistema di segni che rappresentano questa condizione umana.
Nel libro viene riletto questo sistema di segni, nelle arti figurative da Albrecht Durer , ma anche nei famosi versi di poeti da Petrarca  fino al “tedio” di Leopardi allo “spleen” (milza in inglese organo della bile nera causa fisica della ipocondria )  di  Baudelaire. Anche nel ritratto di Michelangelo firmato da Raffaello, usato per rappresentare Eraclito nella “Scuola di Atene” nei Palazzi Vaticani: il genio viene rappresentato secondo un sistema linguistico che rimanda immediatamente all’atteggiamento melanconico , con lo sguardo rivolto verso il basso e la testa sorretta da un braccio poggiato sul tavolo. Tutti segni linguistici codificati, che esprimono lo stato melanconico, l’ipocondria, a’ ppocondria.
Oltre che nell’arte figurativa e  nella poesia, nel libro l’autore indaga e illustra  come Il “male di vivere” , ha investito la storia del pensiero filosofico da Ippocrate fino a Cartesio e poi nel pensiero dei grandi filosofi tra la fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento (Marx, Nietzsche e Heidegger).
Una escursione sul linguaggio e sul pensiero intorno al concetto di malinconia partendo dalla lettura di questo poemetto del dottor Giovanni Battista Capasso.
Siamo nei primi anni del 700′ e Napoli è veramente centro di cultura nel mondo. È a Napoli che c’è il  grande dibattito culturale e anche le più avanzate scoperte scientifiche in campo medico, come il microscopio e altro, che aprono nuove strade alla ricerca e alla medicina. È a Napoli che si formano salotti culturali e dove la Cultura è vissuta in modo unitario senza una netta separazione tra i vari saperi.
Questa visione unitaria della cultura dovrebbe sentirsi come una necessità anche oggi. Infatti oggi, da un lato l’eccessiva specializzazione dei saperi è stata un bene per l’umanità, per lo sviluppo  tecnologico, dall’altro lato tale eccessiva specializzazione ha fatto perdere di vista quel carattere unitario della Cultura tendendo a separare sempre più in categorie il sapere umano (cultura scientifica, Cultura umanistica, cultura popolare, teatrale) e qualche volta, questa separazione è stata fonte non tanto di arricchimento ma di impoverimento culturale delle civiltà.
All’epoca di Capasso un medico era anche filosofo, poeta, storico e infatti per illustrare quella sua originale ricerca, che metteva anche in discussione il modo di intendere la medicina dell’epoca, per lui curare significava agire secondo natura, ovvero attaccare il male la dove si produceva il male,  sceglie la forma del poemetto dove all’interno nel quale -operando con scientificità filologica, storica, filosofica e medica, senza perdere di vista la cultura popolare e tradizionale, quindi con una vena ironica, usando come lingua il napoletano- prima mette in discussione criticando i metodi, teorici e alchemici, di chi lo ha preceduto, per poi illustrare i risultati della propria ricerca “parlando a scatola” ovvero a “chiare parole” per farsi intendere da tutti, individuando nel centopelli, insieme alla ricerca del buon umore, un efficace rimedio alla ipocondria.

Mario Scippa