Un omaggio a Fellini con la mostra "8½ a Principina"

principina felliniSIENA – Potrà essere visitata fino al 15 dicembre l’esposizione  “8½ a Principina. Omaggio a Federico Fellini” inaugurata alla Corte dei Miracoli di Siena, in via Roma 56. Una prima nazionale per una mostra fotografica ideata da Antonio Lorenzini e che vuole essere un omaggio, neanche troppo celato, al film “Otto e mezzo”, indiscusso capolavoro di Federico Fellini. Le venticinque foto sono state realizzate a Principina a Mare, con i fotografi stessi che si sono prestati, per un giorno, a fare anche da attori per i loro colleghi. Ad esporre le opere saranno Esther Amrein, Francesca Beccai, Roberto Biancucci, Vanna Campanella, Anna Coslovi, Luca Di Monte, Chiara Di Palma, Giuliana Farruggia, Mino Fullone, Antonio Lorenzini, Simone Martini, Cristina Mencarelli, Stefano Pacini, Carlo Pennatini, Susy Sapienza, Raffaella Vigolo.
“Asa NIsi MAsa”. Nessuno ricorda le parole che Maurice, il veggente da varietà di 8½, estrae dalla mente di Marcello Mastroianni; le sillabe iniziali delle tre parole, una volta messe insieme, formano la parola “anima”: una formula magica, sussurrata a mezza voce, per dare allo sguardo il potere dell’immaginazione. Basta solo pronunciarla ed ecco che i fantasmi del passato diventano presenza impressa sulla retina del presente. Sì proprio come con “A’m’arcord”, “io mi ricordo”.
Il ricordo che però in Fellini diventa uno strumento di creazione: “io mi ricordo” desonda in “io creo”, “io mi invento” un mondo di reveries; in un far scorrere la ghiera della messa a fuoco per “sfocare” appunto il mondo esterno e dare rilievo ai margini sfumati dei fantasmi del paesaggio interiore, facendo ben risaltare il contrasto fra grigi e neri in un’esplosione lisergica di sfumature. Mescolare i propri fantasmi a quelli del racconto felliniano: questa la scelta dei fotografi di “8½ a Principina. Omaggio a Federico Fellini”. Scegliere di essere sì fotografi, ma di offrirsi anche, all’obiettivo altrui, come soggetti. La spiaggia, luogo di evocazione per eccellenza degli spettri felliniani e contemporaneamente per questi fotografi consueto approdo di ricordi del passato e familiari, genera straniamento e viene eletta a palcoscenico in cui i fantasmi di ognuno di loro prendono per mano i clown-suonatori di 8½, la Gradisca e la Volpina di Amarcord, la Gelsomina e lo Zampanò di La Strada, lo sguardo disincantato e triste del Marcello di La dolce vita, le anime inquiete nella pineta di Fregene in Giulietta degli spiriti, i naufraghi dal mondo antico e siderale di Satyricon. Sotto cieli di nuvole in fuga, ecco quegli spettri marciare all’unisono al ritmo di quel misterioso balletto della vita che, se non si può spiegare, si dovrà in qualche modo danzare. Accanto alle figure felliniane prendono allora vita altre presenze suggestive: le profondità di campo e il nitore di Ansel Adams, la viva profondità dei ritratti di Avedon, la sovraesposizione che contrasta i bianchi e i neri dei lampi visionari di Giacomelli.