La situazione socio-economica dell'ex Regno delle Due Sicilie

La bandiera del Regno delle Due Sicilie

Dopo il 1860, circa 12 milioni di emigranti verso le Americhe hanno  fatto registrare un fenomeno del tutto nuovo  per l’ex Regno delle Due Sicilie, che fino alla fatidica unità d’Italia era sempre stata essa stessa meta di cittadini del settentrione d’Italia, prodiga a offrire possibilità di lavoro, e lavoro specializzato nei numerosi suoi opifici. Si spaziava dai settori merceologici, quali quelli dell’arte della seta di San Leucio tanto cara ai Veneti, la fabbrica di Pietrarsa dove operai bergamaschi trovarono lavoro, lo spolettificio di S. Maria Capua Vetere, le ferriere di Mongiana in Calabria, e la meno nota, ma non per questo meno importante, la fabbrica di cordami navali di Frattamaggiore che era seconda solo a quella inglese,  per esempio la ditta Edginton.
Un flusso migratorio  di circa 500mila persone all’anno nel decennio 1860 – 1871 deve far pensare che poi l’unità non è piaciuta a tutti altrimenti si può pensare che 12 milioni di emigranti fossero  tutti matti? Una interpretazione del genere è quantomeno improbabile. I dati e i numeri sono pubblici e qualche notizia si può attingere anche dal sito ufficiale americano dell’immigrazione.
La situazione economica italiana, invece, era disastrosa  fino al 1860. Lo stesso Cavour scrive: “Grazie al cielo eccoci nel Regno di Napoli ove esistono strade ferrate compiute, mentre nel Piemonte non sono state ancora incominciate”. Tutti i “benefici” del regno d’Italia apportati al Sud si sono visti, per esempio  considerando le tasse. Dal 1815 al 1860 nel Regno delle Due Sicilie esistevano solo cinque tasse: contribuzione fondiaria, dogane (contribuzione indiretta), registro e bollo, gioco del lotto, poste.
Un Sistema economico e fiscale che fu tra i più equi e giusti d’Europa, sin dai tempi del Re Carlo di Borbone (che inserì per primo, per esempio, il catasto fondiario e onciario), fu smantellato in pochi mesi e sostituito con un altro che non badò ai criteri fino allora utilizzati cioè principalmente quello  di proporzionalità dei redditi e degli oneri fiscali, causando un progressivo impoverimento del Sud che dura fino ai giorni d’oggi.
In Inghilterra nel 1856, su di un totale di 17 milioni di abitanti, circa1milione e mezzo viveva da mendicante con tanto di registrazione e numero di matricola,  pertanto dal 1847 al 1856 ci furono circa 3 milioni di emigranti in America.
Ben diverse erano le condizioni di vita nel Regno delle Due Sicilie dove un Sovrano come Ferdinando II aveva condotto la sua Nazione Napolitana a competere con le altre potenze straniere come Inghilterra, Francia e Austria che attinsero le proprie fortune non certo dalla magnanimità del re e da quel  “buon governo” voluto e iniziato dal Re Carlo e tramandato ai suoi Regali Discendenti, ma invece ottennero le posizioni di potere economico e politico sfruttando colonie e intere regioni dell’impero col sangue e con l’oppressione.
Un esempio di paterna generosità verso il suo Popolo fu rappresentata prima dall’aiuto economico di Ferdinando II verso le popolazioni colpite dal sisma di Melfi del 14 agosto del 1851di sua personale elargizione ( 5000 ducati più 1000 da parte della Regina) poi dall’intervento personale per l’acquisto di numerose  tonnellate di grano dalla Russia per la carestia del 1852, e chissà quante nobili azioni destinate ad essere e rimanere sconosciute.
Durante l’epidemia di colera del1836 aNapoli  si organizzò un cordone sanitario che impegnava 4 ospedali e 80 medici che andavano a curare gli ammalati nella propria  casa. Se un medico impegnato nella cura dei colerosi fosse morto per il contagio, la sua vedova avrebbe goduto di un raddoppio di pensione.
In questo ambito socio-economico la popolazione del Regno delle Due Sicilie nel trentennio, 1816-1848 salì dai 5.052.261 abitanti a 6.531.028. l’incremento demografico è sicuramente frutto della politica interna. Nel 1830 l’evoluzione tecnologica ed economica attirarono l’interesse di numerosi imprenditori stranieri, tra cui svizzeri, francesi, tedeschi e inglesi che investirono cospicui capitali aprendo numerose manifatture che utilizzavano la manodopera  locale.
Nel Real Opificio Meccanico di Pietrarsa, oltre alla costruzione di treni c’era anche una sezione di fusione in bronzo per statue e cannoni e si costruiva la fucina cosiddetta “portatile” che veniva montata a bordo delle navi, che risultò utilissima per la ricostruzione di parti meccaniche metalliche stesso a bordo, senza obbligare la nave a dover fare scali forzati e imprevisti. L’efficienza era il nostro fiore all’occhiello, invidiatoci dagli stranieri.
Nelle maggior parte delle manifatture, nostrane o estere,venivano inseriti nell’organico della forza lavoro i cosiddetti “servi di pena”, ovvero galeotti che avevano le stesse mansioni degli operai ordinari. Gli imprenditori, soprattutto del ramo tessile, facilmente si facevano affidare dallo Stato carcerati e mendicanti, ai quali veniva corrisposto vitto alloggio e 5 carlini a settimana per un lavoro di 14 ore al giorno. Ovviamente la fuga dei galeotti, tra l’altro molto rara, veniva a far perdere ogni beneficio e quindi la via del carcere era certa per loro.
Successivamente questo modello di Stato e di Società fu oggetto di gratuite e false denigrazioni da parte di lord Gladstone con le sue lettere a lord Aberdeen. Quest’ometto isterico e pericoloso trascinò le coscienze di mezza Europa (al pari di Goebbels ministro della propaganda di Hitler) contro quello che fu definito “la negazione di Dio” ovvero Sua Maestà il Re Ferdinando II di Borbone DioGuardi, inventando di sana pianta le condizioni di vita dei carcerati e dei cittadini di Napoli e Palermo, con puntualità giornalistica, senza che però avesse mai messo piede o a Napoli o a Palermo.
Tutto il resto a seguire è storia che, purtroppo, già conosciamo.
 

Luigi Andreozzi dè Romano Colonna di Sala Consilina